[ATTUALITA']
II  - INDAGINE SUGLI ORIENTAMENTI
E SULLE ASPETTATIVE DELLA SOCIETA' LOCALE.

Uno sguardo d'assieme.

VICENZA 1996 : RICCA, SODDISFATTA E INFELICE.

1. Questa II indagine propone l'immagine di una società vicentina che, in un anno, ha cambiato profondamente stato d'animo, pur mantenendo saldi e costanti i valori e i riferimenti di fondo. Si tratta per questo, di un caso interessante e significativo, che ci può aiutare a capire qualcosa di più anche a proposito del malessere che, da qualche tempo, sta investendo molte aree del Nord. Un malessere che sembra correre parallelamente al dinamismo economico e al benessere sociale. Proprio ciò che pare essersi verificato in provincia di Vicenza in quest'ultimo anno.

La società locale, infatti, mostra di aver mantenuto saldi i suoi riferimenti di fondo: il lavoro e la famiglia, in primo luogo; quindi le relazioni amicali e la Chiesa. Appare, peraltro soddisfatta di ciò che ha ottenuto e di ciò che ha, sul piano economico, del reddito, dei rapporti interpersonali, del tempo libero. Eppure, nonostante ciò, esprime una grande sfiducia nei confronti di ciò che il futuro prossimo le riserverà, sotto il profilo del lavoro, dello sviluppo economico, della vita privata, della sicurezza sociale. Una sfiducia molto più elevata rispetto a un anno addietro. Cosa c'è dietro a questo apparente paradosso, di una società soddisfatta e infelice, ricca e sfiduciata ? Una tendenza alla dis-integrazione e allo scardinamento, vorrei dire, utilizzando due suggestioni. Intendendo suggerire, in questo modo, come l'inquietudine sociale abbia origine dalla perdita di forza di alcuni tra i principali cardini e tra i principali riferimenti organizzativi, cui veniva tradizionalmente affidato il compito di garantire rappresentanza, identità e integrazione sociale. Se le istituzioni pubbliche, gli organismi centrali di governo, i partiti nazionali avevano subìto, già da molto tempo, un processo di delegittimazione, nell'ultimo anno la sfiducia ha investito i soggetti che ancora disponevano di un elevato grado di credibilità e che, per questo, garantivano stabilità e riconoscimento : le associazioni imprenditoriali, la magistratura, gli enti locali. Si determina così una sorta di "vuoto di rappresentanza", di "parentesi" nella tradizionale offerta di integrazione sociale, che in quest'area ha sempre potuto contare su basi molto ampie. E proprio lì sorgono e si sviluppano l'incertezza e il malessere.

Per meglio precisare questa idea, ripercorriamo in breve le indicazioni circa quattro aspetti , relativamente agli orientamenti della società vicentina, offerte dall'indagine : (1) la gerarchia dei valori sociali ; (2) il bilancio dei mutamenti avvenuti e la valutazione delle prospettive ; (3) la fiducia nelle istituzioni pubbliche e di governo e nelle organizzazioni economiche e sociali ; (4) l'indirizzo della ricerca di rappresentanza e di risposta istituzionale.

2. Rispetto all'anno scorso, il quadro dei riferimenti di valore (in quanto "dotati di importanza e di significato" per gli individui) appare costante, secondo le previsioni. D'altronde, è impensabile che orientamenti radicati possano venire rovesciati in tempi tanto brevi. La famiglia e il lavoro, di conseguenza, si presentano come gli ambiti nei quali la società locale si riconosce di più. Familisti e laburisti, i vicentini porgono grande attenzione anche ad altri aspetti della vita : alle relazioni amicali, in primo luogo ; quindi al tempo libero, alle relazioni amicali, alla religione, al reddito: agli "schei", che, per una realtà sociale il cui passato prossimo si è svolto all'insegna della povertà e del sacrificio, contano necessariamente molto. Famiglia, lavoro e amicizie costituiscono, altresì, i motivi di maggior soddisfazione. Come un anno fa, anche se, rispetto ad allora, si avverte qualche ombra in più. Qualche maggiore riserva. Quanto al lavoro, oltre a ribadire la sua centralità sociale, appare legato, in quest'area, all'idea di "autonomia" e di libertà". Per sei cittadini su dieci vale tanto più se "lavoro in proprio" oppure "libera professione". Si tratta di qualcosa in meno rispetto a un anno fa. Ma l'indirizzo di fondo non appare cambiato. Altro aspetto che connota gli orientamenti locali è l'intreccio fra localismo e integrazione nazionale. Si osserva, cioè, un elevato grado di identificazione nel contesto urbano e locale, oppure in quello regionale. Ma nell'assieme, localisti e regionalisti, si riconoscono nell'ambito nazionale : vicentini, veneti "e" italiani, quindi. Non "o" italiani. Anche in questo caso, peraltro, si tratta di una conferma. Di un segno di continuità rispetto al passato.

