gennaio 1997
In
Afganistan, Alberto Cairo ha realizzato per la Croce
rossa internazionale 4 centri ortopedici dove cura
uomini, donne e bambini mutilati dalle mine
Langelo di Kabul
Ex
avvocato, 44 anni, sulla prima pagina del New York Times
e del Tribune
Langelo di Kabul è un italiano,
Alberto Cairo. Lo hanno "scoperto"
lHerald Tribune e il New York Times dedicandogli un
servizio in prima pagina per "la sua attività
medico-umanitaria che consiste nel restituire gambe e
braccia alle vittime delle mine antiuomo".
I riconoscimenti della stampa
internazionale non sono le uniche medaglie conquistate
sul campo, tra le infermerie e gli ospedali afgani, dove
i feriti della guerra sono oltre 250mila, dove agli
ospedali si presentano in continuazione casi di civili
mutilati perché hanno messo i piedi su un una mine,
magari mentre lavoravano nei campi. Lattività di
Alberto Cairo, responsabile del progetto ortopedico del
comitato internazionale della Croce Rossa è stata
riconosciuta anche attraverso limportante premio
"Balzan 1996 per lumanità, la pace e la
fratellanza tra i popoli" che consiste in un
miliardo e 200 milioni. Fondi che la Croce Rossa ha
destinato al potenziamento dei quattro centri ortopedici
già realizzati in Afganistan. Per dare unidea
dellattività di questi centri basta citare che in
otto anni i laboratori hanno preparato qualcosa come
19mila protesi darto, oltre 50mila paia di
stampelle, 2500 carrozzelle.
E a gestire questo progetto
cè Alberto Cairo, "langelo di
Kabul"- come lo hanno ribattezzato i giornali - un
ex avvocato di 44 anni che ha lasciato codici e attività
legale 16 anni fa e ha deciso di dedicare la sua vita
alla fisioterapia e alla riabilitazione. Così, dopo un
periodo di specializzazione In Gran Bretagna, in Francia
e in Sudan, dal 1990 è nelle file della Croce rossa
internazionale, in Afganistan.
I strazianti ricordi legati ai
tanti bambini mutilati per essere saltati in aria
correndo dietro ad un pallone, gambe e braccia di tanti
contadini perse mentre zappavano i campi o raccoglievano
un po di legna, tutte quelle stampelle sulle quali
si trascinano corpi mozzati sono le ragioni per cui
Alberto Cairo ha deciso di rimanere a Kabul. Per
combattere la sua battaglia, per consentire, attaccando
protesi e fornendo strumenti ortopedici di vario genere,
a uomini, donne e bambini di camminare di nuovo, di
afferrare gli oggetti. In una parola di vivere. Ma la
battaglia di Cairo e di tanti altri come lui è per la
definitiva messa al bando delle mine antiuomo: i dati
dicono che, sparse in 71 Paesi, ce ne sono ben 119
milioni.
M.C.
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