Arte nella
vita (e vita nell'arte)
Un
nuovo libro di Dino Formaggio, " FILOSOFI
DELLARTE DEL NOVECENTO", offre una visione
personale su dieci tra le più significative personalità
della Filosofia dellArte dallinizio del
secolo, è stato scritto anche per testimoniare e
ribadire che larte ha come obiettivo la vita e per
destinatario luomo.
Una delle
più interessanti prerogative del pensiero è quella sua
incessante, perenne necessità di rappresentare se
stesso. Esso ama, discendere lungo i fiumi generati dalle
consequenzialità per poi risalire alle sue stesse
sorgenti. Ama ritrovare la radice che gli ha offerto
validità e dato sostegno ai propri assunti, alle proprie
intuizioni. La storia dei percorsi del pensiero è una
delle molte storie interessanti da raccontare, da capire,
da spiegare, seguendo, nel labirinto, il filo del
gomitolo di Arianna.
Tuttavia, nel caso dellultima opera saggistica di
Dino Formaggio, "Filosofi dellarte del
Novecento", non si tratta solo di un excursus lungo
le tappe che hanno, per così dire, fornito la traccia
della sua costruzione filosofica, ma anche, e forse
soprattutto, di voler riconoscere a questi filosofi
dellultima metà del nostro secolo, "dieci in
tutto", un tributo affettivo di gratitudine.
Essi sono stati, "maestri" perché hanno
offerto non solo ciò che sapevano ma anche ciò che essi
stessi erano.
Direttamente, attraverso la frequentazione amichevole e
degli studi universitari, o indirettamente, essi sono
stati agenti catalizzatori di un flusso di idee e parte
di questo flusso. Il loro insegnamento ha avuto come
risultato finale molto più della somma dei singoli
contributi di ognuno.
La riflessione retrospettiva di Formaggio, che si
sviluppa in modo diacronico, prende lavvio
dallincontro "storico" con il pensiero
filosofico di John Dewey, dal quale, nel 1951,un anno
prima della morte del filosofo statunitense, nacque un
saggio, "lEstetica di John Dewey".
Incoraggiato nella sua ricerca dallantiformalismo e
dalla concretezza morale e sociale, dalla "logica
strumentale" di questo pensatore, Formaggio giunge,
due anni dopo, a curare ledizione italiana delle
"Vingt Leçons sur les Beaux Arts" di E.
Chartier Alain.
Qui egli ha modo di fornire allaspetto umanistico
della costruzione filosofica di Alain un risalto a
tuttotondo. Una "ricerca che ha luomo come
fondamento e come fine, come esistenza e come
valore" era in quel momento della storia del
pensiero, ancora così astrattamente idealizzante, una
pista troppo allettante per non costituire uno stimolo
irrinunciabile. Era per Formaggio unulteriore
conferma della necessità di uscire dagli schematismi e
di incontrare "la potenza piena, salutare, veramente
liberatrice, di un nuovo vigore etico - personale e
sociale- anche nelle arti".
Il 1957 è la data dellincontro con unaltra
fondamentale personalità culturale, quella di Max
Dessoir. Grande studioso dei fenomeni artistici che, a
sua volta influenzato dalle teorie di Enrich Wolfflin
sullautonomia dei sistemi formali, fu antesignano,
nel primo trentennio del secolo, di unipotesi di
ricerca sulla formulazione di una moderna scienza
dellarte.
Sempre in Germania è nel 1969, nella filosofia di
Nicolai Hartmann, che Formaggio si imbatte nello sviluppo
della relazione arte-possibilità, attraverso un percorso
che, partito da Aristotele, e attraverso Leibniz e Kant,
ha la sua matura formulazione in tempi attuali e diviene
postulato fondante di una teoria generale dellarte.
Georg Simmel, berlinese, maestro del maestro di
Formaggio, Antonio Banfi, è unaltra pietra
miliare, delle meditazioni sullestetica di
Formaggio: la sua conoscenza avviene anche attraverso un
saggio di Lukacs pubblicato nel 1918, subito dopo la
morte del filosofo e sociologo tedesco. Dalla lettura di
questultimo nasce, nel 1976, la necessità di
rivedere in modo più sistematico il pensiero di Simmel e
di riscoprirne il fascino; fascino che deriva sia dalla
sua teoria della conoscenza, tutta permeata di
relativismo, ma soprattutto dalla grande libertà e
capacità del suo pensiero di spaziare dalla sociologia
alla morale, alla psicologia alla storia e, infine, alla
metafisica.
Ma è ai maestri italiani degli anni Trenta, Adelchi
Barantono e Antonio Banfi, che Dino Formaggio fa
soprattutto riferimento, anche per il verificarsi di una
condizione particolarmente felice: lessere essi,
cioè, non solo portatori di nutrimento intellettuale, ma
anche compagni di esperienze di vita, di lotte, di
affetti. Un rapporto che, per quanto riguarda Banfi, si
è protratto dal 1937 fino alla morte del filosofo, nel
1957. Tale familiarità, sarà, più tardi, ripetuta con
il fraterno amico, filosofo dellestetica, studioso
di formazione fenomenologica Mikel Dufrenne, scomparso
nel 1995.
Dal loro sodalizio amicale ed intellettuale (che sono
poi, sostanzialmente, la stessa cosa) nascerà, nel 1981,
unarticolatissima opera, divenuta imprescindibile
strumento per una conoscenza e unanalisi sia sulle
trasformazioni dellesperienza estetica, sia sul
rapporto tra arte ed altri livelli del reale, nonché per
una verifica dei problemi concettuali scaturiti
dallesperienza artistica: il "Trattato di
Estetica".
Successivi incontri nodali sono stati, inoltre, quello
con Giulio Preti, coraggioso, tetragono e bizzarro, e
laltro, con J.F. Lyotard, al cui saggio
"Discorso, Figura" è dedicato, nel libro di
Formaggio, il dodicesimo capitolo.
Naturalmente, come afferma Elio Franzini nella Presentazione
del saggio, lAutore "non ha avuto soltanto
questi dieci maestri", poiché, continua, "i
maestri sono tanti. Importante è saperli riconoscere e
farli propri". E, dunque, implicitamente, spetta al
più curioso, aperto e recettivo, averne tanti; in quanto
li ha saputi riconoscere, imparando da loro non solo il
pensiero ma anche la capacità di rielaborarlo e, a
propria volta di offrirlo, in veste di maestro, ad altri
discepoli.
Dino Formaggio, I
Filosofi dellArte del Novecento, Guerini e
Associati, Milano Lit. 32.000
Giovanna Grossato
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