Index MUSICA - Giugno 1997

FAUSTO ROSSI - EXIT (Target)

Una volta Fausto Rossi incideva per le majors e i suoi versi atipici ("Elettrico viola autostrada mattino") riempivano le frequenze delle appena nate radio libere. I Litfiba e i CCCP andavano ancora a scuola e toccava a gente come lui dare le prime scosse al confine tra new wave e canzone italiana, tracciando la strada in cui sarebbero infilate molte bands degli anni '80. Le curiose leggi della discografia vogliono che oggi Litfiba e compagnia siano al governo della canzone italiana e Fausto Rossi sia invece saldamente all'opposizione. Dopo "Love Story", ha abbandonato il vecchio pseudonimo e si è ritirato in un angolo di campagna italiana a masticare strofe amare. Nel 1995 ha prodotto l'ottimo esordio dei Massimo Volume e pubblicato un disco soprendente per la sua coerenza e maturità, "L'erba", in cui affioravano suggestioni anni '70 fin da titoli come "La scienza il progresso la nuova nobiltà".

Oggi ritorna con un album forse ancora più aspro e meno incline a compromessi, dal titolo (forse rivelatore) di "Exit". Testi lunghissimi, privi di qualunque ritornello e ripetizione, densi di immagini e di pensieri evocativi. Potrebbe essere liquidato come un lavoro - ardita finché‚ si vuole - di stampo cantautorale. E forse per certi versi lo È (la musica asciutta e prevalentemente al servizio delle parole, la voce in primo piano). Ma il coraggio spudorato di cantare di cantare disperatamente l'oggi ne fanno un disco rock. Caso quasi isolato in Italia, Fausto Rossi ha capito che il rock può e deve esprimere oggi la decadenza e la paura generazionale così come alle origini cantava il sogno e la frenesia giovanile. Non è un ascolto facile, quello di "Exit" e non è neppure consolatorio come quello di molti altri cantori della decadenza, giacché‚ Fausto ci avverte è anche i mostri stessi della ragione, le nostre paure cosi solide e rassicuranti non sono altro che illusione davanti a una realtà ben più secca e squallida. I più attenti riconosceranno in gemme scabre e sgraziate quali "Ora che ho visto" ed "Exit" la piena evoluzione delle promesse mai mantenute di certo rock italiano d'antan (l'ispido Juri Camisasca di "Una finestra dentro"). I più critici noteranno un forse eccessivo compiacimento tipicamente 'maudit' ("Mi sveglio e faccio schifo", per citare solo un incipit assai sintomatico).

Se vi piace C‚line e certa scrittura estrema (oh‚ mica lo squallido spaghetti-pulp praticato da certi pennivendoli di casa nostra) fate pure. Altrimenti state alla larga: questo dischetto all'apparenza innocuo richiede nervi saldi e stomaco forte. Questo Fausto Rossi lo sa bene, e dal suo buen ritiro se la ghigna di gusto.

Massimiano Bucchi