Una
"bicamerale" per
limmagine
Italia
Felice
Lioy, direttore generale dellUpa, propone
un "coordinamento nazionale" con il
supporto della presidenza del Consiglio per
rilanciare allestero uno stile e una
tradizione di qualità dei prodotti. In un Paese
che, dice, oggi spende in pubblicità la stessa
cifra della Corea del Sud
Anche
limmagine Italia, da un punto di vista
promozionale, ha bisogno della sua
"Bicamerale". Perché in fondo è
questa lidea che serpeggia da qualche tempo
tra pubblicitari, rappresentanti delle imprese ed
esperti di comunicazione: unire le forze (governo
compreso) per rifare il look ad una nazione che
oltre confine è vista ancora come una specie di
grande incognita, inaffidabile economicamente,
incomprensibile nella burocrazia e paralizzata
dalle beghe politiche.
"I francesi
si sono fatti un nome rispettabile con vini,
champagne e formaggi spiega Felice Lioy,
direttore generale dellUpa (Utenti
pubblicità associati) Tanto che nessuno
si sognerebbe di comprare uno champagne fatto in
un altro Paese, anche se costasse tre volte di
meno. Bene, questo è quello che dobbiamo fare
anche noi".
Facile a dirsi.
Ma come imporre uno stile, un marchio, una
tradizione che non cè?
"Con un
coordinamento nazionale continua Lioy
Un insieme di organismi che mobiliti le
risorse. Oggi ci sono tante realtà diverse che
vanno organizzate. Insomma dovrebbe essere un
grande progetto, magari con lavvallo della
presidenza del Consiglio".
Lioy comunque
della importanza della pubblicità (anche nel
senso di comunicazione fra imprese e di
marketing) è convinto: "Bisogna creare un
marchio, unimmagine, una nazione. E
vero che molte aziende venete, che non investono
in pubblicità, dicono che hanno superato grandi
difficoltà per avere successo. Ma oggi è
impossibile prescindere dalla pubblicità. Non mi
riferisco a quella televisiva, lì ce nè
anche troppa. Ma a tutto il campo della
promozione, della presentazione, degli sponsor.
Qui in Italia ci sono interi settori assenti:
banche, servizi, trasporti. La pubblicità che
fanno è pochissima, molto meno che negli altri
Paesi. Esempio: lItalia spende in
pubblicità come la Corea del Sud. Dico: la Corea
del Sud. E come la Cina, che avrà anche un
miliardo di abitanti ma come economia non è
neanche paragonabile".
Perché alcuni
studi recenti (Eurispes) dicono che non è tuto
rose e fiori, che in tv la pubblicità non è poi
così seguita?
"Perché sono
invidiosi, potrei citare altrettanti studi che
provano il contrario. Prendiamo lauditel
(il sistema di rilevamento dei contatti tv
attraverso famiglie campione), di cui lUpa
è socia con altri partner: ogni 30 secondi
misura le presenze, e sono veramente pochi quelli
che non seguono gli spot".
Ci sono i
grandi progetti, le grandi aziende. Ma anche le
piccole imprese, che hanno altre esigenze. Come
può rientrare in un discorso di strategia
pubblicitaria chi produce macchinari industriali,
utensilerie, componentistica?
"Sul mercato
si resta solo attraverso la comunicazione. Anche
quella tra imprese. E questo è uno dei settori
della pubblicità. Anche per il Veneto che di
fronte al mercato aperto deve farsi una cultura
pubblicitaria, in senso generale. Certo la
piccola impresa deve avere ben chiari gli
obbiettivi che deve raggiungere. E non avere
paura di investire, per i primi tempi, anche con
ritorni modesti".
Insomma una
scommessa sul futuro. Come Internet?
"Internet, a
mio parere, ha una funzione nel business to
business, nelle aziende che parlano con altre
aziende. Molte ditte producono per altre ditte,
ma non sanno come comunicare. E Internet su
questo è una soluzione. Poi è anche mezzo di
informazione sui prodotti e in particolare sui
servizi".
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