Index ATTUALITA' - Marzo 1997


Cina, ora la Grande Riforma si chiama futuro

La morte del leader e artefice delle aperture all’economia di mercato Deng Xiao Ping rilancia in modo drammatico tutte le inquietudini di un enorme Paese che ora deve scegliersi una nuova guida e un nuovo programma sociale. Capace di superare le contraddizioni tra zone povere e in via di sviluppo, tra industria arretrata e migrazioni nelle grandi città, voglia di "americanizzarsi" e tradizioni secolari. Ecco in un servizio della nostra corrispondente che vive in Cina, come dietro la Grande Muraglia hanno vissuto la scomparsa del vecchio condottiero e si preparano alle sfide del 2000

 

Martedì 25 febbraio 1997 secondo l’ordinanza del governo alle ore 10 in punto le sirene di tutti i treni, di tutte le navi , di tutte le fabbriche cinesi hanno suonato in segno di lutto, tutti i cinesi con tre minuti di silenzio hanno salutato "l’eccezionale capo, il grande marxista, il grande rivoluzionario proletario, il grande politico, militare, diplomatico e combattente comunista lungamente provato, il Compagno Deng Xiao Ping"; così la retorica di partito, per bocca di Jiang Zemin ha consegnato ai posteri il ricordo di Deng nel discorso commemorativo a lui dedicato.
Sempre in base alle direttive ufficiali, tutti gli apparecchi televisivi in qualsiasi posto di lavoro avrebbero dovuto essere accesi per permettere la visione della cerimonia commemorativa.


Effettivamente le tv in tutti centri commerciali erano sintonizzate sulla cerimonia in commemorazione di Deng, ma è pur vero che tutte le stazioni televisive non hanno trasmesso nient’altro a reti unificate per l’intera giornata.
L’intera Cina in realtà non si è fermata. Il mercato azionario, figlio diretto di Deng perchè fortemente voluto da lui, non si è fermato neppure per un secondo ed in ossequiosa obbedienza al dio danaro, forse l’unica cosa sacra rimasta, ha continuato imperterrito le sue contrattazioni.

C’era nell’aria, soprattutto nelle aziende di stato, la necessità di esprimere un cordoglio ufficiale, di conformarsi a formule ufficiali che nella loro rigidità e standardizzazione riuscissero a porre al riparo da ogni eventuale futura critica o inversione di rotta. Così può essere letto il divieto emanato a livello centrale di far scoppiare i petardi (il giorno 21 febbraio era il 15 giorno dell’anno lunare cinese - giornata che chiude il periodo di festività legate al Capodanno cinese - e normalmente in quell’occasione vengono utilizzati I petardi) o il divieto da parte di alcune fabbriche di giocare a carte durante l’ora di pausa.
Anche il cordoglio nei confronti dei grandi personaggi politici in Cina deve essere espresso nell’ambito delle direttive centrali.
Piu’ volte in passato a seguito della morte di importanti personaggi sono scoppiati disordini (il movimento del 5 aprile 1976 dopo la morte di Zhou Enlai ed il movimento del’89 dopo la morte di Hu Yaobang), percio’ al fine di evitare ogni eventuale problema anche l’estremo saluto deve essere regolato.

I notiziari televisivi di questi giorni, trasmessi senza sigla e con gli speakers vestiti a lutto, sono stati interamente dedicati alla morte di Deng, o meglio, l’intero palinsesto, durante il periodo di lutto dal 19 al 25 febbraio, gli è stato dedicato: tutte le reti televisive sia quelle centrali che provinciali non hanno trasmesso che notiziari,documentari sulla sua vita, film sulla lunga marcia e la resistenza antigiapponese.

La visita del nuovo segretario di stato americano Medeleine Albright non è stata riportata dai notiziari televisivi, mentre i giornali le hanno dedicato un articolo nelle pagine interne, chiaramente senza citare il problema "diritti umani", spina nel fianco dei rapporti diplomatici Usa-Repubblica popolare cinese (Rpc).
I quotidiani, dopo l’ufficializzazione della morte di Deng, il 19 Febbraio, per l’intera settimana hanno pubblicato intonsi nelle proprie prime pagine, con le testate a lutto, gli articoli dell’agenzia di stato Xinhua relativi alla morte del premier e alle prese di posizione del partito. Tutti gli articoli sottolineavano l’immenso dolore per la scomparsa del grande uomo politico, spronavano all’unita’ nazionale e richiamavano ad unirsi sotto la guida del presidente Jiang Zemin nella continuazione dello sviluppo della Cina alla luce del "socialismo con caratteristiche cinesi" promosso da Deng Xiaoping.
Deng che ormai da più anni non ricopriva nessuna carica politica, era rimasto comunque l’ultimo arbitro della politica cinese, o meglio la sua semplice esistenza giustificava una serie di equilibri di forze e solo questo può giustificare un lutto nazionale ufficiale così ampio per un uomo politico in fondo in pensione.

