Uno: Enrico Brizzi E' Senza Dubbio Un Grande
Scrittore Potenziale. Due: questo libro è pieno di bellezze
e non va bene. Detto l'essenziale, passiamo ai particolari. L'epigrafe
che apre il libro di Marziale: Lasciva est nobis pagina, vita
proba. Che si potrebbe tradurre, un tantino modaiolamente:
scrivo da pulp, vivo da asceta. Poi, a pag.162, nella descrizione
di una festa leggiamo: "Dentro, persi nelle musiche di una
nuova onda, puoi trovare i presenzialisti dediti allo sci d'acqua
e ai vernissaggi, e artisti piuttosto celebri che parlano come
tossicomani. Alla festa del mercoledì puoi trovare anche
tossicomani piuttosto celebri che parlano come artisti, sbarbe
del Dams" eccetera eccetera. Ora, posto che Enrico Brizzi
si può considerare un "artista piuttosto celebre",
e visto che in Bastogne si dà precisamente a parlare
"come un tossicomane", ci pare che qui sia il punto.
Il risvolto di copertina sostiene che Brizzi avrebbe "
vinto alla grande la scommessa di confermare il talento mostrato
in Jack Frusciante è uscito dal gruppo, con una
tensione creativa straniante e magistrale". A noi pare invece
che le parti più belle di questo libro (che sono effettivamente
molto belle) siano quelle nelle quali si parla di infanzia, di
prima adolescenza: quelle più (apparentemente, mica siamo
nati ieri) candide e disarmate. "Da cuccioli tiravamo i calci
di rigore col pallone supertele. La porta, era disegnata sul muro
a vernice bianca col beneplacito del papà di di Dietrich.
E il suo apporto tecnico anche: da soli avevamo provato più
volte, ma quella veniva tutta storta, ché a parare li in
mezzo invece di portiere bellissimo e ragno nero ci si sarebbe
immaginato giusto uno storpio dell'istituto degli infelici. Poi,
bontà immensa e grida altisuono di ringraziamento da parte
di noi cuccioli, il genitore ci introdusse ai miracoli del filo
di piombo, indispensabile per disegnare dritti i pali" (p.136).
E in una delle pagine finali (pp. 180-183) il personaggio narratore,
Ermanno, torna tra i pali ("due mucchietti di camicie e maglioni")
in piazza, richiamato da un gruppo di bambini ai quali manca il
portiere per parare un rigore difficile.
Ora, non è che per principio respingiamo
il Brizzi-pulp (pulp per modo di dire: usiamo la parola per spiegarci
alla grossa) e accettiamo il Brizzi-Jack Frusciante: Di più:
è apprezzabile il coraggio con cui Brizzi ha scritto un
libro che difficilmente piacerà ai più recenti antropofagi
e pure difficilmente piacerà al pubblico che si è
creato con Jack Frusciante. Checché se ne pensi,
questo è un libro progettato a tavolino per l'insuccesso.
Ma ci pare che Brizzi dia il meglio di sé nelle pagine
ascetiche, e dia molto meno del meglio nelle pagine nelle quali
fa "l'artista abbastanza celebre che parla come un tossicomane".
Certo: la scommessa del libro è quella di descrivere una
sorta di ascetismo alla rovescia: se l'asceta è colui che
si perde in Dio (che è un disumanizzarsi), i personaggi
di Bastogne vivono nel tentativo continuo di "perdere
le sembianze umane residue" (p86) a forza di droghe ed altro.
Ma questo semplicemente non funziona: non tiene narrativamente,
non è quasi mai credibile (benché ci siano scene
e personaggi anche molto belli, come la straziante e commovente
morte di un tossico detto "il Cinghiale", pp. 158-159).
Il nichilismo non si addice a Brizzi; il nichilismo non può
essere una scelta di genere come le altre.
Alcune note sulla lingua: E' interessante,
come ci si aspettava, e se non altro il libro sta in piedi come
gigantesco esercizio di stile. Colpiscono dei difetti: l'abuso
della parola "meravigliose" (sostantivo) veramente invasiva;
dell'aggettivo (in realtà tipico di De Carlo, quasi un
marchio: fa uno strano effetto) e del verbo "danneggiato"
e "danneggiare" ("danneggiata com'è",
p. 178; "uno straccio di ragazza ormai danneggiata"
e "la danneggiata, questa mezza troia, la punisco",
p. 18, a otto righe di distanza); e così via. Tuttavia,
per dare un'idea di quanto forte è il controllo stilistico
che Brizzi esibisce, basti vedere le pagine (42-50), dove, per
presentare il luogo dei fatti (una Nizza totalmente inventata)
incorpora senza battere ciglio brani da guida turistica: "Nizza,
la nostra piccola patria, era una città della Francia meridionale,
capoluogo del dipartimento delle alpi marittime. (...) Di aspetto
prevalentemente moderno" eccetera, fino a: "...mentre
la presenza dei complessi industriali a tecnologia avanzata e
di istituzioni culturali aveva determinato una fulgida presenza
giovanile". Quell'aggettivo, fulgida, messo lì,
è magistrale.
Per finire: Bastogne è un libro
per esperti. I palati raffinati ne godranno le bellezze e ne perdoneranno
(probabilmente) le cadute. Da non mettere in mano agli adolescenti.
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