"Nemico
vietcong, perdonami"
Raccolta
da una giornalista dellAssociated Press, questa
storia è apparsa anche sulla Cnn. Cè un giovane
soldato americano in Vietnam che conserva per
trentanni la foto "rubata" al primo
nemico ucciso: un giovane vietcong con una bambina al
fianco. E poi cè la sua coscienza, che non gli dà
pace; il tentativo di liberarsi di quellimmagine e
il destino che gliela riporta davanti; una lettera
struggente per chiedere perdono e la decisione di
conoscere il destino di quella ragazzina che lui ha reso
orfana. Sembra un romanzo o un film. Invece è una storia
vera. Di guerra e di uomini che, a volte, riescono a
restare uomini
E una perfetta storia da
film. Se non fosse per due particolari: i sentimenti e le
angosce sono veri e non di celluloide. E il finale non è
ancora stato scritto. Anche se Richard Luttrell lo
aspetta dal 1967, quando diciottenne soldato
dellesercito Usa avanzava arrancando su una
montagna in una zona chiamata Chu Lai, nel Vietnam. Senza
sapere che la sua vita sarebbe rimasta segnata da una
piccola, innocente fotografia
Così si torna a
trentanni fa, con Richard che avanza e
allimprovviso si trova davanti il suo primo soldato
vietcong. E a dieci metri da lui, in mezzo alla
foschia: lAk-47 contro il suo M-16, il primo
sguardo occhi negli occhi e i lunghi secondi di silenzio
agghiacciante. Poi la decisione, il soldato Luttrell tira
il grilletto per primo e non lo molla fino a caricatore
vuoto. I suo compagni uccidono altri due vietcong, ma lui
quasi non se ne accorge, resta vicino alla
"sua" vittima. Gli altri frugano negli zaini
dei morti, si prendono le fibbie dorate della cintura
come souvenir. Il giovane Richard no, neanche il
portafoglio caduto nellerba. Meno quella piccola
foto che spunta fuori: è limmagine a colori del
soldato che ha ucciso, in divisa kaki, accanto a lui una
bambina di 7 o 8 anni con le treccine nere, la testa
reclinata, lespressione seria. Tutti e due hanno la
stessa mascella stretta, lo stesso naso tondo. E
evidente che sono parenti, forse padre e figlia. Luttrell
non sa perché, ma la infila nel suo portafoglio. E nella
sua coscienza.
E lì resta per 22 anni.
Ogni volta che Richard Luttrell, ora sposato con figli,
capelli bianchi e lavoro a Rochester, nellIllinois,
cambia portafoglio, salta fuori quella foto. Lha
tenuta separata da quella dei suoi familiari, e fa in
modo che resti nascosta. Ma in testa cè sempre.
"Tutte le volte che la prende in mano resta
turbato" spiega la moglie Carole. Ma non se ne può
liberare: lex yankee in qualche modo ha fatto un
patto segreto e silenzioso con luomo della foto
che, quel giorno, stava solo combattendo per la sua
patria. "Non sarebbe stato giusto gettare via la
foto" sussurra Luttrell. Ma solo adesso ha deciso
cosa fare per liberarsi da quel senso di colpa che lo
tormenta dal 1967: trovare quella bambina.
Per anni non parlerà a
nessuno della guerra del Vietnam. Tanto meno ai suoi
figli. "Tu hai avuto una vita fortunata, due
bambini, una bella famiglia - spiega adesso - Poi guardi
questa foto e sai che lei, questa ragazzina, non ha più
un padre. Mentre i miei figli crescevano, io mi domandavo
sempre che destino avrà avuto lei
". Chissà
se sono padre e figlia. E chissà cosa cè scritto
dietro la foto, una frase che Luttrell non ha mai fatto
tradurre. Per mancanza di coraggio, per disperazione,
chissà.
