Amleto e i raggi
fotonici
La
storia di un serissimo attore shakespeariano
improvvisamente "teletrasportato" sulla plancia
dellastronave Enterprise per sostituire il mitico
capitano Kirk di Star Trek. Patrick Stewart, il capitano
Picard della serie tv, in questa intervista racconta se
stesso e il suo incontro con Kirk-Shatner. E rivela che a
lui, la fantascienza, non laveva mai interessato.
Finchè uno dei produttori della Paramount non lo ha
sentito parlare ad una conferenza. E lo ha spedito in
mezzo alle stelle
Patrick Stewart, alias il benamato
capitano Jean-Luc Picard della serie Star Trek: The
Next Generation e capitato in maniera del tutto
casuale allinterno delluniverso trekkiano.
Consumato attore shakespeariano, era arrivato in America
per caso per leggere un ciclo di conferenze di un suo
amico. Visto dal produttore Rick Berman, la sua voce
solida e potente, unito a un fisico asciutto e assai
particolare hanno convinto la Paramount a dargli il posto
che fu del capitano Kirk, ovvero quello di capitano
dellEnterprise, la nave ammiraglia della
Federazione Stellare del 23° secolo.
Oltre ai film di Star
Trek, vedremo presto lattore nei panni del
diabolico Dottor Jonas in La teoria della cospirazione
con Mel Gibson e Julia Roberts.
Mr. Stewart, diventare
il comandante dell'Enterprise dopo James Kirk non deve
essere stato facile. Come si è sentito quando è stato
chiamato America per questo ruolo?
A dire la verità io non
ho mai seguito Star Trek e mi sono sempre interessato
poco alla fantascienza. Lavoravo, infatti, nella Royal
Shakespeare Company e quando tornavo a casa non riuscivo
mai a vedere un episodio intero. I miei figli, che, negli
anni sessanta erano piccoli, erano invece appassionati di
Star Trek. Così come lo era Whoopi Goldberg, che ha
espressamente richiesto di poter lavorare in alcuni
episodi della serie The Next Generation proprio
perché era una fan sfegatata del capitano Kirk e del
tenente Uhura. Whoopi ha lavorato con noi "quasi
gratis" secondo gli standard hollywoodiani, perché
ricordava - da piccola - quanta fiducia nel futuro le
aveva dato vedere una donna nera nello spazio. Il suo
e stato una sorta di omaggio a quellideale
portato avanti dalle puntate andate in onda negli anni
sessanta.
E stato un
handicap per lei non essere stato un fan di Star
Trek ?
No, anzi credo sia stato
un vantaggio, perché la prima volta che mi sono
ritrovato sul ponte dell'Enterprise per me era solo un
lavoro come un altro e non avevo un mito da imitare o raggiungere.
Ma dopo diciotto mesi di riprese, mi sono accorto di
lavorare in una serie profondamente radicata nella
cultura americana. Una volta Gene Roddenberry
(lideatore-produttore di Star Trek morto da poco,
le sue ceneri sono state spedite nello spazio su sua
richiesta: ndr) mi disse: "Sai Patrick, ti vedono
più persone in un singolo episodio di Star Trek, che
tutti gli spettatori dei tuoi fottutissimi spettacoli
shakespeariani a Londra." Ma quando me lo disse
era troppo tardi per rimanere intimidito.
Come è avvenuto il
primo incontro con William Shatner ovvero con Kirk?
Ci trovavamo entrambi a
Las Vegas per uno show organizzato dalla Paramount, che
mi aveva messo a disposizione il suo jet privato per
tornare presto a Los Angeles la sera stessa. Mentre
tentavo di squagliarmela Shatner mi chiede dove stessi
andando. Gli ho detto che andavo a casa. Così mi ha
detto: "Cavolo, voglio tornare anch'io."
Gli ho detto: "Va bene Bill, ti do un passaggio".
Così siamo tornati in un jet molto lussuoso senza
parlare di Star Trek, discutendo, invece, soltanto delle
nostre vite private. Abbiamo così messo le basi per una
grande amicizia, dividendoci una bottiglia di vino e la
cena che era stata preparata solo per me.
Lei crede che dopo la
morte di Kirk nel film per il grande schermo Generazioni,
un vero punto di svolta per la serie, cambi qualcosa per
Star Trek?
Star Trek continua,
perché il suo ottimismo e la sua eccezionale concezione
di tolleranza, pace e democrazia fa parte ormai della
cultura mondiale. No, Star Trek non finirà mai.
m.s.
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