Usl, nel
bilancio la salute va in rosso
I
paradossi della cosiddetta "gestione
manageriale" delle Unità sanitarie locali. Una
strana "impresa" dove i direttori generali
invece di razionalizzare le spese ma puntare alla
qualità sembrano pensare più al risparmio e
allimmagine. Senza preoccuparsi in fondo se il
prodotto finale, cioè la salute dei cittadini, è
realmente migliorato
Gestione manageriale. Due
parole per evocare il fantasma dellefficienza. Due
parole che evocano tuttaltro genere di ectoplasma
nel caso specifico delle Unità sanitarie locali.
Chiunque abbia avuto
loccasione di avventurarsi nel territorio della
sanità pubblica sopravvissuta allopera di De
Lorenzo, sa bene che lefficienza non abita da
quelle parti. Ma perché la gestione manageriale non ha
funzionato?
Gestione manageriale:
anche i bambini sanno che si tratta di gestire
razionalmente unimpresa finalizzata a produrre
profitto. Trasferendo lo stesso concetto dallambito
dellimpresa privata a quello della cosa pubblica,
la gestione manageriale dellUsl dovrebbe essere
finalizzata a produrre salute. Invece, produce caos.
Concretamente non sono né
salute né profitto il fine dei manager dellUsl.
Riguardo allefficienza, è meglio stendere un velo
pietoso. Lo scopo dichiarato di gran parte di questi
funzionari è il risparmio.
Ovviamente non mancano le
situazioni in cui nelle aziende private si rendono
necessari tagli e ridimensionamenti, ma si tratta in
questo caso di salvare il salvabile in vista
dellunico fine possibile: il profitto. Ci sono
anche imprese che non funzionano a scopi di lucro ma per
produrre assistenza e servizi. Ma comunque,
unazienda privata che funzionasse al solo scopo di
produrre risparmio incarnerebbe un paradosso vivente.
Nel caso dellUsl il
risultato non è solo paradossale, ma anche
controproducente. Infatti, i maghi del risparmio spesso
non riescono a far sparire il disavanzo, ma
misteriosamente riescono a moltiplicarlo. Per non parlare
di come riescano a far materializzare disordine e
disservizio là dove prima cerano piccole ma
rigogliose isole di efficienza.
Esaminiamo le credenziali
di questo boss del paradosso: il manager dellUsl.
Non tutti possono diventarlo. Il Direttore Generale delle
varie Usl viene nominato dalle Regioni. Ufficialmente,
sono necessarie una laurea e una provata esperienza in
campo dirigenziale. Ufficiosamente la scelta degli eletti
avviene tra le solite fila dei soliti burocrati. Buone
capacità nel campo delle pubbliche relazioni
costituiscono come sempre un requisito preferenziale.
Molto raramente il manager
dellUsl proviene dal privato. Quasi sempre gli
esperti incaricati di importare il mito
dellefficienza privata sono funzionari pubblici.
Come abbiamo visto,
lobiettivo dichiarato è il risparmio. Non che
sulla carta si ammetta che la qualità dei servizi sia da
dimenticare, infatti si tende a parlare di
"risanamento". Ma nella pratica, le cifre
tagliate possono essere documentate ed esibite come fiore
allocchiello, mentre la qualità, ovviamente, non
si può quantificare.
In compenso capita spesso
che, in questi tempi di vacche magre, ingenti somme
vengano spese in "immagine". Uffici e
ambulatori cadono letteralmente in pezzi, personale e
materiale di prima necessità scarseggia, ma al manager
sembra molto più vantaggioso investire capitali in un
nuovo logo, o in gadgets magari di ottima qualità ma
completamente inutili. Vengono aperti siti Internet, ma
gli uffici non dispongono nemmeno di un misero fax.
Infine dietro il simulacro
del risparmio appare lautentico obiettivo
prioritario dei Direttori Generali: lesibizione, la
facciata, limmagine.
In unazienda privata
(non parlo delle tante aziende che vivacchiano alle
spalle dei contributi pubblici, ma delle vere aziende
private) il concreto, ovvero il profitto, alla fin fine
si dimostra un requisito irrinunciabile.
Prendiamo il caso in cui
il manager non solo non riesca a centrare
lobiettivo del risparmio, ma peggiori la
situazione, realizzando un bel buco di centinaia di
miliardi. Di fronte ad un risultato del genere, le
prospettive di un manager privato sarebbero
tuttaltro che rosee.
Ben diverso il caso del
manager Usl. Come abbiamo visto, in genere proviene dal
settore pubblico, il che gli permette di mettersi in
aspettativa e conservare la tranquilla sicurezza del
posto di lavoro. Male che vada, il manager che ha fallito
si vedrà negare il rinnovo del contratto da parte della
Regione, e sarà costretto a tornare al lavoro di prima,
non senza aver incassato uno stipendio da favola.
Ovviamente, non si tratta di bollare di infamia
unintera categoria. Come capita spesso in Italia,
la scelta di svolgere un buon lavoro viene abbandonata
interamente sulle spalle del singolo individuo. Il guaio
è che la buona volontà non basta, ci vuole una ferrea
determinazione per contrastare i meccanismi di un sistema
che premia chi bara.
Infatti, risulta molto più semplice e gratificante
unattività dannosa ma che promuova risultati
immediati e documentabili. Ad esempio, è abbastanza
facile raggiungere buoni risultati in breve tempo: basta
tagliare indiscriminatamente, operare cambiamenti inutili
ma vistosi, buttare via soldi in immagine. Peccato che i
risultati rimangano positivi solo sulla carta.
Tentare un vero risanamento, basato su una strategia
anche a lungo termine, ma che salvi la qualità? In
questo caso, la qualità coincide con la pelle degli
utenti. Speriamo che qualcuno si ostini tenacemente a
considerarla un fattore importante.
Antonella di Martino
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