Le sue dimissioni dalle maggiori cariche dello stato furono progressive ed oculate, a volte un chiaro mezzo per esautorare altri patriarchi di partito e rafforzare la propria linea; come nel 1987, quando durante il 12mo Congresso del Partito comunista cinese (Pcc) si ritirò da alcune importanti cariche, spingendo così molte vecchie guardie rivoluzionarie a seguire il suo esempio e a lasciare più spazio alle nuove leve che si erano fatte avanti durante il periodo di riforme, cioè il suo periodo.
L’immediata transizione del potere, adesso, dovrebbe essere senza problemi. Almeno in superficie, trattandosi di un passaggio lungamene atteso ed ampiamente preparato.
L’ultima apparizione in pubblico di Deng risale al 1994, quando venne a Shanghai per vedere il nuovo ponte che avrebbe collegato la citta’ al Pudong - la zona di sviluppo aperta per sua volontà - ed ormai dallo scorso dicembre a Pechino circolavano preoccupanti notizie sul suo stato di salute.
A gennaio la televisione di stato trasmise un programma a puntate interamente dedicato alla vita e alle opere di Deng Xiaoping, ma da piu’ parti si era osservato come il lungometraggio venisse soprattutto a sottolinere il legame Deng - Jiang Zemin e a investire quest’ultimo quale suo ufficiale successore.
A differenza di Mao e di Deng che sostanzialmente da soli hanno guidato una nazione immensa come la Cina, pare che Jiang Zemin, pur investito delle piu’ alte cariche dello Stato - presidente, segretario generale del Pcc, capo della Commissione militare centrale - cariche che sono state prima di Mao e poi di Deng, non abbia la forza per poter governare da solo e secondo molti la direzione è già da più tempo collegiale.

Accanto a Jiang Zemin attualmente impegnati nell’opera di governare questo paese troviamo anche Li Peng (1928), figlio adottivo di Zhou Enlai , primo ministro; Qiao Shi (1924), capo del Congresso nazionale del Popolo; Zhu Rongji (1928), vice primo ministro, attento agli aspetti prettamente economici; Qian Qichen, vice primo ministro e ministro degli Esteri.
Trattandosi di una direzione collegiale, sarà la ricerca del nuovo equilibrio di potere a far eventualmente mutare qualcosa e se ciò avverrà si renderà evidente durante il 15mo Congresso del Pcc che si terra’ ad ottobre.
Senza dubbio qualsiasi mutamento ci possa essere in seno agli organi direttivi, la Cina dovra’ affrontare una serie non irrilevante di problemi.
L’economia di mercato socialista, questa specie di ibrido liberalismo economico coniugato ad un forte potere centrale autoritario, ha portato ad una forte crescita economica, ma assolutamente non omogenea; ciò significa che mentre alcune zone costiere si sono già sviluppate e arricchite, numerose zone interne versano ancora nella più assoluta povertà. Questa "leopardizzazione" dell’economia ha dato luogo a grossi flussi di persone che dalle zone povere cercano di venire in città, soprattutto verso la costa a cercare lavoro. La piazza antistante la stazione di Canton con la sua turbolenta massa umana che si ripresenta puntuale prima e dopo le festività del capodanno ne è la vivente testimonianza.
Come gestire questa nuova categoria di popolazione all’interno di un sistema che non permette il libero spostamento della residenza?
Di fronte ad uno sviluppo economico così disomogeneo, riuscirà la Cina a mantenere ancora la sua unità? Oltre alle eventuali spinte separatrici di natura economica esistono poi quelli di natura etnica, quali la questione tibetana o la recente questione degli Uighuri nello Xinjiang.
Riuscirà il governo cinese a mantenere sotto controllo il devastante fenomeno della corruzione e del nepotismo, oppure a seguito di un eventuale rallentamento dell’economia saremo di fronte ad una situazione simile a quella della Corea del Sud?
Ed ancora la riforma agricola che inaugurò il periodo delle riforme: abolendo le comuni non espulse in massa i contadini dal lavoro, ma al contrario con il sistema "a responsabilità" diede loro la terra da coltivare ed in poco tempo il loro livello di vita migliorò visibilmente. Gli anni ‘80 hanno conosciuto la nascita e lo sviluppo delle industrie di villaggio che spesso di proprietà collettiva, ma poi sempre più di proprietà privata, hanno creato milioni di posti di lavoro ed incrementato il livello di vita della popolazione. Ora le riforme si trovano di fronte lo scoglio più difficile: l’elefantiaco sistema industriale statale.

