Accusato di eccessive simpatie per il
governo e di non-allineamento con la linea dura della dirigenza
nazionale, Mario Carraro si è dimesso dalla carica di presidente
degli Industriali veneti. Ora spiega chi lo ha messo fuori gioco
e perché, secondo lui, questa Confindustria sbaglia a puntare
sullo scontro violento Se è vero che il Nordest è un laboratorio per il resto d'Italia, l'Associazione industriali del Veneto ha pensato bene di dare un esempio. Mettendo fuori gioco il presidente regionale Mario Carraro, reo per gli iscritti di troppa morbidezza verso Prodi e amici. Così venerdì 13 dicembre Carraro, padovano, titolare dell'omonima azienda che fabbrica componenti per trattori (450 miliardi di fatturato l'anno) e rieletto appena sei mesi fa alla guida dell'Assindustria veneta, ha consegnato le sue dimissioni. Dopo una difficile riunione del comitato direttivo che ha confermato che tra il presidente e il resto della categoria il feeling si era rotto. A dire il vero questa volta l'input è partito dal centro. Per la precisione dal presidente nazionale Fossa che ha lanciato la sua battaglia contro il governo e la sua finanziaria. "O cambia rotta - ha detto Fossa - o verrà spazzato via". E l'intera Confindustria si è schierata al suo fianco. Solo che nella Federazione del potente Veneto c'era un ostacolo da rimuovere: Mario Carraro, simpatizzante dell'Ulivo ("E' vero, l'ho votato alle elezioni ma soprattutto ho votato Treu che non mi pare un estremista...") e poco amante degli scontri verbali troppo violenti. Le accuse nei suoi confronti sono anche altre: volare troppo alto, tipo pensare all'Europa e ai mercati internazionali e occuparsi poco dei problemi locali. Insomma gli industriali veneti chiedevano meno analisi su Maastricht e più iniziative per il problema dell'Iva, dei fornitori o della burocrazia.
Che le dimissioni di Carraro siano comunque
legate al suo mancato allineamento politico non lo nega nessuno.
Ecco perché questa operazione "normalizzazione"
dell'Assindustria veneta va ben oltre una semplice questione interna
all'organizzazione degli imprenditori. E anche oltre il Veneto.
Come in fondo ammette lo stesso Carraro. Che non ha certo parole
tenere nei confronti dei suoi colleghi.
Presidente Carraro, perché si è
dimesso? E' vero che lo ha già spiegato, ma ripetersi non
fa male...
Grazie per il presidente, almeno della mia
azienda lo sono ancora. Beh, mi sono dimesso per delle distinzioni.
Le cose stanno così: sull'operatività dell'organizzazione
ci poteva anche essere accordo completo. Sulla valutazione generale
degli aspetti economici invece mentre io vedevo elementi di concretezza,
altri esprimevano giudizi sul governo. Insomma io prendevo in
considerazione la svalutazione, la lira di nuovo nello Sme, i
tassi più bassi. Elementi che non attribuivo al ministro
abc, ma che mi sembravano positivi. Così mi hanno giudicato
"diverso" da un punto di vista politico. Anche se io
non mi sento per nulla omologato. Mi hanno silurato? Mah, alla
Confindustria contesto un ritardo sulla struttura dell'associazione,
ma siamo in un periodo di grande confusione per tutti...
Insomma Carraro non andava più bene
perché non era allineato politicamente: con Fossa contro
il governo o fuori?
Non allineato a schieramenti politici di altri
colleghi si, ma non per questo sono extra-confindustria. Il problema
è che c'è la vecchia cultura del confronto duro,
e non vedo perché il Veneto debba restare ancorato a certi
comportamenti. Quella che ho sollevato è una questione
di metodo: giusto criticare, ma non aggredire come ha fatto Fossa.
Non serve alzare la voce ed esasperare i toni.
Allora considera ingiuste le sue dimissioni?
Si, le considero ingiuste ma legittime. Gli
elettori dell'associazione industriali temevano che una "rappresentanza"
diversa da quella ufficiale come la mia potesse provocare negli
iscritti ripudi o forzature. Certo, i piccoli imprenditori magari
si incazzano e hanno anche ragione ad incazzarsi su quello che
non va, ma io preferisco il confronto sulle cose.
Ma chi ha guidato la "faida" contro
di lei? Qualcuno ha detto che a convincere i suoi ex amici a girale
le spalle è stato il presidente degli industriali di Vicenza,
Giuseppe Bisazza...
Chi, Bisazza? No, anche se ci sono stati scontri
è un uomo dal comportamento leale. Caso mai è da
Treviso che sono arrivati i siluri, il presidente Tognana è
un mio nemico dichiarato.
Politica a parte, non è che ha ragione
chi dice che lei non seguiva abbastanza i problemi interni e locali
della categoria?
Credo che l'organizzazione venga dalla struttura
stessa. In questo periodo stavamo discutendo ad esempio con le
Api (associazione piccole-medie industrie: ndr) una possible fusione.
Poco attento alle problematiche spicciole? Ho seguito aspetti
legislativi ed economico-finanziari, ho tenuto rapporti con la
regione per non perdere alcuni sostegni alle piccole aziende.
Quello che volevo nel Veneto era una federazione più organica
con dei punti di eccellenza. Tutte le federazioni hanno delle
strutture proprie, alcune molto efficienti, bastava creare un
collegamento regionale. Ma ho incontrato molte resistenze. Bisazza,
ad esempio, è uno dei più aperti a questa regionalizzazione.
Mentre è da Treviso che arrivavano le maggiori chiusure.
Presidente Carraro, qualche settimana fa
Prodi le ha chiesto di prendere il posto di Antonio Di Pietro
come ministro dei Lavori Pubblici. Perché ha rifiutato?
E se glielo richiedesse oggi direbbe ancora no?
La storia è andata così: se mi
avessero offerto il ministero dell'Industria forse avrei detto
di si, lo sentivo più alla mia portata come competenze.
Ma quello dei lavori pubblici è troppo complesso, non me
la sono sentita. Oggi? Non ho cambiato idea: ai Lavori pubblici
direi no, all'Industria si. Anche perché è un periodo
di grandi sfide che non vanno perse: come quella per l'informatica,
bisogna trasformarsi prima di restare troppo indietro.
L'ultimo sondaggio del sociologo Diamanti
(vedi articolo su questo numero di Nautilus: ndr) dice che il
Nordest in un anno ha perso gran parte della fiducia che riponeva
nelle associazioni di categoria. Perché hanno fatto troppo
rumore per difendere interessi di parte. E' così?
Sono d'accordo con Diamanti: non siamo più
una guida ma corporazioni. Ci sono anche problematiche reali,
ma vanno guidate. E ho notato una certa passività di queste
strutture verso spinte estreme, come la protesta della Life.
Tra le accuse che le fanno c'è anche
quella che "Carraro vola troppo alto". Confessa o nega?
In questi giorni da aziende, banche e gente
comune ho ricevuto grandi manifestazioni di solidarietà.
A centinaia. Che sia perché volo troppo alto? Se non piace
a qualcuno, mi dica a che quota bisogna restare. Però attenti,
perché la globalizzazione del mercato non ammette ritardi.
Facciamo un toto-presidente, per chiudere:
chi sarà la prossima guida degli Industriali veneti? E
lei chi voterà? Ah no, niente nomi, non mi pare il caso. E quanto al voto non sarebbe elegante, mi asterrò per discrezione. Anche perché all'associazione serve un voto organico...
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