Iris al teatro
Massimo Bellini di Catania
Pietro Mascagni si
chiedeva spesso se la gente conosceva tutta l'opera sua.
Dopo il folgorante successo di " CAVALLERIA
RUSTICANA " si sentiva infatti identificato nel
quadro di quest'opera e sentiva che tutti i successivi
lavori erano tenuti in scarsa considerazione; d'altra
parte anche ai nostri giorni rare sono le produzioni di
opere mascagnane se si eccettuano quelle del C.E.L. di
Livorno che da anni persegue la riscoperta dei titoli
dimenticati dell'autore livornese.
Ben venga quindi questa messa in
scena di " IRIS " che dopo avere inaugurato la
stagione 1996 dell'Opera di Roma è approdata al Teatro
Massimo Bellini di Catania con altri interpreti ma con la
medesima sontuosa scenografia.
Il libretto di " IRIS " è di Luigi Illica e va
subito notato che all'inizio di ogni atto vi è una lunga
e minuziosa introduzione su quello che sta per accadere
preparando così lo spettatore.
Sul valore di questo libretto i pareri sono discordi; da
una sincera esaltazione come quella del critico Teodoro
Cella ad una stroncatura come quella di Baldacci che
rileva che per questo lavoro " la dotazione e la
vocazione di Illica a fabbro della parola siano state
scarse".
Sintetico il giudizio di Puccini che disse " anche
se Domineiddio avesse musicato tale libretto non avrebbe
fatto meglio di Pietro ".
In effetti la linea drammaturgica è semplice e lineare
ed è decisamente decadentista; narra di Iris che rapita
da un libertino finisce ignara in una casa di piacere e
muore gettandosi nel vuoto finendo in mezzo a rifiuti di
ogni genere.
Mascagni ha però rivestito questa storia con una musica
di grande effetto che si distanzia dalle sue precedenti
composizioni aprendo nuove vie nella sua arte
compositiva.
L'orchestrazione è sempre di grande qualità e di
notevole interesse; l'opera si apre con una invenzione
veramente geniale quale è quella dell' " inno del
sole " con tutti i suoi passaggi dalle tenebre
(linea melodica affidata ai contrabbassi con accordi di
archi, timpani e tam - tam) fino al giorno luminoso con
il pieno dell'orchestra ed il coro che chiude
trionfalmente la pagina.
Questo inno lo si ritroverà con
grande effetto nel finale dell'opera.
Ma tanti sono i punti di grande interesse come
l'invenzione del teatrino dei pupi con quella musica
così caratteristica, il coro delle lavandaie, il lungo e
difficile duetto del secondo atto tra Iris e Osaka, lo
splendido inizio del terzo atto con l'intervento dei
cenciaiuoli che rovistano nei rifiuti, le apparizioni
delle enigmatiche figure del padre di Iris, di Osaka e di
Kyoto con i loro " perché ? " senza risposta.
L'edizione catanese è stata di grande interesse avendo i
suoi punti di forza nella protagonista, nel direttore,
nell'allestimento scenico e nella regia.
Denia Mazzola è stata una Iris ineccepibile giocando
sulla tinta della sua voce e modellando il personaggio
con grande arte sia vocale che scenica.
Ha superato le varie difficoltà disseminate lungo tutto
l'arco della partitura con molta eleganza e facilità
raccogliendo un meritatissimo successo personale al suo
debutto in questa parte.
Massimo De Bernart, (altro debuttante in quest'opera) ha
sostituito all'ultimo momento il Maestro Maurizio Arena.
Pur essendo pressato dal tempo ha dato una lettura della
partitura avvincente, ricca di colori e di sfumature,
attentissima a tutti i particolari e mettendo bene in
evidenza i vari strumenti.
E' stato assecondato dall'Orchestra del Teatro Massimo
Bellini in ottima forma.
Nicola Martinucci è stato un Osaka piuttosto sfuocato
sia nella linea vocale che in quella scenica; è un
peccato che questo tenore dotato di una voce importante
non controlli a dovere i suoni che risultano spesso
ingolati.
Ottima la prova di Giancarlo Pasquetto nel ruolo di
Kyoto, parte che non riserva al baritono grandi
possibilità di mettersi in luce.
Il Maestro Nicola Luisotti ha preparato molto bene il
coro che ha dato una grande prova di professionalità.
Completavano la compagnia Kyung-Hwa Cho, Enrico Cossutta,
Pino Bongiorno, Riccardo Ravaioni e Vincenzo Lapertosa.
La regia le scene ed i costumi erano firmati da Hugo De
Ana che ha creato uno spettacolo bellissimo sotto tutti i
punti di vista.
Intelligentissima la regia coadiuvata dalla coreografia
di Leda Lojodice con soluzioni molto raffinate sia nelle
scene del rapimento di Iris che nel secondo atto e
specialemente nel finale dell'opera con il sole che
gettava una luce livida e che ben commentava la tragica
fine della fanciulla Iris.
Veramente sontuosi i costumi con degli stupendi colori.
Il pubblico ha tributato un vivo successo per tutti gli
interpreti con applausi a scena aperta e con diverse
chiamate alla fine dell'opera.
Luciano Maggi
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