Il
mondo? Mi fa vomitare
Quella
che segue, raccolta da Roberta Paolini, è la
testimonianza di Elena L., "avida da sempre di
tutto: cibo, amore, attenzioni e successo". Una
racconto-confessione su come si diventa anoressiche senza
nemmeno accorgersene. Sentendosi veramente felici solo
quando la bilancia scende sotto i 40 chili; quando
diuretici e lassativi presi come caramelle "danno la
sensazione di essere puliti dentro"; quando la
propria magrezza diventa una sfida alle difficoltà della
vita. Fino ad arrivare alle soglie
dellautodistruzione
"Non ricordo
esattamente a quale età io abbia avuto il primo eccesso
bulimico. So con certezza però di non aver mai temuto di
provocarmi il vomito, sin da bambina quando sentivo di
non stare bene di stomaco mi mettevo le dita in gola e
provavo un grandissimo senso di sollievo quando riuscivo
a liberarmi dal cibo.
Sono stata, e sono
tuttora, una persona ingorda di tutto, di cibo, di amore,
di attenzioni e di successo. Ho sempre pensato che la
gente si prendesse gioco di me e per questo, per molto
tempo, ho desiderato essere una persona magra. Non ho mai
saputo se effettivamente il mio corpo fosse bello o
brutto, non mi sono mai veramente resa conto se fossi
effettivamente grossa oppure no. Mi affidavo al giudizio
altrui e in questo non ci vedo nulla di patologico, anche
perché ritengo che per la maggior parte delle persone
sia così: si tende sempre a cercare delle conferme al di
fuori.
Ad ogni modo, un giorno
qualcuno deve avermi fatto notare che non ero
propriamente una silfide e questo un po alla volta
mi ha fatto convincere che dovevo mettermi a dieta. La
cosa peggiore era il continuare a rimandare il giorno per
iniziarla, e tutte le volte mi abbuffavo dicendo
"tanto domani comincio una dieta ferrea". Ho
cominciato ad ingrassare verso i sedici anni, i miei
genitori mi dicevano che ero una bella ragazza ma che
dovevo necessariamente dimagrire. Il fatto è che ogni
volta che mi mettevo in testa di mangiare di meno
immancabilmente mi venivano delle crisi e cominciavo ad
ingurgitare una smodata quantità di cibo. Poi conobbi
una ragazza che mi disse che cera un modo per
riuscire a perdere peso, senza dover fare tanti
sacrifici(!): il vomito indotto.
Effettivamente ci avevo
pensato anchio, ma non credevo funzionasse davvero,
anche perché lo trovavo estremamente laborioso e lungo
come sistema. Comunque cominciai a rimettere il pranzo
tutti i giorni, per un paio di settimane circa, e riuscii
a vedere i primi risultati: persi circa quattro chili.
Volevo pesare 45 chili e mi ripromisi, non appena
raggiunta questa meta, di smettere. Ma con il passare del
tempo cominciai, visto che me lo potevo permettere, ad
abbuffarmi sempre più spesso: ora non rimettevo più il
pranzo, semplicemente lo saltavo, preferendo mangiare
quando mi sentivo triste o annoiata oppure per
festeggiare qualcosa. Tutto quello che mi capitava, fosse
bello o brutto, diventava una scusa per mangiare. La mia
vita ruotava totalmente attorno al cibo, del quale, tra
laltro, non sentivo neppure più il sapore, non ero
più capace di distinguere cosa significasse avere
appetito o sentirmi sazia. Lunica cosa che avevo
ben presente era una costante sensazione di nausea e poi
gli attacchi di colite, la tachicardia, il tremore e i
brividi di freddo.
Ma non smettevo di farlo,
raggiunsi i 42 chili e continuai a vomitare. Lo facevo
ovunque: al ristorante, a casa di amici, nei bagni
dell Università
Ma con il passare del
tempo il disgusto cominciò a crescere, iniziai ad
isolarmi, mi sentivo quellodore sempre addosso.
Sino a che un giorno smisi improvvisamente di farlo: non
so il motivo, forse ero stanca di vedere mia madre
piangere, forse volevo cominciare a godere di questo mio
corpo finalmente magro. Ma la paura per il cibo rimase,
una paura per il grasso più che per il cibo. Smisi di
mangiare, vissi con un paio di mele al giorno per circa
due settimane, cominciai ad usare diuretici poiché i
lassativi mi provocavano nausea e poi con il diuretico mi
sentivo più pulita, il senso di svuotamento che mi
davano era bellissimo. Così raggiunsi i 36 chili: ero
felice! Talmente felice da rinunciare a tutto, agli amici
e allamore. Li "usavo" solo per mostrarmi
in tutta la mia dignitosa magrezza. Non era più una
questione di dieta per diventare magra: la mia malattia
era, ed è, lunico modo per sentirmi preservata e
protetta da un mondo di cui ho paura e di cui non riesco
a comprendere il senso. Il fatto è che questo lo provano
tutti, ma non cè bisogno di attentare alla propria
vita per sentirsi vivi: io invece rischiai larresto
cardiaco.
Ora sono ingrassata di 10
chili, più o meno, e continuo ad avere eccessi bulimici.
Ma un paio di mesi fa ho rivisto unamica che aveva
le mie stesse abitudini alimentari, lei era arrivata a 35
chili e la trovavo bellissima. Ora forse pesa 70 chili,
mi sono spaventata e mi sono rivolta ad un internista mio
amico che mi ha indirizzata ad un centro specializzato.
Mi visiteranno tra breve, mi terrorizza lidea di
diventare così. Così sono sette giorni che non ho
eccessi bulimici
".
Elena L.
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