Una
Ferrari made in Veneto
Padovano,
ex pilota di Formula 3000 poi fondatore di una scuderia
in provincia di Venezia, Ivone Pinton sta per realizzare
il sogno di portare una sua macchina in Formula 1
chiedendo i 25 miliardi necessari per una stagione ad
imprenditori del Triveneto. Progettata dallex
disegnatore Ferrari e Williams, Enrique Scalabroni, con
motore Zytek o forse giapponese, gomme Bridgestone e
magari un pilota italiano, già questanno la
"Durango" potrebbe inziare le prove. Per
lesordio accanto a Hill e Schumacher nel 98
Gli inglesi la
chiamerebbero "factory", ovvero la
casa-laboratorio dove si studiano le segrete alchimie
capaci di dare quei due decimi in piu' al giro che fanno
vincere le gare. Anche a cavallo di Padova e Venezia, a
Mellaredo di Pianiga ce n'è una, che riproduce
esattamente l'ambiente dei grandi team. Entrando nel
grande cubo si incrociano sensazioni da pista: meccanici
curvi sul telaio di una monoposto, il rumore straziante
di un motore in prova, i mezzi da trasporto, camion e
pullmann con la scritta "Durango Equipe".
Ed è proprio, qui in
terra Veneta, che sta prendendo forma un sogno cullato da
anni di lavoro, sbarcare in Formula 1, confrontarsi con i
grandi team. Costi proibitivi? Tecnologia raffinata?
Organizzazione al top? Non sono un problema, almeno non
per Ivone Pinton, 44 anni, profondi occhi scuri, che è
l'anima di questa scuderia. Da quando ha smesso tuta e
casco ed è diventato team manager in Formula 3000 non ha
avuto che un solo pensiero. Ed ora finalmente, dopo
undici anni, ha la possibilità che si realizzi. Lo
abbiamo incontrato nel suo "regno".
Pinton, prima di tutto
ci deve dire dove ha trovato i finanziamenti...
«Gli imprenditori del
triveneto amano molto chi come noi dimostra passione per
il proprio lavoro, venendo qui anche il sabato e la
domenica se necessario. Contiamo molto su di loro perchè
ci stanno seguendo da vicino. Abbiamo calcolato che non
ci vorranno meno di venti, venticinque miliardi a
stagione e naturalmente per questo dovranno entrare altri
soci. La squadra passerà a circa una trentina di
persone assunte a tempo pieno. Per i primi tre anni però
faremmo solo da assemblatori, gestendo il team come la
Formula 3000. Poi, se va bene, diventeremo anche
costruttori totali, ma in questo caso dovremmo arrivare a
150, e mandarne alle corse almeno 80».
In secondo luogo
occorre un progetto tecnico all'altezza..
«Qui siamo fortunati
perchè siamo entrati in contatto con uno dei maggiori
progettisti della Formula 1, l'argentino Enrique
Scalabroni (ex Ferrari e Williams, per intenderci). E'
lui il nostro consulente per lo sviluppo del telaio che
abbiamo già costruito in Francia, dove nascono i telai
Ligier. Stiamo trattando
il suo arrivo a tempo pieno nella nostra squadra.
Certamente all'inizio non potremmo disporre di tutte le
soluzioni innovative come i grandi team, ma quando avremo
i cinque o sei miliardi che occorrono per queste saremo
al top».
Motore e gomme?
«Abbiamo una trattativa
in fase avanzata con un motorista e un'altra legata al
nostro progettista che ci porterebbe a usare un
propulsore giapponese aprendoci addirittura una
prospettiva ancora migliore. La prima si riferisce a John
Judd, il preparatore inglese che sotto la sigla Zytek ci
ha fornito i motori fino a questo momento, sviluppati da
propulsori Yamaha. Della seconda non possono ancora dire
nulla. Di sicuro non voglio avere un motore con così
pochi cavalli da farci fare l'ultima fila. Per le gomme
la Bridgestone potrebbe darci una mano e approfittando
del fatto che sta entrando in Formula 1, farcele pagare
meno della Good Year».
Come le è nata la
passione?
«Io correvo in macchina
nell'84, quindi la passione l'ho sempre avuta. Poi ho
conosciuto Enrico Bertaggia, un giovane pilota che è
venuto a vedere le mie ultime cinque corse. Gli ho dato
la mia macchina e sul circuito di Misano è partito in
prima fila. La soddisfazione è stata
tale per me che era come
se dentro la macchina ci fossi io. Così ho capito che
potevo ricavare così la stessa soddisfazione che
correre».
Quando vedremo la
Durango in pista?
«Veramente noi vorremmo
cominciare a provare già quest'anno. Ma non voglio
ritrovarmi con un progetto vecchio che prende cinque
secondi al giro. Aspetterò di avere una vettura curata
nei particolari. Sfrutterò i circuiti italiani per
sgrossare la macchina».
Ci sono nomi per i
piloti? In zona abbiamo "personale altamente
qualificato"... «Se si riferisce a Patrese e
Luca Baoder, magari riuscissi ad averli. Ma Riccardo ha
già avuto il massimo, non so se vorrebbe sedersi su una
vettura che non ha tutto quel potenziale. Ma i piloti per
noi non sono un grosso problema, ce ne sono tanti di
bravi sui cui scegliere. Certo mi piacerebbe un italiano
come prima guida. Ci capiamo meglio sia tecnicamente che
economicamente. Lo straniero che arriva e porta soldi
pretende, quello che non li ha si comporta freddamente».
Uno sguardo verso
Benetton?
«Farci aiutare da loro
sarebbe il massimo. Ma prima voglio dare dei risultati.
E' la mia migliore garanzia».
Mauro Giacon
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