Index PRIMOPIANO - Luglio 1997

Il federalismo è orfano, dategli una lobby

Una bozza nata avventurosamente e destinata ad essere stravolta; un progetto dove non si affronta il vero nodo del prelievo fiscale; la mancanza di un "partito trasversale" in parlamento realmente federalista. Mentre la Lega oramai ha preso altre strade. Ecco cosa pensa dell’ipotesi D’Onofrio sulla nuova Costituzione Ilvo Diamanti, il sociologo e analista numero uno del fenomeno Nordest

Quando si parla di leghismo, federalismo, secessione e affini cercarlo è quasi inevitabile (e trovarlo è difficile). Ma da anni oramai l’analista numero 1 del fenomeno è lui, il sociologo Ilvo Diamanti, opinionista del Sole 24 Ore e autore di ricerche e sondaggi sul disagio del Nordest. Così quando arriva la "bozza D’Onofrio" sul nuovo Stato federalista, con tutte le sue possibili implicazioni presenti o future, il suo commento è d’obbligo. Anche perché il "gioco" diventa sempre più complicato: tra blitz indipendentisti in bilico tra la carnevalata e l’assalto armato, Bossi che oramai veste solo il verde-Padania, una Bicamerale che deve riformare interi pezzi di Stato. E un Paese, confuso e con un’economia sempre più divisa, che aspetta di sapere il suo destino.

Francesco D’Onofrio ha presentato la sua bozza di ordinamento federale della Repubblica. E molti hanno detto che è anche più "federalista" di quanto ci si aspettava. Vero? E che impressione le ha fatto?

Che quella di Onofrio è solo una bozza, dovrà passare ancora attraverso mille filtri. Vorrei proprio vedere cosa ne resterà, dopo. Comunque ho molti dubbi sulla sua praticabilità. Anche perché, onestamente, è nata in modo avventuroso: prima di federalismo manco se ne parlava, anzi sembrava che il suo comitato in Bicamerale dovesse parlare di semipresidenzialismo o di premierato. Invece dopo il commando separatista di San Marco le cose sono precipitate. Ad ogni modo il problema di fondo è un altro: inutile discutere su qualunque forma di federalismo, cooperativo o competitivo che sia, se non si discutono le modalità del prelievo fiscale. Perché è questo l’argomento fondamentale. E su questo nella bozza D’Onofrio non c’è nulla.

Insomma ha ragione Camon: la protesta del Nordest è soprattutto fiscale. Allora per Diamanti che risposte dovrebbe dare il federalismo di domani? Oppure: cosa manca alla bozza D’Onofrio?

Diciamo che sono tre i punti fondamentali. Anzi quattro. Il primo è che gli imprenditori non chiedono cose generiche, ma vogliono risolvere il problema fiscale. Che non significa meno tasse, ma una riforma completa. Vorrei precisare che io, personalmente, sono contrario ad un federalismo radicale perché non lo ritengo sostenibile da un Paese come il nostro. Comunque federalismo significa disporre di potere di intervento correlato alla ricchezza disponibile. In altre parole deve esistere un equilibrio tra la capacità di prelievo e di produzione dei risorse e le spese. Ovviamente bilanciato, non significa che tutto quello che una regione produce deve restare in casa, altrimenti lo Stato va a rotoli.

Fin qua ci siamo. Il secondo punto?

E’ la riforma della pubblica amministrazione. Insomma la gente quando se la prende con lo Stato centralista, in realtà ce l’ha con gli uffici pubblici, con i mille certificati da fare, le code. Le aziende, per qualsiasi iniziativa o attività, devono affrontare una corsa ad ostacoli tra uffici e carte.

Siamo al terzo punto…

La struttura attuale delle regioni è basata solo su criteri burocratici. E non su quelli socio-identitari o di autonomia che servono. Quindi vanno ridisegnate. Non tanto nelle dimensioni, caso mai per omogeneità. Un esempio? Emilia e Romagna, sono zone differenti fra loro. Però tutto si ferma davanti alla fattibilità dei progetti. Mi spiego: perché il federalismo si realizzi, occorre un soggetto federalista, o se vogliamo un "partito del federalismo". Non nel senso della Lega, ma di un movimento trasversale ai partiti che sostenga l’ipotesi del cambiamento. Come succede adesso per le modifiche al sistema elettorale, il premierato, il presidenzialismo. Invece sul federalismo non vedo questa trasversalità. Insomma non c’è in parlamento una lobby federalista. Se devo essere sincero, mi sembra che dell’argomento ne parlano solo quando vedono una minaccia allo Stato. Ma il federalismo non dev’essere visto come "una necessità per evitare il peggio", ma come una scelta che migliora lo Stato.

Il quarto punto?

Che il federalismo non può funzionare senza una struttura di rappresentanza centrale. Cioè la Camera delle Regioni, che è fondamentale.

Con questo siamo a posto?

No. Ora bisogna evitare le illusioni: il problema non è quello di diventare più ricchi come sono oggi le regioni a statuto speciale. Se no il debito dello Stato schizza alle stelle. Il problema è il principio di responsabilità locale e l’autonomia economica, sempre con il dovuto equilibrio. Federalismo non è pagare meno tasse, ma un controllo e un uso più equo delle risorse. Diciamo alla spagnola, alla catalana: in quella regione hanno ottenuto di riavere il 30 per cento del loro prelievo fiscale, questa è una strada sensata. Ma è meglio sapere che molti, come le regioni a statuto speciale, dovranno rimettere in discussione i loro privilegi. Perché se già oggi è intollerabile che il vicino di casa che per pochi metri è dentro i confini di una regione come Friuli o Val D’Aosta paghi meno di me, domani sarà impossibile.

E la Lega cosa farà adesso?

Ah, non parliamone. Quella con il federalismo ha chiuso…

a. m.