Tindersticks
Curtains (this way
up)
Sono trascorsi quattro anni dal
momento in cui, con rara sensibilità e lirico intimismo,
questi fascinosi cantori noir si sono affacciati sulle
scene realizzando due dischi in studio, uno live ed una
colonna sonora. La rivoluzione dei Tindersticks non è
ostentata, non si compie distruggendo ma raccogliendo i
frantumi, con cura, uno per uno come se in essi vi fosse
annidato il segreto oltre che il ricordo del passato e
del vissuto. Forse è stato anche l'aver curato la
colonna sonora di Nenette e Boni che con puntuale
coincidenza arriva sugli schermi in questi giorni, ad
aver rappresentato per i Tindersticks una piccola svolta
. Dolori meno assoluti ma non meno intensi, ferite tenute
nascoste ma molto più laceranti sono il segno del
raggiungimento di una maturità da intendersi quasi come
la condizione cercata da Pavese. I riferimenti a Nick
Cave, al Leonard Cohen più dolente e meno apocalittico
sono meno espliciti che in passato; i Tindersticks
padroneggiano la propria musica con assoluta
personalità. Alcuni elementi di novità sono costituiti,
in questo album, da Dicks slow song che ha qualcosa del
suono di Bristol nell'arrangiamento e da Fast One, il
primo brano veloce che i Tindersticks abbiano mai
scritto. La voce si produce a volte in canti dolenti
altre in sussurri, come riflessioni a stento tenute per
sè, mentre di volta in volta chitarra, violino,
tastiera, piano, basso emergono da un'impasto orchestrale
in un trabocco di sentimento. Da molto lontano viene
questa preziosa algia che non riguarda le esperienze ma
è una categoria del vivere. Una vita già vinta che non
si cura del futuro nè della possibilità di averlo
perchè nel futuro non vede nulla in più e nulla di
diverso dall'oggi.
Giuseppe Episcopo
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