3. Anche se soddisfatti di ciò che hanno conseguito, i vicentini vedono nell'ultimo anno la loro condizione sostanzialmente "peggiorata" : nell'economia, nel lavoro, in politica, ma soprattutto per quel che riguarda la sicurezza sociale e personale. Essi percepiscono, quindi, rallentato il dinamismo economico e deteriorato il loro ambiente di vita. E quanto al futuro prossimo, lo scenario si presenta a tinte altrettanto scure : il peso dei "pessimisti", rispetto all'anno scorso, appare raddoppiato ; e, soprattutto, si presenta doppio in confronto a quello degli ottimisti. Pare, cioè, essersi rotto quello "stato di grazia", quel clima di fiducia che per tanto tempo ha indotto la società del Nordest ad accettare i costi individuali e collettivi di un coinvolgimento tanto intenso nel lavoro, avendo di fronte a sé la certezza di essere adeguatamente remunerata. Oggi tanto impegno non pare finalizzato a un ulteriore crescita del benessere e dello sviluppo. Al più nel suo mantenimento.

E', d'altronde, vero che arrivati a questo livello di crescita dell'economia e del reddito è difficile pensare a ulteriori progressi ; anzi, ogni cambiamento comporta rischi, piuttosto che opportunità. Tuttavia, per una società abituata a concepire come infinito il corso dello sviluppo, l'idea che questo possa aver fine determina, comunque, incertezza e frustrazione.

  1. L'incertezza, o meglio, il pessimismo nei confronti del futuro, si accompagna a una caduta generalizzata dei livelli di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche e di governo, delle organizzazioni economiche e sociali, dei canali di informazione e di partecipazione. Sono le rappresentanze economiche, le istituzioni finanziarie, gli organismi della giustizia, tuttavia, a registrare il ridimensionamento più sensibile. Le banche scendono dal 36% al 21%, la Magistratura dal 49% al 28% (e al momento delle interviste il caso Di Pietro non era ancora scoppiato), l'Associazione Industriali dal 60% al 33%, quelle dei lavoratori autonomi dal 70% al 42%, per quel che riguarda gli artigiani, al 27% i commercianti. Ed è vero che, rispetto al contesto nazionale, il governo, gli organismi pubblici e i mezzi di informazione registrano valori molto più bassi. Tuttavia, proprio per questo, il grado di fiducia di cui godevano le istituzioni economiche e giudiziarie risultava importante, in quanto rifletteva e rispondeva alla domanda di sicurezza e di ordine, come a quella di riconoscimento e di identità, che altrove non appariva soddisfatta. Ora la sfiducia, che un anno fa si scaricava sulle istituzioni pubbliche e politiche centrali, investe, a cascata, anche quelle più vicine ai cittadini e ai loro tradizionali riferimenti : il lavoro, l'impresa. Oltre che la magistratura, la cui immagine appare logorata dalle molte contraddittorie iniziative, emerse al suo interno, ma anche dal fatto che, oltre un certo limite, il protrarsi della sua iniziativa rischia di generare inquietudine. Quanto alle organizzazioni economiche, è facile che l'accendersi di polemiche e di critiche fortemente caratterizzate sul piano categoriale, attorno al fisco, la previdenza sociale, le politiche del lavoro, abbia finito per rompere quel clima di riconoscimento diffuso di cui godevano, a livello sociale, le figure imprenditoriali e del lavoro autonomo. Le singole categorie sociali, affermando in modo appariscente e talora aggressivo le loro rivendicazioni, hanno accentuato e reso visibili una forte diversità di interessi. E hanno alimentato, in questo modo, un alto grado di "risentimento" reciproco. I lavoratori dipendenti hanno cominciato a guardare con diffidenza quelli indipendenti ; i lavoratori privati quelli pubblici ; gli industriali hanno cominciato a provare distacco verso gli artigiani ; gli artigiani verso i commercianti. E, naturalmente, viceversa, in un gioco all'affermazione delle identità specifiche e del reciproco risentimento. Questa tendenza trova, peraltro, una spiegazione interna al contesto locale del Nordest. Risente, probabilmente, del fatto che le rappresentanze di categoria, spinte dall'insoddisfazione della loro base, hanno accentuato i toni e le forme della rivendicazione; sono divenute anch'esse specchio e megafono delle specifiche richieste e proteste dei loro iscritti. Ma in questo modo esse hanno raccolto e riprodotto il quadro delle divisioni sociali, divenendo, altresì, canale di ulteriore "rimbombo" del malessere, mentre prima ne erano il principale fattore di controllo. Ora, però, chi è rimasto a fare da collante, da canale di mediazione e di integrazione sociale ?

