Karate
In place of
real insight (Southern records)
C'era una
volta la lo-fi (dove" lo" sta per low, bassa e
"fi" per fidelity, fedeltà), qualcuno come Lou
Barlow (leader dei Sebadoh e Folk Implosion) ha deciso di
seguirla acriticamente ovunque lo porti, altri l'hanno
intesa non nel suo aspetto formale, registrare su un
quattro tracce preferibilmente frammenti sonori più
simili ad appunti che attendono di essere sviluppati, ma
in quello sostanziale. Qualcosa che viene da più
lontano, da un'etica punk del do it yourself, da un
approccio alla musica non mediato dai soliti schemi
imposti dalle convenzioni di uno studio di registrazione.
I Karate fanno sicuramente parte di questa schiera che si
guarda intorno con molta attenzione.Talvolta è presente
la lezione dei Fugazi, il suono del basso ne è un chiaro
segno, ma è estranea ad i Karate la vena più
politicamente corretta della band di Washington.
Altri riferimenti sono le
ardite formule sonore dei June of 44 e le inusuali
dissonanze degli Slint, band di Louisville che è stata
un sorprendente viatico per gli anni 90 ed un serbatoio
ricco di nuova linfa. Dopo uno splendido album di
debutto, In place of real insight rappresenta lo sviluppo
nella continuità; elementi distintivi della band di
Boston restano la costruzione articolata dei brani che
conduce all'estremo opposto fino a farli sembrare
de-costruiti, destrutturati, il fatto che ogni brano
sembri essere diverso dal precedente pur mantenendo un
proprio stile riconoscibile ed infine una forte dose di
autoindulgenza adolescenziale. Pensare ad i Karate come
alla next big thing americana non è cosa poi tanto lontana
dal vero.
Giuseppe Episcopo
|