Aiutatemi
a chiedere aiuto
Il
primo problema che deve superare l'anoressica è quello
di riconoscere che è malata e farsi capire da chi le sta
vicino. Poi deve prepararsi ad una terapia lunga e
faticosa, fatta di dialoghi con lo psicologo e di
sostegno farmacologico. Perchè sconforto e ricadute sono
un pericolo costante
Come poter curare
lanoressia, come riuscire a debellare questa
patologia quando in Italia neppure negli ospedali
cè un reparto dedicato ai disturbi del
comportamento alimentare ?
La cosa sconcertante è che non
mancano solo strutture ma molti medici e psicologi, con
le dovute eccezioni, risulta impreparato ad affrontare
adeguatamente il fenomeno giacchè, lo ripetiamo, la
chiave dellanoressia non è stata ancora trovata.
Il momento più importante
e delicato è proprio lincapacità di riconoscere
questa malattia come una malattia, e quindi molto spesso
lammalato non riesce a causa di questa mancanza di
consapevolezza a chiedere aiuto. Vi è un sentimento di
inadeguatezza che imprigiona letteralmente
lanoressica o la bulimica e che difficilmente si
può tradurre in una formale domanda di aiuto. Senza
dimenticare che quando si decide di guarire i momenti di
squilibrio restano e la rieducazione
allaccettazione della propria immagine oltre che ad
una adeguata alimentazione è un cammino lungo e
faticoso, pieno di ricadute.
Sino ad ora si sono
sviluppati due fronti di intervento: uno che possiamo
definire psichiatrico ed uno psicologico. Per
semplificare, anche se siamo al limite della
banalizzazione, lintervento psichiatrico prevede
lutilizzo di psicofarmaci mentre quello psicologico
si avvale principalmente del colloquio.
Scegliere tra queste due
prospettive non è certo facile, ma il problema non è
questo.
Il problema principale è
riuscire a formulare una richiesta di aiuto in modo da
poter permettere ai medici di intervenire in maniera
adeguata.
E dunque
fondamentale che i medici comincino ad avvalersi degli
psicologi e anziché scannarsi vicendevolmente in
dibattiti televisivi, decidano di collaborare.
Infatti il colloquio di
cui si avvale lo psicologo non può bastare da solo a
ristabilire un equilibrio non solo mentale ma anche
fisico irrimediabilmente compromesso, senza dimenticare
che ritenere che la psiche ed il soma siano due universi
distinti è unaggravante dellanoressia. Visto
che la malattia stessa è espressione di una scissione
tra corpo e mente.
Ma se la terapia viene
svolta da unéquipe di medici e di psicologi forse
le possibilità di guarigione aumentano.
La terapia deve dunque
essere articolata in un momento psicologico sia
individuale che di gruppo in cui si tenta di formulare la
domanda di aiuto, o meglio, dove si tenta di articolarla
in un linguaggio comprensibile a tutti e non solo agli
anoressici. Poi un momento di rieducazione alimentare
preceduto da accertamenti minuziosi; quindi
lintervento di un internista e di un dietologo ed
infine un ulteriore momento di intervento psichiatrico
dato che le ricadute sono numerose. Per questo molto
spesso è di aiuto tentare di uscire da certi meccanismi
tramite psicofarmaci, sempre comunque assunti sotto
strettissimo controllo medico.
Tutto ciò per aiutare
lanoressica a non colpevolizzarsi ed a comprendere
che il corpo ad un certo punto, stremato da tutti gli
squilibri cui è sottoposto, comincerà a difendersi e a
non rispondere più a determinate direttive: scattano
allora alcuni meccanismi cerebrali che necessitano di un
intervento farmacologico.
Ora questa prospettiva di
interventi sinergici non è facile da realizzare anche
perché vi è la necessità di seguire costantemente un
malato per tempi molto lunghi, ed ha sicuramente dei
costi elevati per quanto riguarda la sua attuazione. Ma
già un avvicinamento tra medicina e psicologia potrebbe
giovare non poco.
Roberta Paolini
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