La rabbia
femminile
Cesare Musatti, che è
stato uno dei più noti divulgatori della psicoanalisi
freudiana in Italia, aveva delle convinzioni nitide e
determinate riguardo alle differenze tra i sessi:
"...è nella natura femminile aver bisogno di
protezione... Alla base di tutto cè una
costituzione fisica diversa: quando vanno a letto
luomo e la donna hanno delle funzioni diverse, e
questo fatto ha poi uninfluenza su tutto il loro
rapporto" (Stefania Rossini, Dieci psicoanalisti
spiegano i temi centrali della vita, Rizzoli 1985).
Una variazione sul tema di
questo luogo molto comune attribuisce alle donne
unindole più remissiva di quella maschile, causata
dalle sue specificità organiche e ormonali. Il rovescio
della medaglia consisterebbe in una incapacità non solo
a sfogare, ma anche a riconoscere la rabbia e il
risentimento.
Uno studio pubblicato
dalla studiosa Sandra P. Thomas nel 1993, analizza a
fondo la questione della rabbia al femminile. La credenza
che le donne abbiano una tendenza fisiologica a
respingere e ignorare la propria rabbia è dovuta,
secondo questa tesi, alla scarsa diffusione di studi
specifici sullargomento. Per scoperchiare la
pentola a pressione che racchiude e soffoca la rabbia
delle donne, bisogna indagare al di là dei cromosomi.
La
donna non si trova nelle condizioni di poter manifestare
liberamente la sua rabbia.
Ha lobbligo di
piacere. Deve essere non solo bella ma anche buona. Il
suo comportamento non deve essere sgradevole o
fastidioso, non può denunciare lesistenza di
disagi e conflitti. Il compito del gentil sesso è quello
di abbellire il mondo, non di cambiarlo.
La rabbia femminile è
ammessa solamente quando sostiene e difende deboli o
bambini. In queste occasioni infatti lemozione
perde le sue connotazioni egoistiche, tanto antiestetiche
e poco femminili. La madre che tira fuori gli artigli per
difendere la prole è una fiera e nobile tigre, la donna
che alza la voce per difendere i suoi diritti è una
gallina starnazzante.
Eppure, basterebbe citare
qualche piccola cifra per rendersi conto che le
rivendicazioni delle femministe non sono obsolete. La
percentuale di donne parlamentari nel mondo è piuttosto
bassa: 11,7%. Qualche anno fa la cifra era leggermente
superiore (14,8%), segno che le cose stanno gradatamente
peggiorando. La crisi economica in Europa favorisce il
rientro forzato ai focolari domestici. In Italia il 70%
della disoccupazione è costituito da donne.
Sfogliando le immagini
colorate di giornali e televisioni emergono riflessi
molto evanescenti di questa realtà. La donna
tradizionale, sensuale e materna, si è rivestita dei
panni della soldatessa in marcia, dellelegante
professionista, dellatleta muscolosa e della
presentatrice dotata di senso dellumorismo.
Potrebbe sembrare un divertente assortimento tra cui
poter scegliere. Invece qualsiasi scelta nasconde un
pericolo. Questi modelli infatti non sono conciliabili:
impongono non solo di conservare il modello tradizionale
di donna tenera e materna, ma anche di sviluppare
caratteristiche virili di forza e aggressività.
Dai media vengono imposte
figurine attraenti, irraggiungibili e ambigue. Innanzi
tutto le donne devono essere curate e ben vestite, ma
questo è soltanto il minimo indispensabile. Se non lo
sono vengono prese in giro per "la messa in piega
fatta in casa". Ma anche quando obbediscono alle
direttive vengono sarcasticamente rimproverate in quanto
"griffatissime" e
"parrucchieratissime".
Lideale estetico
più in voga richiede la donna magra ma con un seno
prosperoso. Linsieme è piuttosto difficile da
realizzare, per fortuna esistono reggiseni architettonici
e chirurgia plastica. Ma chi decide di farsi tagliare dal
chirurgo per soddisfare queste indicazioni viene
criticata attraverso lesibizione di spietate
documentazioni fotografiche "prima e dopo".
Comunque gli aggettivi ci
sono per tutte: "grasse", "vacche",
oppure "anoressiche", "curve di
cellulite" oppure "siliconate". Chi osa
avere ambizioni intellettuali viene dileggiata per la sua
"aria pensosa", mentre dallaltra parte ci
sono le solite "oche" e "analfabete".
Cè perfino chi viene accusata di essere
"troppo perfetta".
Il messaggio è forte e
chiaro: non cè via di scampo.