La riforma del sistema industriale cinese non implica solo una profonda ristrutturazione del processo produttivo, ma lo smantellamento di una intera struttura sociale che faceva capo alla fabbrica. Le case, le scuole, l’assistenza sanitaria, le pensioni erano tutte legate alla "danwei", all’unità di lavoro, un fardello che più nessuna industria può o vuole sopportare.
Si tratta quindi non di una ristrutturazione industriale, ma di una profonda ristrutturazione del tessuto sociale, ristrutturazione necessaria ma dolorosa.
Riuscirà il governo cinese a gestire questa terza e ben più difficile rifoma?
Nel periodo imminente la morte di Deng nessun esponente del governo ha osato mostrarsi troppo debole o prendere decisioni troppo rischiose per non compremettere la propria posizione nel dopo Deng. Ed ora la Cina, questo immenso continente, ha bisogno di decisioni più che mai.

 

Deng Xiao Ping, dal Libretto Rosso al "Marxismo Contemporaneo"

 

Deng Xiao Ping nasce il 22 agosto 1902 nella provincia del Sichuan, lascia la Cina nel 1920 per recarsi in Francia e dedicarsi allo studio di tecniche che sarebbero state utili al momento del rientro in patria.Dopo sei mesi di studi non riuscendo a pagare la retta scolastica inizia a lavorare e a spostarsi in varie citta’ francesi. Nel 1926 si reca a Mosca e da lì rientra in Cina abbracciando definitivamente la causa comunista.

Partecipa alla Lunga Marcia e nel 1945 viene eletto al comitato centrale. Nel 1953 e’ ministro delle Finanze e rimarrà all’interno delle stanze del potere fino al 1966, quando assieme all’allora presidente Liu Shaoqi fu accusato d’essere il promotore del capitalismo e inviato nella remota provincia del Jiangxi in una fabbrica di trattori. Non prima di essere costretto a sfilare umiliandosi in pubblico con il cappello e le orecchie d’asino destinate ai traditori della patria.

Deng però è un uomo tenace e paziente. Così supera le bufere e riappare sulla scena politica nel 1973 in qualità di vice di Zhou Enlai e nel ‘74 a causa del deteriorarsi delle condizioni di salute del premier, assume nuovamente il potere.

Nel 1976 a seguito delle manifestazioni in commemorazione di Zhou Enlai che si trasformarono in un atto di accusa alla linea della rivoluzione culturale, Deng fu dimesso dalle sue cariche. Ma dopo la morte di Mao (9 settembre 1976) e l’arresto della banda dei quattro (6 Ottobre 1976) eccolo di nuovo in auge e durante il terzo plenum dell’11° comitato centrale del Pcc (dicembre 1978) acquisisce definitivamente le redini del potere ed inaugura il periodo di profonde riforme economiche che vertevano a modernizzare la Cina. Sono le "quattro modernizzazioni": modernizzazione del settore agricolo, industriale, della difesa, della scienza e della tecnica.

Il piccolo Deng abolì le ampie e improduttive comuni agricole, permise ai privati di darsi al commercio, fondò le Zone Economiche Speciali (Zes), aprì la porta agli investimenti stranieri, rivalutò la figura degli intellettuali e l’importanza dell’istruzione, della scienza e della tecnica nello sviluppo della Cina.

Questa serie di riforme vennero progressivamente a configurare la nuova linea del governo cinese: il socialismo con caratteristiche cinesi, ossia l’economia di mercato socialista, teoria cardine del Deng-pensiero.

Secondo tale teoria, la pratica di mercato tipica delle economie capitaliste e la pratica di pianificazione, tipica delle economie comuniste, non sono che strumenti per la conduzione dell’economia e non sono di per sè espressione della natura dell’uno o dell’altro sistema. Di conseguenza anche all’interno di un sistema socialista è possibile far uso della pratica di mercato al fine di ottenere l’arricchimento progressivo di tutta la collettività. In quest’ultimo aspetto, sempre secondo Deng , si focalizza la differenza fra i due sistemi : quello capitalista punta all’arricchimento personale, quello "socialista con caratteristiche cinesi" verte allo sviluppo delle forze produttive al fine di ottenere un arricchimento di tutta la popolazione.

Questa in estrema sintesi è la teoria , o meglio la nuova ortodossia cinese, che molti si aspettano venga definita ufficialmente "Marxismo Contemporaneo Cinese" durante il 15mo Congresso del PCC che si terra’ ad ottobre.

