Quell"Uncino"
graffia ma non fa male
John Lee
Hooker, bluesman di vecchia razza, torna con il nuovo cd
"Dont Look Back", un lavoro curato e
professionale ma che non raggiunge le vette dei suoi
momenti migliori. Non manca qualche sprazzo del suo
carattere inconfondibile, ma per riascoltare la voce
aggressiva dei tempi di "The Healer" bisognerà
aspettare il ritorno di quel tocco unico che ha reso
"The Hook" (luncino) un fenomeno musicale
"Non
importa quello che si dice, è sempre la solita storia:
un uomo e una donna , un cuore a pezzi, una casa
distrutta: sapete cosa intendo". Questo scriveva
John Lee sulla copertina del suo più bellalbum,
"The Healer", vincitore del "Grammy"
nel 1989.
Prima di allora aveva
registrato un centinaio di ottimi album ma il grande
successo di pubblico non era mai arrivato. Da allora la
serie fortunata ha titolato album come "Mr
Lucky", "BoomBoom" e "Chill
Out", tutti bellissimi e fortunati. Si può
tranquillamente dire che con questi lavori "The
Hook" è sicuramente stato il primo artefice del
grande ritorno di interesse verso la musica blues degli
ultimi anni.
Questo nuovo cd
"Dont Look Back" segna sicuramente un
attimo di riflessione dellartista evidentemente
alle prese con un leggero calo di inspirazione. Si
presenta come un lavoro sicuramente ben fatto e sempre di
ottimo livello, ma rimanere sempre in vetta non è poi
così facile nemmeno per personaggi del suo calibro.
Prosegue anche la collaborazione con Van Morrison, ma
questa volta risulta eccessivamente morbida e di maniera,
caratteristica che snatura sicuramente
listintività aggressiva del nostro John (e il
blues non vuole certamente leziosità musicali).
Il lavoro non manca certo
di autorevolezza e le caratteristiche proprie di John Lee
ci sono tutte, il suo vocione risuona sempre con il
consueto vigore, la sua chitarra compone sempre sounds
inarrivabili per la loro semplicità e determinazione, ma
nel complesso il lavoro è sicuramente ripetitivo e non
bastano sicuramente i nuovi brani come "Red
House" a riscattarlo.
Sono quindi lontani i
tempi quando anche se non famoso come oggi faceva sentire
la sua influenza su tutti i gruppi blues e beat,
americani e inglesi con pezzi come "Dimples",
"Tupelo" o " Im in the mood",
ripresi un po da tutti i grandi come i "Canned
Heat" o i "Groundhogs".
Tornando al nostro cd,
bella sicuramente è la versione di "Blues Before
Sunrise" e con " Red House" si ascolta
sicuramente qualcosa di nuovo. Ma sono i lavori come
"Dimples" che non possono competere con le
straordinarie sue versioni precedenti, sia esse fatte in
perfetta solitudine che eseguite con personaggi del
calibro di Santana o Bonnie Raitt.
Rifacciamoci dunque al suo
periodo artisticamente più valido racchiuso negli anni
40-55 per dare comunque una valutazione positiva ad
un artista che sempre e comunque è rimasto fedele alla
sua arte facendo crescere artisticamente gente del
calibro dei Rolling Stones, John Mayall, Animals, Johnny
Winter, che nel corso della loro carriera hanno sempre
denunciato evidenti influenze Hookeriane nei loro lavori
.
Hooker
rimane sempre senza dubbio uno dei bluesmen più
prolifici eversatili, perfettamente a suo agio sia nel
delta blues che nel rhitm, la sua chitarra sostiene
sempre con corpose e marcate sonorità le più svariate
correnti musicali, quindi non rimane che attendere il suo
prossimo lavoro per dare un giudizio definitivo. Nel
frattempo ascoltiamoci un po di più i suoi
precedenti album. Cosa che non fa mai male
Marco Pasetto
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