La
poesia? Una musica
Sessantatré
anni, canadese, ebreo, poeta, cantautore, musicista,
romanziere. Ma soprattutto visionario filosofo tormentato
da "figure di bellezza". Tutto questo e molto
altro è Leonard Cohen , personaggio di spicco della
cultura del dopo anni Sessanta, poeta da sempre,
musicista per caso e - oggi - stanca rockstar ritiratasi
a vivere in un monastero Zen vicino a Los Angeles. Dove
continua a lavorare alla sua poesia e alla sua musica
dellanima
Dodici album in quasi
trentanni, numerose tournée mondiali, una decina
di libri tra raccolte di poesie e romanzi non sono
serviti a renderlo famoso anche in Italia, paese in cui
la sua produzione discografica è accolta - di norma - da
un misto di indifferenza e distrazione, mentre il suo
lavoro poetico e letterario viene del tutto trascurato e
ignorato. E difficile scrivere di Leonard Cohen
senza che un po di rabbia faccia capolino.
Entriamo in librerie piene
di Bukoswki, Burrough, Kerouac, dei testi di Dylan, Jim
Morrison e perfino degli Oasis, ma di Leonard Cohen non
vè traccia o quasi. Solo da pochi anni, grazie a
unilluminata pubblicazione curata da Massimo Cotto
per Arcana libri, si e` riempito in qualche maniera un
vuoto che assomiglia più a una voragine che a una
dimenticanza. Eppure ora che esistono appena tre volumi
in italiano dei testi delle canzoni di Mr. Cohen e di
alcune sue poesie, ci si sente un po meglio
rispetto a prima del 1993, quando si doveva sperare in un
colpo di fortuna da bancarella per trovare la versione
del 1973 di Meravigliosi perdenti, il primo
romanzo di Cohen datato 1966.
E - per quanto riguarda i
suoi libri - anche allestero cè qualche
problema. Per racimolare lintera bibliografia di
Leonard Cohen ci vogliono ordinazioni nella migliore
libreria di lingua inglese della città e mesi di
pazienza prima che il volume arrivi alle volte dalla Gran
Bretagna, altre dalloltre oceano. Un vuoto
pericoloso per la cultura italiana lassenza di
questo uomo di mezzetà che con la sua musica e le
sue parole ha saputo raggiungere lintero mondo e
farlo danzare insieme a lui. Dice Cohen in
unintervista di qualche anno fa: "Come
produciamo lavori che toccano il cuore? Non vogliamo
vivere una vita frivola e non ne vogliamo una
superficiale. Vogliamo essere seri luno con
laltro, con i nostri amici, col nostro lavoro.
Questo non significa essere malinconici o tristi, ma la
serietà ha un aspetto voluttuoso. E qualcosa di
cui siamo profondamente affamati, prenderci molto sul
serio ed essere capaci di divertirci col nutrimento della
serietà stessa.
Ma chi e` Leonard Cohen?
Nato da unagiata famiglia ebrea di Montreal, Cohen
perde molto presto suo padre. Frequenta la McGill
University eppoi si avvia a New York per frequentare la
prestigiosa Columbia University per un corso post laurea,
ma come egli stesso dice scappa disgustato
dallambiente: "Nulla ha un sapore più
delittuoso di un seminario universitario: gente seduta
intorno a tavoli rotondi con le mani insanguinate dalle
virgole..."
Cosi` incomincia a vivere a New
York e inizia a scrivere poesie sullesempio di
Federico Garçia Lorca: "Alletà di sedici
anni sono "inciampato" in un libro di Garcia
Lorca. Lo avevo adocchiato in un negozio di libri di
seconda mano in quella lucente Gerusalemme del
Nord che è Montreal, Quebec. Presi in mano quel
libro, un libro del destino e lessi:
Voglio vederti passare
sotto gli archi di Elvira
per vedere le tue cosce e iniziare a piangere.