Nessuno, agli inizi del periodo di riforme, era sicuro della bontà di tale teoria. Forse neppure lo stesso Deng. Non a caso molte delle riforme furono messe in moto in qualità di prove.

Le Zes, per esempio, volute agli estremi confini della Cina e non direttamente accessibili a tutti i cinesi, furono agli inizi degli esperimenti in provetta delle riforme che poi presero piede in tutta il paese.

La riapertura del mercato azionario, che pare abbia sollevato non poche discussioni a livello centrale, si rese possibile perchè Deng nel pieno del suo spirito pragmatista assicurò che, qualora il mercato azionario avesse creato problemi, una volta aperto in capo ad un paio d’anni di prova avrebbe potuto essere chiuso nuovamente.

Altro caposaldo del Deng-pensiero è riassunto nello slogan "Un paese due sistemi",ossia è possibile secondo Deng che all’interno dello stesso stato vigano due sistemi: quello comunista e quello capitalista.

Nell’ottica di questo pensiero è stato firmato l’accordo congiunto Inghilterra-Rpc per il "ritorno di Hong Kong alla madre patria", come qui si dice, ed è sempre sulla base di questa idea che la Cina sta lavorando al progetto della riunificazione con Taiwan, tuttora considerata alla stregua di una provincia ribelle cinese.

La Repubblica popolare cinese ha assicurato che per 50 anni non vi saranno cambiamenti ad Hong Kong e che dopo 50 anni non necessariamente ve ne saranno. Forse, ma da un punto di vista legislativo non lo è già più. Il Congresso Nazionale del Popolo ha già approvato la risoluzione secondo la quale al passaggio di mano verranno abolite alcune parti del "Bill of right" e modificate una serie di leggi in materia di ordine pubblico, in quanto considerate in opposizione con la legge base che verrà a regolare l’Hong Kong cinese.

Deng, piccolo di statura e dall’inconfondibile accento Sichuanese è stato per la Cina un principe illuminato e come tale ha agito: in ciò sta la sua grandezza come il limite della sua opera. Ed in quest’ottica devono essere lette le sue teorie.

Ha concesso al suo popolo di arricchirsi, ha portato nelle case dei cinesi la televisione, le creme di bellezza, le riviste di moda, ma non gli ha riconosciuto il diritto all’espressione, alla parola e alla libera informazione. Perchè la Cina gli apparteneva.

Come un patriarca che non riconosca al figlio la maggiore età il suo diritto a prendere decisioni e a subirne le conseguenze, così Deng ha continuato ad interpretare il suo ruolo e quello del Pcc nei confronti del popolo cinese.

La Cina doveva configurarsi secondo la sua visione: un paese prospero, unificato e comunista, a qualsiasi costo, anche a quello di Tian Anmen, anche a quello del Tibet, anche a quello dello Xinjiang. Nelle sue teorie non c’è spazio di discussione per i valori su cui una società si erge. Di fronte all’evidente deterioramento dei valori socialisti e al dilagare della corruzione non ha dato la possibilità alla fioritura di un nuovo pensiero che riuscisse a rispondere ai nuovi interrogativi posti dalla nuova società. Di fronte a questa nuova società cinese, sempre più priva di principi spirituali e che nella pratica ha posto il danaro come unica fonte di valori, Deng ha continuato a riproporre la "costruzione della spiritualizzazione socialista". Ossia amore alla patria e al partito che con il passare del tempo sono divenuti sempre piu’ forma e sempre meno contenuto .

"Diventare ricchi è una cosa gloriosa" ha affermato Deng e qualcuno ha letto il tentativo di fare arricchire il popolo da parte sua come l’estremo tentativo di salvare il Pcc dalla fine che hanno fatto i partiti comunisti del blocco sovietico. Tuttavia questo arricchimento, che per ora è ben distante dall’essere collettivo, progressivamente porterà a sempre più pressanti richieste sociali che a lungo andare non potranno non influire anche sulla struttura politica di governo.

Intanto, in puro stile cinese fatto di simbolismi e metafore, si vedono i primi segni del futuro politico. A presiedere il rito della dispersione delle ceneri di Deng assieme ai familiari, c'era a sorpresa il più giovane dei membri del super-politburo del partito comunista, Hu Jintao, 53 anni, fino ad oggi solo 7° nella gerarchia governativa del Paese. Ma ieri c'era lui, su "incarico diretto delle autorità centrali". La sua presenza accanto agli eredi di Deng Xiaoping e le continue riprese in primo piano che gli ha dedicato la tv di Stato significano, nel complesso linguaggio politico cinese, che Hu Jintao sarà probabilmente tra breve il successore (politico e ideologico) del leader scomparso.