La
donna deve essere competitiva e realizzata nel lavoro,
nonostante la disoccupazione. E allo stesso tempo deve
essere una brava madre, perché la natalità è in calo,
scegliendo per la gravidanza i tempi giusti, perché dopo
i quaranta rischia di essere troppo vecchia. E come se
non bastasse, si pretende il sorriso, il buon umore,
lallegria.
Una vera donna ha sempre
il sorriso sulle labbra, sa comunicare, sa farsi
apprezzare, è sicura di sé e in grado di difendersi.
Piagnucolare è vietato.
Timidezze, complessi,
insicurezze, tutto un bagaglio di eventualità
inevitabili che sempre sono esistite e sempre
esisteranno, non sono più permesse. Bisogna raggiungere
la Salute, un perfetto equilibrio psicofisico composto da
una psiche muscolosa in un corpo intelligente. Bisogna
crescere, maturare, inseguire di corsa un miraggio
irraggiungibile e splendente di forza e di bellezza, ma
anche di stupido consumismo.
Questi imperativi
categorici e incoerenti contribuiscono attivamente a
diffondere depressione e malattie psicosomatiche.
Anoressia e bulimia, patologie particolarmente legate
alle imposizioni sociali incombenti sullimmagine
corporea, sono manifestazioni molto recenti:
lanoressia viene citata per la prima volta nel
D.S.M.III (manuale diagnostico delle patologie mentali)
del 1980.
La
rabbia cè, anche se non si vede.
Tutto questo genera una
quantità consistente di rabbia. Purtroppo, rifiutare
valori condivisi e massicciamente propagandati non è
facile. Di conseguenza, questo sentimento non viene
riconosciuto o non viene accettato, e provoca malesseri
più o meno gravi. Può anche semplicemente trasformarsi
in lacrime, tristezza, avvilimento. Non è facile
riconoscerla dietro i sintomi della depressione o di
altri disturbi. Eppure si tratta di rabbia, resa
socialmente accettabile.
Tra le cause che
contribuiscono a creare incomprensioni intorno alla
rabbia femminile vi è anche il malinteso che esiste tra
questa specifica emozione e altri termini affini. Più
propriamente si dovrebbe parlare di collera, oppure di
ira e stizza, ma il termine rabbia, che prima indicava
una grave malattia infettiva, ora è il più comunemente
usato. Comunque la rabbia, o collera che sia, può essere
definita un movimento di irritazione e di disagio,
piuttosto intenso, provocato da una causa esterna.
Laggressività è differente, in quanto implica
unazione diretta contro qualcuno o qualcosa.
La rabbia delle donne è
dunque sconosciuta in quanto non aggredisce, non strilla
negli stadi, non violenta e non usa le mani, non fa
correre le auto a tutta velocità, non è ben definita.
Spesso implode silenziosamente, nascosta tra i malanni
psicosomatici e le pareti domestiche. Se realizza atti
giuridicamente riprovevoli si tratta in genere di crimini
piuttosto insignificanti. Abusi di alcool e stupefacenti.
Piccoli furti, a volte dettati da un oscuro senso di
rivalsa e di ribellione. Spesso filtra tra i piccoli
spazi lasciati liberi dagli obblighi sociali e dalle
buone maniere, producendo un comportamento sleale e
manipolatorio.
Per
fortuna ci sono le streghe.
A volte invece la rabbia
riesce ad evadere, e a conquistare qualche spazio libero.
Chi ha avuto modo di avvicinarla non può che riconoscere
la sua natura imprevedibile e vitale. Così lo
psicoanalista milanese Adriano Alloisio descrive le sue
esperienze professionali: "Comunque la rabbia
femminile e' un'energia preziosa, proprio nella sua
assenza di identità e di obiettivi. In analisi sono loro
che mi insegnano, gli uomini sono di una noia
ineffabile".
Un angolo riservato a
questa energia preziosa è sempre esistito. Il timore nei
confronti di streghe e stregonerie, da sempre universale,
oggi investe più gli uomini che i bambini. Integralisti
islamici e cristiani stanno cercando di superare questa
paura usando i vecchi metodi. Ma ormai è troppo tardi.
Anche se hanno abbandonato sabba e cortei, le streghe
rifiutano ormai di tornare a rinchiudersi nei focolari
domestici. Senza la pretesa di approfondire la ricchezza
di significati che racchiude, si può affermare che
questa perfida figura ha sempre custodito il potere della
rabbia femminile, e le arti belle e magiche che ne
possono scaturire.
Antonella di Martino
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