Quelle parole
sconvolsero la mia vita e compresi che la mia esistenza
sarebbe stata uno sforzo continuo per scrivere, un
giorno, almeno una volta nella vita, una frase come
quella. Righe di fuoco mi bruciavano dinanzi agli occhi e
nel cuore, e continuai a leggere. La mia esistenza non
e stata più la stessa da allora... questo poeta ha
"rovinato" la mia vita: era diventato il mio
mondo, era diventato il mio orizzonte, era diventato il
mio universo e così ho iniziato a chiamarlo
"fratello". Mia figlia prende nome da lui:
lho chiamata Lorca".
Lincontro con Lorca
e` determinante per la comprensione dellopera di
Leonard Cohen. Dice ancora il poeta canadese: "I
libri di Lorca mi hanno insegnato che la poesia può
essere pura e profonda e - al tempo stesso - popolare.
Lorca mi ha insegnato che tutta la grande poesia è un
suono che viene dal profondo, è stato lui a spingermi a
commettere quel grande atto contro natura che è stato il
mio coinvolgimento nella poesia. A lui sono stato capace
di dare in cambio solo il nome di mia figlia. Incontrare
lopera di Lorca è stato come trovare per strada un
lingotto doro. Uninestimabile fortuna fatta
di gioia, poesia e felicità".
Nel 1968, sulla scorta
della notorieta` grazie alle sue opere letterarie e alla
sua amicizia con Judy Collins, Cohen incide il suo primo
album di canzoni Songs of Leonard Cohen ed è
subito un successo. Suzanne, la canzone di punta
del disco è un vero e successo che dura da oltre
trentanni. Nota Leonard Cohen : "Ho sentito
cantare Suzanne in posti molto diversi, da gente molto
diversa. Non sono più tanto sicuro che quel brano mi
appartenga ancora. Amo ascoltare persone che cantano le
mie canzoni. Quando sento una mia canzone cantata da
qualcun altro rimango assolutamente senza parole e sono
entusiasta del fatto che il mio giudizio critico si possa
formare in pace. Certo, qualcuno ha detto che nessuno
riuscirà a cantare le mie canzoni con una voce come la
mia, ma questo accade perché i miei emuli non fumano
oltre cinquanta sigarette al giorno. E qui che si
ferma la loro devozione..".
Così da un trentennio a
questa parte, (Cohen a tal proposito scherza e dice che
le sue canzoni "sono come le Volvo, durano per
trentanni") il distinto gentiluomo canadese ha
raccontato tramite poesia e canzoni le sue ossessioni e
le sue ansie fatte di unestasi mista di religione e
sesso: "Non esiste alcun conflitto tra sesso e
religione. Essi sono la medesima cosa. Lesperienza
estatica che deriva dal sesso è la stessa che si
sprigiona dalla religione. E fino a poco tempo fa, nella
storia dellumanità, sesso e religione erano la
stessa cosa. Oggi questa visione, che accomuna Dio e il
sesso, è diventata troppo pericolosa, e la religione è
vista come il regolatore del sesso e dellesperienza
estatica. Il sesso e stato lunica cosa che mi
alleviava il dolore. Amo ancora molto le donne e il
sesso, ma per ragioni molto differenti."
Raggiungere un successo
dopo laltro ha fatto di Cohen uno dei piu`
apprezzati poeti e musicisti del nostro secolo, adorato
alla follia ovunque tranne che in Italia dove il suo nome
ricorda qualche canzone di successo, magari (come Nancy)
cantata da De Andre` o da qualche altro epigono
nostrano. Molti hanno voluto trovare in lui dei paragoni
con Bob Dylan, ma e` proprio il cantautore a fare dei
distinguo: "Sono basso, ho il naso camuso, sono
magro, col viso scavato, visibilmente Ebreo...Bob Dylan,
no..."
Ma qual e` il messaggio di
Leonard Cohen? Egli non ha certezze: "Io non so
da dove vengano le mie poesie, i miei romanzi e le mie
canzoni. Se lo sapessi, vi andrei assai più spesso.
