Index ATTUALITA' - Marzo 1997


Pornografia, sfruttamento, violenza
Meglio la censura o il rispetto dell’uomo?

Il "mercato del sesso" parla un linguaggio facile, fatto di immagini e comprensibile a tutti. Per questo vende bene in tutto il mondo. Ma al di là di orrori e abusi, c’è un territorio dai confini vaghi e sfumati che non deve intaccare libertà ed erotismo. Perché la vera violenza è calpestare la dignità delle persone

Non hanno bisogno di traduzioni, al contrario dell’inglese non richiedono alcun apprendimento, e sono in grado di superare qualsiasi frontiera. Anche se bambini e adolescenti non possono comprenderne fino in fondo il significato, sono perfettamente in grado di consumarle.

Forse è questa la ragione principale per cui le immagini pornografiche sono tanto diffuse, rappresentate, vendute e lucrose. La spazzatura violenta e sporcacciona è semplice da realizzare, poco costosa da produrre, e può essere smerciata in tutto il mondo. Quindi è un prodotto vincente.

Quando è fuori legge, salgono i rischi e i costi, ma anche i prezzi di vendita. Marc Ducroux (criminale sessuale e assassino, arrestato soltanto dopo che aveva rapito e ucciso due bambine in Belgio: Melissa e Julie) vendeva video porno di sua produzione, e guadagnava bene. Ogni volta che spariva qualche bambino il suo conto in banca ingrassava: le cifre andavano dai 700.000 ai due milioni di franchi.

Violenza e pornografia vengono messe in scena nell’ambito di sfondi scontati e ripetitivi. L’entità femminile che abita all’interno di queste costruzioni della creatività umana è anch’essa scontata, banale, sempre uguale. Venere sfrattata dall’Olimpo e riciclata nei supermercati, soddisfa completamente l’immaginario maschile più dozzinale. Generalmente parla come un uomo, si comporta come un uomo, desidera come un uomo. Che sia un uomo travestito?

Molto spesso non si tratta di una donna intera, ma solo di qualche pezzo. La macchina fotografica o la telecamera smembra il corpo femminile, inquadrando e isolando le solite parti anatomiche, mentre donne sbudellate e sanguinanti abbondano in gialli e polizieschi.

Non è facile scindere la violenza dal semplice erotismo.

Buona parte dell’iconografia pornografica è intrisa di aggressività. La pornografia è dunque un territorio dai confini vaghi e sfumati. Il termine creato da Restif de la Bretonne, che allude alla rappresentazione della prostituzione (grafeo = scrivo, disegno, porne = prostituta), risulta ormai insufficiente a definire con esattezza l’oggetto in questione.

C’è chi sostiene che la pornografia è tutta salute, beninteso se è prodotta e consumata da adulti in grado di intendere e di volere. In caso di inibizioni sessuali sarebbe addirittura terapeutica. "Fate l’amore e non la guerra", e la pornografia sarebbe solo amore. Nel ’69, un’inchiesta voluta dal presidente americano Nixon stabilì che la pornografia non genera violenza. Per l’occasione venne coniata una nuova e memorabile definizione della pornografia: materiale sessualmente esplicito.

Ben diversa l’opinione del pontefice Giovanni Paolo II, espressa nell’enciclica Veritatis Splendor. La pornografia viene accusata di svilire l’essere umano, trasformandolo nello strumento di un piacere rudimentale e di un guadagno illecito. Niente distinzioni tra pornografia ed erotismo, tra volgarità e arte, divertimento e violenza: tutto ciò che è materiale sessualmente esplicito rientra nello stesso calderone da censurare.

La letteratura femminista oscilla tra una decisa condanna della pornografia (rende la donna un oggetto meschino, è una metafora della predominanza maschile nella società, o addirittura propaganda in favore dello stupro, è da censurare) e una cauta accettazione (la pornografia è una espressione della sessualità odierna, fa parte anche dell’immaginario femminile, non è da rifiutare in blocco).

Le forme in cui il desiderio prende forma sono tante, diverse, stravaganti.

A volte si materializza in raffinate opere artistiche, in cui il sesso è esplicito ma non fine a sé stesso. Altre volte assume sembianze ben più squallide. Dipinge donne virtuali e donne di carta, ombre colorate che strizzano l’occhio dal video televisivo o telematico, caldi fantasmi evocati da dialoghi telefonici a luci rosse. In ogni caso le donne ritratte in queste forme fantastiche sono molto distanti dalla carne e dalle ossa delle donne reali.

Il rischio è quello di sottovalutare questa distanza. Incombe soprattutto su bambini e adolescenti, che non di rado non hanno a disposizione altra educazione sessuale oltre alla spazzatura pornografica.

Il rischio peggiore è l’aggressività contro la donna, non di rado esplicita, che pullula in mezzo a questa spazzatura.

Alcune ricerche presentate nell’ambito del congresso della Società Internazionale per la Ricerca sull’Aggressività (Strasburgo, agosto 1996) rivelano che l’esposizione al materiale pornografico, soprattutto se aggressivo e degradante, induce adolescenti e adulti maschi a non condannare la violenza contro le donne. La violenza sessuale in particolare viene privilegiata da una speciale forma di comprensione, che si concretizza nelle ben note frasi fatte: "lei provocava" "lei ci stava" "lei se l’è cercata".

E allora che fare? Invocare l’intervento della censura? Vietare solo le forme più deteriori di pornografia, o anche tutto ciò che è erotico?

Ma l’erotismo non produce mostri. A questo proposito vale la pena di fare riferimento ad una lettera aperta di Carine Russo, madre di Melissa, una delle due bambine rapite e uccise da Marc Dutroux. Questa lettera sembra indicare la via giusta: non censurare e nascondere, ma denunciare e reagire. Non esitare a puntare il dito contro chi si dimentica della differenza che passa tra un oggetto di consumo e un soggetto umano.

La lettera è centrata su un punto: il rispetto. Ma non ha nulla a che vedere con ciò che è materiale sessualmente esplicito. Infatti fa riferimento al comportamento dei giornalisti della trasmissione televisiva "AU NON DE LA LOI", andata in onda il 17 novembre 1996.

Carine Russo racconta il modo in cui loro, i genitori di Melissa e Julie, sono stati trattati. I giornalisti, durante la cena che precedeva la trasmissione, sono arrivati al punto di voltar loro la schiena e negare qualsiasi forma di saluto. Durante la trasmissione si sono comportati senza cortesia, senza rispetto, senza riconoscere loro lo statuto di esseri umani.

Ben più orribile è stata la rivelazione, in diretta, dei risultati dell’autopsia effettuata sui corpi delle loro bambine. A loro, i genitori, l’accesso a quei risultati era stato proibito "per evitare che subissero un altro choc". Non avevano potuto nemmeno rivederle per l’ultima volta. Per poi essere costretti a sapere in diretta, dalla bocca di una giornalista, che Julie e Melissa avevano subito gravi sevizie sessuali. "Una volta ancora, una volta di più, ci siamo sentiti ingannati, traditi, manipolati e violentati".

La pornografia vende corpi e fantasie come prodotti da consumare in fretta. Questi giornalisti hanno messo in vetrina morte e sevizie sessuali su due bambine, calpestando e usando i sentimenti e la dignità dei loro genitori. Come se fossero oggetti trascurabili. Forse hanno inventato la forma peggiore di pornografia esistente sul mercato.

Per chi volesse mandare un messaggio di solidarietà ai genitori di Julie e Melissa, o sapere qualcosa di più:

http://www.europeonline.com/bel/index.asp

Antonella di Martino