Parlare
in questo mese dell'anno e in questa rubrica di presepi nell'arte
era un "must" ineludibile. Ma, almeno, ragioniamoci un
po' su. Se si fa una rapido censimento delle cartoline o dei biglietti natalizi in mostra in questi giorni sui trespoli delle librerie e delle cartolerie, si scoprirà che le riproduzioni di dipinti che hanno la Natività o l'Adorazione dei Magi come soggetto si riferiscono soprattutto ad opere del Quattrocento fiorentino e del Rinascimento italiano ed europeo ; al massimo vengono incluse nella scelta pitture fiamminghe dalle profonde suggestioni luministiche. Pochissimi i "primitivi", troppo semplici forse, con le loro masse squadrate ed ineleganti e i Bambini tozzi e bruttacchiotti. Pochissimi anche i manieristi, i barocchi e i visionari ; per non parlare dei contemporanei. Perché ?
Perché ognuno di questi generi implica
una fatica interpretativa, una inabitudine visiva che risulta,
in quanto poco familiare, di eccessivo impegno. Specialmente se
in più c'è anche lo schopping natalizio ad assorbire
non poche risorse.
Probabilmente uno tra i pochi pittori medievali
che si salva dall'oblio di una sindrome natalizia che preferisce
immagini più piacevole e scontate, è Giotto ;
non solo perché è molto famoso ma anche perché
gli gioca a favore essere l'"inventore" del presepio :
al suo "Presepe di Greccio" (FOTO 1), infatti,
si perdonano le ruvide masse e le ingenue prospettive e persino
un uso dei colori con poca vocazione all'oro e alle rutilanze
artificiose di stampo "cortese". L'unico rilievo che
gli si può muovere in merito alla gradevolezza di questo
affresco, è la mancanza della Vergine, elemento irrinunciabile
e necessario per dare alla scena quel calore materno che appartiene
all'archetipo della nascita.
Ma certo non sembra possedere i requisiti necessari
alla riproduzione in cartoncini d'auguri nemmeno una piccola ma
luminosissima "Adorazione dei Magi" (FOTO 2)
di Taddeo Gaddi, un epigono di giottesco che ebbe il gran merito
di ingentilire il robusto impianto del suo grande maestro con
un tenue modellato delle figure e con l'uso di colori di fiaba.
Tuttavia questa tavoletta racchiusa in una cornice quadrilobata
(e che faceva parte della decorazione dell'armadio della sagrestia
di S.Croce a Firenze), pur nella sua preziosità, è
troppo scandita e priva di elementi, per così dire, folcroristici ;
quasi troppo semplice.
Per uscire drasticamente dagli esordi rinascimentali
fiorentini, vi sono altre tre "Natività" che
non ho mai visto riprodotte nei biglietti d'auguri ; appartengono
alla cultura barocca, al tormentato secolo di Caravaggio. Si tratta
di una "Adorazione dei pastori" (FOTO 3) di Giovanni
Andrea Donducci, detto il Mastelletta, bolognese, allievo dei
Carracci, interessato al manierismo dei veneti e degli emiliani.
Inquieto, estroso, singolare ed isolato. Il senso di isolamento,
infatti, traspare nella rappresentazione di questa Famiglia, rannicchiata
in una bolla di luce, fluttuante in un paesaggio crepuscolare
senza alcuna speranza di chiarore.
Seconda rappresentazione che non si incontra
molto facilmente nella più usuale aneddottica natalizia
è ancora bolognese e seicentesca, ma ormai proiettata verso
la maniera maggiormente distesa ed equilibrata propria del Settecento.
Si tratta, anche qui, di una "Adorazione
dei Pastori"(FOTO 4),dipinta da Lorenzo Pasinelli nell'ultimo
decennio del secolo. Interessante notare, tra l'altro, come i pittori di questa generazione accordino maggior favore ai "pastori", piuttosto che ai "Magi" ; una scelta che toglie al racconto della Natività l'occasione fare sfoggio di ori, corone regali, abiti sontuosi, finimenti di cavalli, folle articolate e piene di colore che, uscendo da palazzi favolosi posti sullo sfondo del quadro, si snodano in cortei attraverso paesaggi altrettanto riccamente descritti.
La presenza dei pastori, invece, conferisce
alla narrazione dell'episodio biblico, un tono più dimesso,
intimo e democratico.
I pastori attorno alla greppia dove riposa
il Bambino sono, inoltre, generalmente pochi e i loro abiti hanno
la ruvida monotonia dei colori della povertà. Insistono
ed amplificano il concetto della rinuncia e del sacrificio piuttosto
che quello, più antico e medievale, della regalità
e del potere.
Questa scena di Pasinelli, poi, oltre ad avere
una cromia ed una consistenza molto tenui che le vengono anche
dal fatto di essere incisa su rame, stravolge il tradizionale
assetto che vuole, se non proprio al centro della composizione,
o almeno in una posizione preminente, la Madonna e il Bambino.
Qui, invece, l'attenzione viene condotta a
Loro progressivamente e quasi a fatica, attraverso un percorso
difficile che lo spettatore è costretto a compiere seguendo
gli sguardi e i movimenti concitati di una piccola folla scomposta,
eccitata e pezzente che si accalca attorno alla capanna.
Su questa atmosfera di devozione popolare,
infatti, il pittore aveva posto i fondamenti della sua arte. Essa
ed altre espressioni simili a questa "piacciono" poco
alla grande generalità di chi sceglie le cartoline di Natale
perché è troppo "povera" in termini di
immagine-apparenza e troppo complessa in termini culturali-rappresentativi.
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