Penso che scrivere poesie trasmetta un tipo di saggezza
che non possediamo, ma di cui siamo una specie di strada.
Quando penetro nel lento e doloroso scrivere una canzone,
ci sono realtà più grandi e migliori che si
manifestano, e che io non posso più comandare. Il resto
è solo la mia personale, stupida e caotica vita. La
poesia è ovunque. La poesia è la musica della
parola."
E soprattutto Cohen crede
in una sorta di messaggio transnazionale, lontano da
retoriche costrizioni religiose o politiche: "Quando
incomincio la guerra del Vietnam, sebbene nessuno
amasse la guerra, compresi che il comunismo non era
qualcosa di "felice" e che lOccidente
avrebbe dovuto resistergli. Mia madre era scappata dalla
Russia comunista e aveva sofferto molto. Questo e
il motivo per cui non ho mai retoricamente scritto la
parola "America" con la K e non ho mai pensato
agli Stati Uniti come a un Paese fascista. Non lo era, ha
accolto la mia famiglia in un momento difficile e io ho
un grande debito di riconoscenza con questo Paese. Questo
è il motivo per il quale sono stato vicino a molti
movimenti politici, ma non mi sono mai iscritto a uno di
essi".
Cohen è uno dei piu`
grandi artisti di questo secolo. Alla sua scrittura, in
cui forte e possente è il rigoglio della parola, è
paragonabile per costruzione e ricchezza solo la prosa e
la poetica di Pier Paolo Pasolini, anche se il poeta
stesso dice di se`: "Non ho mai provato,
sfortunatamente, il senso dellabbondanza, della
ricchezza di parole, e mi sono dovuto accontentare semmai
della ricchezza del verbo. Il destino mi ha sempre fatto
avere una sola parola alla volta. Io dovevo arricchirla,
riempirla di significato senza farla apparire gonfia o
retorica, e poi inserirla nel giusto contesto: in un
verso, in una strofa e quindi in una canzone. Immagino
che andrà sempre peggio col passare degli anni, anche se
mi sembra impossibile che possa andare peggio di così. A
volte invidio gli scrittori o gli artisti che scelgono le
parole come davanti a un buffet. La mia povertà di
parole mi costringe a non avere una strategia, a
raschiare ogni volta il fondo del barile, a riciclare me
stesso e le mie ossessioni allinfinito."
Eppure Leonard Cohen,
ancora oggi che e` tutto compreso nel suo ruolo ritiro in
un monastero Zen dove continua a lavorare e a scrivere
non ha perso nulla della sua verve e della sua
simpatia epidermica: "Il mio maestro Zen non mi
ha invitato a diventare un Buddista. Mi ha insegnato come
distinguere tra il Rémy Martin e il Courvoisier e come
berli con piacere. Per me incarna un certo ideale di
amicizia che trovo assai seducente". Così si
può permettere di guardare al passato e agli altri con
un distacco particolare datogli dal dolore dello scrivere
e dellessere: "Non puoi portare sempre
insieme a te il tuo passato. Arrivati a un certo punto
devi essere capace di "scartarlo" se vuoi
andare avanti. Devi muoverti in maniera leggera, e
velocemente. Per esempio, quella cosa che noi chiamiamo
Sixties e durata non più di quindici
minuti. Per un battito di ciglia, lo spazio di un
istante, si è avuta la sensazione che uno spirito di
comune generosità fosse apparso nel mondo per portare, o
almeno ricercare, benefici cambiamenti. Questa sensazione
e stata spezzata molto velocemente. Lhanno
distrutta i commercianti, i media. Perfino con i filosofi
dei Sixties, con i teorici del movimento, ho
avuto accesissime discussioni. Molte delle posizioni su
cui si erano arroccati erano assolutamente prive di
legami con la realtà, per nulla attuabili, inasprite da
un incomprensibile antagonismo verso la società
organizzata, nei cui confronti io sono sempre stato molto
rispettoso."
