FAUSTO
ROSSI - EXIT
(Target)
Una volta
Fausto Rossi incideva per le majors e i suoi versi
atipici ("Elettrico viola autostrada mattino")
riempivano le frequenze delle appena nate radio libere. I
Litfiba e i CCCP andavano ancora a scuola e toccava a
gente come lui dare le prime scosse al confine tra new wave
e canzone italiana, tracciando la strada in cui sarebbero
infilate molte bands degli anni '80. Le curiose leggi
della discografia vogliono che oggi Litfiba e compagnia
siano al governo della canzone italiana e Fausto Rossi
sia invece saldamente all'opposizione. Dopo "Love
Story", ha abbandonato il vecchio pseudonimo e si è
ritirato in un angolo di campagna italiana a masticare
strofe amare. Nel 1995 ha prodotto l'ottimo esordio dei
Massimo Volume e pubblicato un disco soprendente per la
sua coerenza e maturità, "L'erba", in cui
affioravano suggestioni anni '70 fin da titoli come
"La scienza il progresso la nuova nobiltà".
Oggi ritorna con un album
forse ancora più aspro e meno incline a compromessi, dal
titolo (forse rivelatore) di "Exit". Testi
lunghissimi, privi di qualunque ritornello e ripetizione,
densi di immagini e di pensieri evocativi. Potrebbe
essere liquidato come un lavoro - ardita finché si
vuole - di stampo cantautorale. E forse per certi versi
lo È (la musica asciutta e prevalentemente al servizio
delle parole, la voce in primo piano). Ma il coraggio
spudorato di cantare di cantare disperatamente l'oggi ne
fanno un disco rock. Caso quasi isolato in Italia, Fausto
Rossi ha capito che il rock può e deve esprimere oggi la
decadenza e la paura generazionale così come alle
origini cantava il sogno e la frenesia giovanile. Non è
un ascolto facile, quello di "Exit" e non è
neppure consolatorio come quello di molti altri cantori
della decadenza, giacché Fausto ci avverte è
anche i mostri stessi della ragione, le nostre paure cosi
solide e rassicuranti non sono altro che illusione
davanti a una realtà ben più secca e squallida. I più
attenti riconosceranno in gemme scabre e sgraziate quali
"Ora che ho visto" ed "Exit" la piena
evoluzione delle promesse mai mantenute di certo rock
italiano d'antan (l'ispido Juri Camisasca di "Una
finestra dentro"). I più critici noteranno un forse
eccessivo compiacimento tipicamente 'maudit' ("Mi
sveglio e faccio schifo", per citare solo un incipit
assai sintomatico).
Se vi piace Cline e
certa scrittura estrema (oh mica lo squallido
spaghetti-pulp praticato da certi pennivendoli di casa
nostra) fate pure. Altrimenti state alla larga: questo
dischetto all'apparenza innocuo richiede nervi saldi e
stomaco forte. Questo Fausto Rossi lo sa bene, e dal suo
buen ritiro se la ghigna di gusto.
Massimiano Bucchi
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