L hi-tech e
la filosofia dellinutile
Sembrerà
anche banale, ma in realtà larticolo di Douglas
Rushkoff, pubblicato sul "Guardian On Line" in
febbraio, mette in luce un aspetto del mondo
dellinformatica troppo ignorato. Per capire basta
una domanda: tra decine di tipi di computer, migliaia tra
programmi software e prodotti hi-tech, cosè
veramente necessario? Le oramai inarrestabili piogge di
offerte super tecnologiche sul mercato che promettono
miracoli e comodità sono realmente un vantaggio per la
nostra vita? E come distinguere lutile
dallinutile? Ecco cosa ne pensa Rushkoff.
"Questa dovrebbe
essere una R, non una P" ripetevo al povero addetto
che in lotta con la minuscola penna-puntatore cercava di
scrivere il mio nome e indirizzo. In genere non sono un
tipo impaziente, ma starsene in piedi in un salone di una
fiera di informatica ad aspettare mentre qualcuno tenta
di "inserire i miei dati" in un Personal
digital assistant (Pda, sono le lavagnette computerizzate
che dovrebbero riconoscere e tradurre la calligrafia di
chi scrive: ndr) non è il modo migliore per passare il
tempo.
Uno di questi Pda, ad
esempio, richiede allutente di prendere le lettere
da una lista e inserirle in una piccola finestrella. Un
altro cerca di riconoscere la tua scrittura una lettera
per volta. Il tutto in una lavagna di dimensioni adatte,
forse, ad un popolo di Lillipuzziani.
Poi cera chi invece
di prendere semplicemente i dati della mia carta di
credito, voleva a tutti i costi inserirla e
scannerizzarla nella sua apparecchiatura tascabile, per
poi ritrovarsi un sacco di errori nei dati registrati a
causa dei limiti del sistema di riconoscimento. Ignorando
la carta avrà anche salvato molti alberi, ma mi ha fatto
sprecare un mucchio di tempo.
Ancora: larrivo del
nuovo sistema operativo Windows CE della Microsoft per
gli Hpc (i cosiddetti organizer, piccoli computer che
stanno su una mano) è solo lultimo di una lunga
serie di innovazioni tecnologiche il cui unico scopo è
quello di vendere prodotti di cui nessuno ha in realtà
bisogno. Sebbene il nuovo sistema offra una mini versione
di programmi come Word, Excel e perfino un Web browser,
la verità è che si tratta dellennesimo tentativo
delle aziende di vendere uno strumento inutile. Carta e
penna sono molto più comodi da tenere in tasca e sempre
pronti per luso. E vanno altrettanto bene un
computer portatile e un telefono cellulare.
Certo non si tratta di un
sistema nuovo. I commercianti da sempre si preoccupano su
come vendere prodotti senza valore, magari spacciandoli
per oggetti di moda e allultimo grido, proponendo
una specie di feticismo di mercato.
I produttori di hi-tech
sono una caso speciale, e i fan dellalta tecnologia
(come me) devono imparare a distinguere tra il vero
progresso e le operazioni di mercato. Così la regola che
uso nel valutare una nuova tecnologia è quello di
scoprire se questa è stata pensata per rispondere ad un
bisogno delluomo o piuttosto per crearne uno.
Quando studiavo
allIstituto dArte della California il motto
della scuola era "Non cè tecnica prima della
necessità". Insomma, non ci insegnavano nulla che
potesse influenzare le nostre predisposizioni, ma solo
tecniche che ci aiutassero a sviluppare e accelerare le
nostre scelte artistiche. Questa è la filosofia che
dovrebbe essere applicata anche alla tecnologia. Solo
perché siamo in grado di creare un nuovo dispositivo non
significa che dobbiamo trovare a tutti i costi un modo di
usarlo. Quindi la classica risposta "Si fa perché
devessere fatto" è un argomento che serve
solo per giustificare la scalata del Monte Everest.
Risultato: il perverso (e
inverso) sistema di commercializzare tecnologia inutile
per confondere i consumatori alla fine mette in
difficoltà anche quelli che hanno vere necessità. Così
invece si fa diventare ogni nuovo strumento
nientaltro che un gadget e si crea diffidenza e
sospetto verso le innovazioni che magari potrebbero
servire veramente.
Guarda caso, molte di
queste innovazioni sono ispirate da necessità vere e non
da improvvise scoperte tecnologiche. Prendiamo
linventore Trevor Baylis: mentre guardava un
documentario della Bbc sullAids in Africa si rese
conto che le scarse possibilità di comunicazione erano
una delle cause delle gravi carenze sanitarie e culturali
del Paese. E lostacolo principale a questo problema
era perfino banale: lalto costo e la scarsa
disponibilità di batterie. Così Baylis sviluppò la
prima radio a "energia umana" (si carica
girando una manovella e dura per ore), oggi in uso a
dozzine di associazioni umanitarie e di volontariato e
vendute in tutto il Terzo Mondo.
Conclusione: le
innovazioni tecnologiche possono soddisfare
contemporaneamente necessità pratiche, sociali e anche
commerciali. Ma quando le priorità vengono
"ribaltate" dal mercato, preoccupato solo di
vendere ciò che non serve, si rischia la schiavitù da
eccesso di tecnologia.
A.M.
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