Falstaff a
Verona e Venezia
Una doppia produzione di
" FALSTAFF " si è potuta ascoltare nello
stesso periodo sia al Teatro Filarmonico di Verona che al
Palafenice di Venezia; fatto piuttosto singolare che la
medesima opera venga presentata in contemporanea in due
diversi teatri a poco più di cento chilometri di
distanza.
"FALSTAFF" è l'ultimo lavoro di Giuseppe Verdi
ed è strabiliante come un compositore, ormai alla soglia
dei ottanta anni, abbia saputo scrivere una partitura
così fresca, ricca di motivi e di carattere comico
sentimentale quindi assai distante dalla forte
ispirazione drammatica del Maestro.
Verdi aveva affrontato l'opera comica con la sua seconda
composizione e cioè "UN GIORNO DI REGNO O IL FINTO
STANISLAO" che fu un insuccesso.
Dopo la positivissima prova di "OTELLO" tutti
si aspettavano dal Maestro una nuova opera ma Verdi si
ritirò a S. Agata in grande tranquillità e curando i
propri interessi.
Nel luglio del 1889 Boito inviò a Verdi un libretto
imperniato sulla figura di Falstaff che trasse
principalmente dalle "ALLEGRE COMARI DI
WINDSOR" di Shakespeare e tenendo conto di passi
dell' "ENRICO IV" del medesimo drammaturgo
inglese.
Verdi si infiammò sia per il soggetto sia per il fatto
di potersi cimentare nuovamente con un'opera di genere
comico e si mise al lavoro anche se in una lettera
inviata al librettista leggiamo " voi nel tracciare
Falstaff avete mai pensato alla cifra enorme de' miei
anni ? So bene che mi risponderete esagerando lo stato di
mia salute buono, ottimo, robusto ... E sia pur così:
ciò mal grado converrete meco che potrei esser tacciato
di grande temerità nell'assumermi tanto incarico. E se
non reggessi alla fatica ? E se non arrivassi a finire la
musica ? Allora voi avreste sciupato tempo e fatica
inutilmente ! Per tutto l'oro del mondo io non lo
vorrei".
La composizione procedette con calma tra il 1889 e il
1892 e, caso raro per Verdi, le varianti chieste al
librettista furono ben poche.
Per lungo tempo Boito e Verdi tennero nascosto a tutti,
compreso l'editore Giulio Ricordi, che
"FALSTAFF" prendeva forma.
Nel silenzio e nella quiete nacque un capolavoro in cui
le bricconate di Falstaff, gli amori di Nannetta e Fenton
e gli intrighi delle donne sono visti con indulgenza e
con un certo amorevole distacco.
"FALSTAFF" andò in scena al Teatro alla Scala
di Milano il 9 febbraio 1893 con Emma Zilli, Adelina
Stehle, Virginia Guerrini, Edoardo Garbin, Victor Maurel
e con la direzione di Edoardo Mascheroni.
Fu un enorme successo decretato dalla critica più
illustre e da personalità , presenti alla prima, come
Carducci (che certo melomane non era), Puccini e
Mascagni.
Le edizioni di Verona e di Venezia
sono andate in scena ad un giorno solo di distanza; il 14
marzo al Palafenice ed il 15 marzo al Teatro Filarmonico.
Nella edizione veronese Falstaff era impersonato da
Renato Bruson.
La sua interpretazione è stata di primissimo ordine
mettendo in luce tutte le variegate sfaccettature del
personaggio con un fraseggio finissimo, con subitanee
accensioni nei momenti cruciali e facendo risaltare
quella vena malinconica che si addice alla figura del
" vecchio Falstaff ".
Ne è uscito quindi un personaggio di grande levatura sia
dal punto di vista vocale che scenico.
Ford era Paolo Coni non sempre a suo agio vocalmente
mentre ottima è stata la prestazione di Francesco
Piccoli, nei panni di Fenton, che ha sfoggiato un bel
fraseggio ed una sicurezza vocale in tutti i registri.
Daniela Longhi è stata una Alice ragguardevole sia nella
linea di canto che scenicamente; ottima l'interpretazione
di Nannetta da parte di Patrizia Pace che ha sfoggiato
una voce piacevole e ben timbrata.
Completavano la compagnia Orfeo Zanetti, Pierre Lefebvre,
Anna Maria Di Micco, Paola Fornasari Patti.
Reynald Giovaninetti ha diretto con sicurezza l'Orchestra
dell'Arena di Verona ottenendo sempre un ottimo
equilibrio tra palcoscenico ed orchestra anche nei
difficilissimi concertati.
Lo spettacolo era basato sull'idea
dello scomparso Laszlò Vamos ripreso da Susy Attendoli
su progetto di Gianfranco De Bosio; l'utilizzo del palco
girevole si è dimostrato di estrema utilità come già
avvenne per il "PIPISTRELLO".
Franco successo per tutti gli interpreti e prolungati
applausi indirizzati a Renato Bruson.
Al Palafenice protagonista era Juan Pons che ha disegnato
una figura di Falstaff robusta con una vocalità piena e
sicura sapendola piegare nei momenti di maggiore
interiorità del personaggio.
Ottimo il Ford di Lucio Gallo sia vocalmente che
scenicamente.
Luca Canonici era Fenton ed ha dimostrato di attraversare
un buon periodo riconfermandosi, dopo la brillante prova
dell' " ARLESIANA " al Teatro Regio di Parma,
di essere un tenore di grande qualità per il repertorio
lirico.
In campo femminile si sono distinte Sung-Eun Kim nella
parte di Nannetta con una voce gradevolissima e sicura e
Lucia Mazzaria nella parte di Alice.
Meg Page era il giovane mezzosoprano Maria José Trullu
già apprezzato Romeo nella " GIULIETTA E ROMEO
" di Vaccaj a Jesi.
Completavano la compagnia Romano Emili, Oslavio Di
Credico, Diane Curry.
L'allestimento proveniva dal Teatro San Carlo di Napoli
con la regia di Roberto De Simone e costumi di Odette
Nicoletti.
Molto interessante l'idea del metateatro ideato da Mauro
Carosi che ha ricreato nei primi due atti una vecchia
corte contadina nella quale si svolge l'azione scenica su
una specie di teatro tipo Carro di Tespi attorniato dalle
comparse quali spettatori.
L'orchestra era diretta da Isaac Karabtchevsky che ha
dato una lettura piuttosto enfatica ed a volte ha
ecceduto nelle sonorità; certamente gli equilibri tra
orchestra e palcoscenico nella struttura del Palafenice
sono sempre difficili da ottenere.
Successo pieno decretato del numeroso pubblico.
Luciano Maggi
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