Il Grande
Fratello
Avere
quel cognome adesso non è facile: Viviane Senna faceva
la psicologa, era timida e riservata, aveva la sua
famiglia e seguiva il fratello Ayrton più in tv che dal
vivo. Poi la tragedia di Imola nel 94 e pochi mesi
dopo la morte del marito su una moto lhanno
cambiata. Ora, mentre inizia il processo per
quell'incidente senza spiegazioni, Viviane lavora a tempo
pieno per la Fondazione Senna, voluta dallex pilota
per aiutare i ragazzi più sfortunati. "Lui voleva
così, ora io glielo devo...".
Giovedì 20 in un aula del
tribunale di Imola è iniziato il processo per la morte
di Ayrton Senna. Una morte "sul lavoro" di cui
ancora si cercano le cause. I sospetti cadono tutti sul
piantone dello sterzo, modificato poco prima
dell'incidente. Anche perchè la dinamica di quell'uscita
di strada a oltre 250 all'ora, il 1° maggio del 1994
durante il Gp di San Marino, è sempre rimasta strana e
misteriosa. Anche perchè alla guida c'era forse il
miglior pilota delgi ultimi decenni. Così due sono le
ipotesi: un malore di Senna o una rottura improvvisa.
Deciderà il tribunale. La famiglia? Non cerca colpevoli.
Come la sorella di Ayrton, Viviane. Prima era una
psicologa. Aveva una bella famiglia,un marito, dei figli, un lavoro interessante
a S. Paolo del Brasile. Ma d'improvviso, dal primo maggio
del '94 la sua vita è cambiata. Perchè Viviane Senna,
da quel momento non è stata piu' la stessa. La morte
dell'adorato fratello Ayrton, in quel tragico Gran premio
e successivamente quella del marito, pochi mesi dopo, per
un incidente in moto, l'hanno trasformata, ma non si è
arresa. Lo dichiarano i suoi profondi occhi scuri, di
un'aerea dolcezza, quella stessa che sprigiona soltanto
chi è passato attraverso grandi dolori.
Oggi Viviane, sorella del
piu grande talento dell'era moderna delle corse, non fa
piu' la psicologa, ma aiuta la sua gente in un altro
modo, per obbedire al rispetto di una parola data.
«Sì è così. Pochi mesi
prima della sua scomparsa Ayrton mi parlò di un progetto
che aveva in mente. Voleva aiutare i bambini piu' poveri
del Brasile perchè avessero le stesse opportunità di
quelli piu' ricchi. Non riusciva a sopportare l'idea che
un bambino solo perchè era nato in una condizione
sfortunata, non potesse studiare. Lui desiderava che
tutti fossero messi nella condizione di esprimere il
proprio potenziale. Mi diceva che anche lui aveva
sofferto prima di vincere, per non avere avuto le
condizioni ideali. Purtroppo non ha potuto mettere a
punto i particolari della sua idea, ma mi aveva chiesto
di occuparmene».
Ed è per questo che ora
Viviane è presidente della Fondazione Senna,
un'organizzazione che attraverso la raccolta di fondi sta
dando vita a diciotto progetti in undici diverse regioni
del Brasile che riguardano tanto la sconfitta della fame
quanto la possibilità di studiare o di trovare un
lavoro. Ogni giorno i guadagni derivanti dalla vendita
dei prodotti col marchio Senna (6 milioni di dollari
all'anno) salvano dall'abbandono e dalla delinquenza
decine di migliaia di bambini.
«Vede - continua - io non
avrei mai pensato tre anni fa di trovarmi in questa
situazione. Non sono fatta per stare sotto i riflettori,
ma Ayrton mi ha insegnato che non ci sono ostacoli se
vogliamo veramente fare una cosa e, del resto le
potenzialità umane sono talmente ampie che veramente non
c'è cosa che noi non possiamo imparare. Ayrton mi disse
un giorno che per avere successo aveva dovuto impegnarsi
totalmente, superare i suoi limiti e dare il meglio di
sè. Lo stesso sto cercando di fare io, con dedizione,
proprio come sarebbe piaciuto a lui». Dal primo maggio
del '94 l'amore per Ayrton non è diminuito, anzi sono
sempre più le persone nel mondo che dimostrano di amarlo
in tutti i modi... «lo credo che questa sia la
dimostrazione di quanto Ayrton fosse una persona vera.
Nella sua vita lui ha amato molte persone, ha dato amore
a tutti quelli che gli volevano bene. Adesso questo amore
sta ritornando, attraverso tante altre persone che glielo
stanno ridando».
Cosa pensa dell'inchiesta
sulla morte di Ayrton? «La famiglia non si è costituita
parte civile, Ayrton diceva che la vita è troppo breve
per avere dei nemici. Personalmente divido l'incidente
dalla morte. Il primo è stato la causa di un cedimento
ma se i suggerimenti di Ayrton fossero stati ascoltati in
quel punto non ci sarebbe stato un muretto ma una curva
piu' lenta». Qual'è stato a suo giudizio il suo
successo piu' grande? «Quello di amare gli esseri umani
e di non vergognarsi di dimostrare i propri sentimenti. I
sentimenti sono il combustibile della vita. Io ho il
privilegio di piangere, mi diceva, oggi tante persone non
lo fanno piu'».
Ha contato molto la fede
in voi? «Sapete che Ayrton portava sempre una Bibbia con
sè nella valigetta. Aveva sottolineato un verso di Isaia
che diceva: "Ma quelli che sperano in Dio
cambieranno forza, spunteranno penne come le aquile.
Correranno e non si stancheranno, andranno e non avranno
affanno". Ecco Dio era la sua forza, il suo
ispiratore. Leggendo la Bibbia a lui sembrava di
parlargli».
Qual'è la cosa che le ha
insegnato di più Ayrton? «Di essere fedeli a se stessi,
fedeli a ciò che siamo veramente, senza permettere che
altri ci cambino e senza essere noi stessi a mettere una
maschera. Per me è questa la grande lezione di Ayrton»
risponde con un po' di emozione.
E lei è fedele a se
stessa? «Io ci sto provando, da qualche tempo».
Mauro Giacon
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