5. Nell'assieme, emerge l'immagine di una società inquieta e un po' frustrata, a causa dello squilibrio elevato fra le domande e i problemi che esprime, da un lato, i canali di rappresentanza e il sistema istituzionale, dall'altro. Una società che si sente "provata" dalle politiche fiscali, concepisce con preoccupazione crescente il diffondersi della criminalità, guarda con distacco maggiore il Mezzogiorno, si sente poco rappresentata politicamente nell'ambito dello Stato centrale e, anzi, penalizzata rispetto a quel che ritiene di dare, in termini economici. Sfiduciata nei confronti dei partiti "nazionali", meno identificata di prima nelle organizzazioni economiche, essa si sente, comunque, sottorappresentata e disorientata. Per questo esprime un'estesa disponibilità di fronte alla prospettiva dell'uomo forte. Segno di spaesamento, di frustrazione di fronte all'inadeguatezza crescente manifestata dai canali di rappresentanza vecchie e nuove, alla delusione prodotta dalle continue svolte degli ultimi anni. E' da qui che partono e si propagano le tensioni e i risentimenti che possono proiettare l'immagine di "voglia di rottura". Tuttavia, almeno sotto il profilo delle rivendicazioni sociali e istituzionali, la società vicentina conferma una vocazione moderata, che affonda le radici nella "lunga durata". I vicentini, infatti, mettono ai primi posti dell'agenda politica del governo problemi concreti, legati alla condizione e alla sicurezza delle persone : sanità, previdenza e occupazione, in primo luogo ; quindi il fisco e la lotta alla criminalità. Cercano, dunque, sostegno e sicurezza sociale. Mentre l'importanza attribuita alle questioni istituzionali, attualmente al centro del dibattito politico nazionale, appare assai limitata. La riforma dello stato, la forma di governo, il federalismo, lo stesso ingresso in Europa vengono "dopo". Dopo il lavoro, la sanità, le pensioni, la lotta alla criminalità, ecc.

E anche la domanda di riforma territoriale dello stato segue linee "moderate". Disdegna la secessione, ma anche le soluzioni più drastiche, come la confederazione di poche macroregioni. Privilegia il federalismo temperato, il decentramento forte.

  1. La società vicentina, verso la fine del 1996, manifesta quindi continuità di valori, rivendicazioni e domande sociali realiste, e al contempo, una inquietudine e un malessere che per l'intensità e i bersagli che delineano, presentano caratteri sostanzialmente nuovi rispetto al passato recente. Nuovo è l'allargarsi del cerchio della sfiducia dal sistema politico e dalle istituzioni pubbliche centrali, alle organizzazioni economiche e di rappresentanza, anche del contesto locale ; alle istituzioni cui erano attribuite le aspettative d'ordine e di rinnovamento, in primo luogo la magistratura. Nuovo è l'emergere di divisioni sociali, di solchi che separano la società in categorie, classi, reciprocamente sospettose. Il lavoro che ancora un anno fa rassicurava e univa, oggi comincia a produrre incertezza nel futuro e differenziazione sociale. E' come se l'onda del malessere arrivasse a lambire le zone più vicine a noi, al nostro mondo di relazioni e alla società locale. Parallelamente, la domanda di certezza e di regole si rivolge verso altri soggetti, mitici e talora un po' inquietanti : l'uomo forte, qualche nuovo partito che ancora non c'è. Pare quasi che uno sviluppo tanto rapido e intenso tenda a riprodursi erodendo i sistemi di rappresentanza e di solidarietà sui cui si è innestato. Ma è anche vero il contrario : che l'economia e la società continuano a marciare, tenendo ben saldi i riferimenti di fondo,mentre le organizzazioni e le istituzioni che dovrebbero garantire loro stabilità, integrazione, rappresentanza, stentano a star loro dietro. O meglio : ne riproducono le mille pieghe, le molteplici tensioni e, invece di mediare, di stabilizzare, tendono a rilanciare, enfatizzare. La società locale, così, si trova di fronte a una molteplicità di specchi e di altoparlanti, che ne riflettono e amplificano le paure e i risentimenti. Con il risultato di finire immersa nelle proprie paure e nel proprio risentimento, più inquieta di prima. Forse sarebbe bene a ripensare ai compiti dell'integrazione e dell'identità sociale : chi li svolge oggi a Vicenza e nel Nordest ? Ed è possibile proseguire lungo la strada dello sviluppo, senza una società complice e solidale ? I dubbi al proposito paiono fondati.



Vicenza, 14 dicembre 1996