Nel 1989 però la svolta:
dopo tanti anni di angoscia Luttrell decide di dare un
taglio alle sue sofferenze. E il luogo è il Vietnam War
Memorial di Washington, un muro dove sono incise le
migliaia di nomi dei soldati americani caduti. La sera
prima della visita è nella sua stanza dhotel in
Virginia, prende carta e penna e scrive una lettera
"impossibile", destinata a quelluomo che
ha ucciso. Per spiegargli perché sta per staccarsi da
quella foto dopo averla tenuta con sé dal 1967:
"Caro signore dice Mi perdoni per
averle tolto la vita. Ho fatto quello che mi avevano
insegnato per uccidere i vietcong. Molte volte in questi
anni ho fissato la sua immagine e quella di sua figlia,
se così è. E ogni volta il mio cuore e il mio stomaco
bruciavano dal senso di colpa. Io so che lei era un
soldato coraggioso che difendeva la sua terra, ma ora è
arrivato il momento per me di continuare a vivere".
Il giorno dopo Luttrell mette foto e lettera dentro un
piccolo sacchetto di plastica, lo depone alla base del
muro di granito del War Memorial e lo copre con una
pietra. La moglie gli scatta qualche foto e se ne vanno.
"E stato come
togliersi dalle spalle un enorme peso racconta
E mai avrei pensato di rivedere
quellimmagine". Ma si era scordato di quel
patto silenzioso tra lui e il giovane soldato
nordvietnamita. Così linverno scorso Richard
Luttrell è nel suo ufficio a Springfield quando entra un
amico e gli mette sul tavolo un libro, "Offerings at
the Wall" (Offerte al Muro) è il titolo. "Vai
a pagina 52" gli dice. E il passato ritorna:
cè una copia della sua lettera e
"quella" foto, a pagina intera.
Pensare che a 49 anni
Luttrell non riesce ancora a vedere i film sul Vietnam. E
ci sono notti in cui non riesce a dormire e gli sembra di
essere ancora nella foresta, al buio, con lM-16 in
mano. Così quando quella foto è tornata come una
coltellata dentro la sua vita, ha sentito di nuovo tutto
il dolore della ferita aperta. E ha capito che cera
un solo modo per guarire: cercare quella ragazzina, oggi
quarantenne ma per il soldato Richard, in fondo, rimasta
sempre una piccola orfana. Per colpa sua.
Pochi giorni dopo infatti
lex soldato Usa ha scritto a Le Van Bang,
lambasciatore vietnamita a Washington. Chiedendogli
aiuto. "Per anni ho portato il senso di colpa per
avere ucciso quelluomo scrive nella lettera
E sempre con me, come un cancro che mi
divora il cuore e la mente. Mi rendo conto che solo con
una fotografia potrebbe essere impossibile identificare
quel soldato o la sua famiglia, ma io non posso
continuare a vivere così
". E
lambasciatore, anche lui soldato vietcong negli
anni 60, gli ha risposto commosso: la sua lettera
mi ha colpito, chiederò notizie allAssociazione
dei veterani del Vietnam. "Chi è morto il suo
dovere lo ha fatto, chi è vivo deve ancora fare il
suo" scrive Van Bang.
Ora la foto è finita
anche su un quotidiano in Vietnam, spingendo un ex
vietcong a scrivere a Luttrell qualche mese fa e a
comporre una canzone sulla sua storia. Ma Richard spera
che la pubblicità lo porti a quella ragazza, o almeno ai
parenti delluomo che uccise trentanni fa.
Vuole dare un nome a quel volto, e vuole spiegare cosa è
successo e che morì da soldato coraggioso. Ma se anche i
parenti rifiutassero di vederlo, capirebbe.
"Comunque vada, accetterò. Perché nel mio cuore so
che ho fatto tutto quello che potevo". Ma la strada
è lunga: "Io mi sento ancora colpevole - dice - Il
fatto è che in qualche modo tutti vorremmo essere
perdonati. Certo è strano, nella vita si riesce a
perdonare chiunque, anche quelli che ci hanno fatto più
male. Ma provare a perdonare sé stessi è la cosa più
incredibilmente difficile che ci sia".
a.m.
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