Lezioni di
musica? Chiedere di Cassandra
La
vocalist nera, forte di una voce senza confini di genere,
è una delle poche se non lunica cantante che
riesce a convincere senza farli litigare appassionati
jazz, blues, pop e afro
Cassandra Wilson
cd "New moon daughter"
In genere la scoperta di un nuovo
disco avviene in modo abbastanza casuale, e specialmente
per chi è abituato ad ascoltare sempre lo stesso genere
musicale non è per nulla facile andare a vedere che cosa
fanno altri artisti in altri settori. Il caso di
Cassandra Wilson dovrebbe far riflettere tutti coloro che
tendono a fossilizzarsi nellascolto di un tipo di
musica e non vogliono vedere al di là del loro stesso
naso. Ne parlo volentieri perchè questa meravigliosa
artista, etichettata come cantante jazz (e sicuramente lo
è), con le sue ultime produzioni dà lezioni di blues,
pop, afro e quantaltro ci si possa vedere, con una
facilità e un carisma tipico dei cavalli di razza. Ho
avuto la fortuna di poterla vedere in azione a Mantova la
scorsa estate in occasione del suo tour europeo e vi
assicuro che lo spettacolo non è di quelli che si
dimenticano facilmente.
Due ore di concerto dove,
anche per me che pur amando alla follia il blues tendo a
storcere il naso quando devo sentire del jazz, magari
free, si sono aperte le porte del paradiso. Da "Blue
light till down" a "New moon daughter" il
cammino musicale di Cassandra inizia una nuova fase,
molto comprensibile ai più ma non per questo
artisticamente meno valida, anzi questi due album
dovrebbero essere studiati da tutti coloro che si
ostinano a proporre musica ermetica e spesso
incomprensibile. Insomma due album che nessuno si
dovrebbe perdere anche se ama alla follia i Guns
and Roses.
Vocalist eccezionale al
pari e forse (è unopinione assolutamente
personale) superiore alle storiche Fitzgerald o Billie
Holiday, viene ultimamente accompagnata da una band di
primaria grandezza. Brandon Ross alle chitarre è un
mostro di bravura e non lo è di meno laltro
chitarrista Kevin Breit, due session man che nel concerto
si scambiano vicendevolmente i ruoli senza farsi per
nulla rimpiangere, anche loro capaci di spaziare dalle
atmosfere jazz più estreme fino a reinventarsi il blues
con un rigore proprio dei neri della vecchia generazione.
Il tutto condito da una tranquillità di esecuzione
propria dei più bravi, quelli cioè che non corrono da
nessuna parte.
Lonnie Plaxico, vero drago
del mood, si alterna al basso elettrico con il fretless
bass nei vari pezzi gestendo atmosfere sempre nuove e
diverse. Assieme al drummer Dougie Bowne e al
percussionista Ciro Baptista ha la responsabilità di
tutti i groove sonori, così coinvolgenti e in sintonia
che risulta difficile scindere lapporto di ciascuno
da quello degli altri.
Le atmosfere sia del
concerto che del disco sono comunque sempre acustiche,
dove lartista tira sempre fuori lanima e la
sofferenza. Tutti i pezzi del cd risultano alla fine
inspirati ma personalmente trovo che la cover di
"Love is blindness "degli U2 sia semplicemente
fantastica. Andando poi a pescare i blues che appaiono
nel disco troviamo" Death Letters" di Son House
e "32-20" di Robert Johnson in arrangiamenti
talmente belli e nuovi che lasciano senza fiato.
Una cover poi di Neil
Young, "Harvest Moon", nobilita un pezzo che
nella versione originale non era poi così riuscito. Il
resto, da "Last train to Clarksville" ai suoi
pezzi personali quali "Salomon Sang",
"Memphis"e "A little warm death" ci
rimandano al suo straordinario pedigree jazz delle
precedenti produzioni incrementando, se ce ne fosse
ancora bisogno, lammirazione per questa artista
nera capitata sulla faccia della terra per caso che, non
esagero, ci dà una ragione in più per vivere e sperare.
Il cd, uscito nel 1995,
non è certo nuovo, ma per chi non lavesse ancora
sentito rimane sempre una autentica rivelazione,
assolutamente da avere. E se volete fare qualcosa di
più, andatevi a comperare anche le produzioni
precedenti.
Marco Pasetto
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