E ora che le sue molte
donne lo hanno lasciato in balia di un presente
cosi difficile Cohen spiega: "Non ha
funzionato bene tra gli uomini e le donne, ma nessuno
può penetrare il bisogno... nessuno può sopportare il
dolore della separazione... tutti si provano a cambiare i
patti con lamore, perché tutti ne abbiamo così
tanto bisogno."
E Leonard Cohen non si
adagia su se stesso e sui propri ricordi. Il suo nuovo
libro di poesie The book of longing e` in corso di
pubblicazione e sta già lavorando a un nuovo disco cui
seguirà limmancabile tournée mondiale. Ma, ora
che vivere e` diventato tanto complicato per lui Cohen
non vuole che non ci siano fraintendimenti: "Scrivere
è una disciplina assai dura e ho sempre ammirato le
persone che riescono a farlo in fretta e bene. Cè
qualcosa di pazzesco e di non molto sano nel momento in
cui mi concentro. Ogni parola che scrivo mi fa sudare.
E una lotta, ma non ho rimpianti. Scribacchio
sempre qualcosa. Oggi il mio unico bisogno e di
riunire tutto ciò che sono. Non mi sento più solo uno
scrittore o solo un cantante: io sono la voce di un
diario vivente. La mia mente si chiude quanto sento
gli scrittori parlare dei loro metodi di scrittura. La
parola scritta è così affascinante che tutti si sentono
in dovere di discuterne, di darle voce con la bocca
anziché con i libri. Il problema degli scrittori è che
non sono capaci di tacere, non sanno scegliere il
silenzio. Uno scrittore dovrebbe esprimere il suo amore
per larte con un maggiore impegno e non con i
giochi o i giri di parole".
E ancora: "Nessuno
di noi sa dove nasca larte e da dove essa ci
arrivi. A nessuno è dato conoscere gli intimi e
meravigliosi sentieri lungo i quali le parole si fanno
canzone, poesia, romanzo, tragedia. Nessuno ha le chiavi
daccesso di ciò che produce. Gli scrittori parlano
del mistero dellarte perché così credono di poter
vincere le proprie ansie, esorcizzando le proprie
paure...il processo creativo ci resterà sempre ignoto.
Lincertezza del domani per qualsiasi artista è un
prezzo da pagare. Non mi piace lautocommiserazione
dellartista famoso che racconta quanto sia duro
fare il suo mestiere. È forse meglio lavorare in una
miniera in Bolivia ? Perché si parla sempre di
sciocchezze quando bisognerebbe ringraziare il Signore di
averti dato un bel lavoro ? Certo che è difficile
produrre parole per vivere in eterno, ma è molto più
facile di chi deve produrre sudore per sopravvivere su
questa terra. Quando sento un artista lamentarsi mi viene
voglia di aprire il mio cassetto e prendere una pistola.
Il grande problema è che noi tutti consideriamo
larte assai più di quello che effettivamente è.
Dovremmo limitarci a produrre lavoro e lasciare che sia
il parere e lamore della gente lunico
giudice. Tutto il resto è autocommiserazione, vanità
danzante, egocentrismo, preoccupazioni inutili.
Larte non è religione. Lamentarsi è eccessivo e
innaturale".
Insomma Leonard Cohen è
unaltra vittima delle incertezze e delle
inspiegabili idiosincrasie delleditoria italiana.
Ma egli stesso non si preoccupa nemmeno di questo. La sua
distinzione tra il lavoro e la vita è netta: "Tutto
il mio lavoro è levidenza di una vita e non la
vita stessa". Come dire che chi ha fatto della
sua poesia e del suo pensiero un misto inscindibile, sa
perfettamente che tutto quanto può essere abbandonato e
addirittura dimenticato, perché larte non coincide
mai con la vita stessa, e viceversa.
Marco Spagnoli
LA DISCOGRAFIA E I LIBRI DI LEONARD COHEN
|