Un detective
per Milena
I
parenti di Milena Bianchi non cedono: la versione
ufficiale dellomicidio per loro non regge. E
sospettano che Mounir, il fidanzato respinto accusato
dellassassinio, non fosse solo. "Polizia
italiana e tunisina fanno di tutto per scoraggiarci
dallindagare - dice ora lo zio di Milena - Ma noi
continuiamo". Ed ecco perché, dopo quelli che
chiamano errori, distrazioni e cattiva volontà,
manderanno un investigatore privato in Tunisia per
scoprire la vera storia di quel 23 novembre del 1995
Adesso
che Gilda Milani è rimasta senza forze, sono gli altri,
i parenti, a raccogliere la spada. Perché a quella
storia del fidanzatino respinto che invita Milena a casa,
la strangola, la carica sulla Vespa e la seppellisce sul
greto di un fiume secco a un chilometro da casa e poi,
una settimana fa, confessa tutto, proprio non ci credono.
Per questo contestano il questore della Criminalpol
Nicola Simone che accetta le tesi tunisine. E per questo
martedì 1 aprile hanno fatto eseguire una seconda
autopsia sui resti di Milena. Mentre aspettano i
risultati degli ultimi due fermi della polizia di Nabeul,
compreso quel Sami considerato il fidanzato ufficiale di
Milena. Comunque manderanno anche un investigatore
privato in Tunisia e chiederanno di costituirsi parte
civile al processo
"Se sono venuti fuori
altri particolari dallautopsia? Altrochè - spiega
Matteo Milani, 45 anni, zio di Milena e assessore
comunale - Il corpo della ragazza presenta delle
mutilazioni. Insomma, non ci sono più nè le dita nè
gli anelli che avevamo visto ancora a Nabeul. Le hanno
tolto anche la collanina, e la testa è staccata dal
corpo. Per questo i medici legali hanno detto che è
impossibile stabilire le cause della morte. Il fatto è
che hanno ridotto tutto in modo da impedire altre
verifiche".
Oppure la bicicletta che
la ragazza usava quel 23 novembre del 95:
"Quando labbiamo trovata il lucchetto nella
ruota posteriore era aperto e senza chiave. Milena
lavrebbe chiusa, invece dicevano che laveva
lasciata lei così".
E duro con le
autorità tunisine, Matteo Milani. Ma per loro, i
familiari, è quasi peggio quello che non hanno fatto le
autorità italiane: "Il dottor Grande della
Criminalpol era in aereo con noi, lultima volta. E
ha fatto di tutto per scoraggiarci a indagare
ancora". Ancora: laccusa contro ministeri e
investigatori è "di non aver mai chiesto nulla ai
tunisini. La casa del giovane accusato infatti non
lhanno mai vista, è stata la tv a riprenderla e a
consegnare il nastro a uno di noi per portarlo fuori.
Altro che indagini: noi eravamo presenti, abbiamo visto
cosa facevano. E cioè che erano più preoccupati di
controllare noi che di indagare".
E
quellavvocato-faccendiere tunisino che appena 10
giorni fa vi disse "Ho visto Milena"?
"E un uomo che tratta direttamente con i
politici, conosce anche personaggi influenti in Italia,
ha buone credenziali. Almeno credevamo. Ma degli incontri
con lui erano informati anche polizia e ambasciatori. Non
aveva mai parlato di soldi, caso mai, diceva, a cose
fatte. Invece Milena lhanno trovata sotto
terra...".
E adesso cosa vuole, cosa
chiede la famiglia di Milena? "Vogliamo sapere
quando è morta veramente - sospira Matteo Milani -
Vogliamo la certezza e la tranquillità sui tempi e sui
luoghi. Se la ragazza è morta subito, come racconta
Mounir. Oppure se è rimasta in vita ancora. E allora per
noi sarebbe un omicidio di Stato".
Alessandro Mognon
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