Index Cinema - Luglio 1997


Il mio nome è Brosnam, Pierce Brosnam

Non ha dovuto confrontarsi direttamente con l’agente-mito di Sean Connery perché è arrivato dopo i Roger Moore e i Timothy Dalton. Ma l’ultimo 007 del cinema, irlandese e guarda caso sposato con una ex Bond-girl, ha superato bene l’impatto. Anche perché, da spettatore, i film di James Bond se li era già visti tutti…

Quando al Festival di Cannes del 1995 la croisette ospitò lo stand di The Goldeneye, Pierce Brosnam, attorniato da splendide Bond-girls, aveva alle sue spalle una scritta che recitava "Conoscete il nome, conoscete il numero." Questo per dire che James Bond - 007, dopo trent'anni di onorato servizio sugli schermi di tutto il mondo e dopo essere stato impersonato da attori del calibro di Sean Connery e Roger Moore non ha bisogno di alcuna presentazione e che può continuare tranquillamente a raccogliere il successo che ha reso la sua serie di film la più lunga nella storia del cinema

Mr. Brosnam come si sente nel ruolo di James Bond?

E' una cosa che ho sempre sognato di fare sin da prima di dieci anni fa, quando mi fu offerto la prima volta il ruolo di 007. Purtroppo dovetti rifiutare perché ero legato da obblighi contrattuali al personaggio di Remington Steele nel serial TV "Mai dire sì", e la parte venne così data a Timothy Dalton. Dapprima ero spaventato, ma, poi, ho trovato la carica giusta per intepretare il ruolo.

Non teme di rimanere un po' troppo legato al personaggio?

Sì, è ovvio che io abbia di queste paure, ma è stato così stupefacente l'incoraggiamento da parte della gente comune, mentre giravo il film, che credo questo sia un rischio necessario da correre. Non penso di essere James Bond per più di quattro film. Vedere invecchiare sullo schermo gli attori in certi ruoli è davvero terribile.

Quale dei suoi colleghi precedenti preferisce nel ruolo di 007?

Sicuramente Sean Connery, perché quando all'età di undici anni dall'Irlanda mi trasferii a Londra uno dei primi film che vidi fu "Goldfinger" e rimasi scioccato.

Anche Gert Frobe nel ruolo di Goldfinger mi piacque molto come nemico ideale di Bond, così come Daniela Bianchi in quello di perfetta Bond-girl.

Negli anni Sessanta la serie ottenne un grande successo anche grazie agli effetti speciali che poi sono stati copiati un po' da tutti. Il futuro di James Bond è ancora molto legato ai trucchi cinematografici?

Gli effetti speciali mi piacciono molto ed il pubblico li trova divertenti, ma non bisogna dimenticare l'importanza della profondità dei personaggi. Il lavoro che, però, tentiamo di fare con gli sceneggiatori dei Bond-movie è quello di cercare insieme a loro di portare a termine il lavoro iniziato con questo film, mostrando al pubblico "il lato oscuro" dell'eroe Bond, che è molto presente, per esempio, nei libri di Ian Fleming.

Un po'come si è tentato di fare per "Batman"...

Sì, io credo che questo sia il senso dei film di James Bond negli anni novanta: la guerra fredda è finita, c'è l'Aids, la recessione...e quindi anche lo stesso 007 ha bisogno di guardarsi un po'dentro prima di lottare contro i suoi nemici per salvare il mondo.

Che tipo di preparazione ha seguito per recitare nel ruolo di 007?

Io ho visto tutti i film di James Bond per conto mio prima che mi venisse offerto la parte. Mia moglie, pochi anni prima di morire di cancro, aveva recitato anche lei nel film "Moonraker" come Bond-girl. James Bond è uno di famiglia per me, così ho voluto imprimere un po' della mia personalità ad un personaggio così complesso e così ben delineato dai film e dai libri.

Si dice che Christopher Lambert abbia rifiutato la parte di 007 dicendo che Bond deve essere britannico come il whisky e la regina. Lei è d'accordo oppure pensa che tutti potrebbero interpretare 007?

Tutto può accadere nei film ed anch'io, per esempio, sono irlandese. Ma sa, credo che forse per interpretare al meglio James Bond si debba essere inglesi o almeno di area britannica. Ma se c'è qualche attore italiano disponibile, chissà…

Marco Spagnoli