Con
questo numero di Nautilus lo psicologo Antonio Zuliani
presenta un lavoro in quattro puntate attorno ai temi
dello sviluppo dellidentità dove cercherà di
esporre le più innovative visioni di cultura
psicoanalitica sullargomento. Il taglio sarà il
più divulgativo possibile, senza però cadere in
inadeguate semplificazioni: si tratta di un testo un
po da leggere, ma anche un po da studiare. La
bibliografia completa sarà fornita con lultimo
articolo.
Lo
sviluppo dellidentità
Prima puntata
Introduzione: noi e il mondo
In
questi ultimi anni il tema dellidentità è
diventato uno dei più inquietanti e scottanti. In questo
scritto non si tratterà tanto delle problematiche legate
allidentità nazionale, quanto piuttosto a molti
degli aspetti che tanto preoccupano le comuni riflessioni
sul futuro della nostra società: i valori e/o la loro
supposta mancanza, la dichiarata necessità di costruire
nuove regole di convivenza civile, il confronto tra gli
interessi del singolo e quelli della collettività.
Questo per citare solo i primi temi che balzano alla
mente.
Con questa serie di
articoli non si pretende di volere proporre lunico
taglio interpretativo in proposito; ciò nonostante si
ritiene non debba essere sottovalutato il fatto che anche
tutti questi temi a valenza sociale possono essere
ricondotti, per una utile interpretazione, al problema
dello sviluppo dellidentità della singola persona.
Parleremo di una persona che, in quanto portatore di un
senso e di una continuità, deve essere vista
principalmente nella sua soggettività: ciò significa
che occorre abbandonare da subito ogni lusinga di poter
distinguere in astratto i comportamenti buoni da quelli
cattivi, quelli giusti da quelli sbagliati; questo semmai
compete a ben altre discipline che non la psicologia.
Ciò significa accettare di giocare tutto sul piano della
capacità o della possibilità del singolo di convivere e
di adattarsi a se stesso e al mondo esterno senza per
questo paralizzarsi in comportamenti o atteggiamenti
rigidi e ripetitivi.
Quindi anche il senso di
"normalità", che si andrà a proporre, implica
un funzionamento psicologico adeguato, non solo, o non
tanto, alladesione a delle norme esteriori; così
facendo riferimento al concetto di adattamento non lo si
intende come un atteggiamento rigido per il quale a
partire da una serie di norme, si arriva a indurre un
individuo ad essere adattato, ma ci si riferisce alla sua
capacità e possibilità di gestirsi, con sufficiente
elasticità, allinterno della vita quotidiana.
Questo implica la
possibilità di porre al centro della singola persona il
significato originariamente individuale, ma poi
collettivo, che egli arriva ad attribuire alle sue
relazioni con il mondo, sia esso composto di persone e/o
di cose; cioè avvicinarsi al "senso" che ogni
relazione o cosa ha per il soggetto. Le implicazioni di
questo percorso personale sono di notevole portata e
saranno esaminate più in dettaglio nel secondo articolo.
Abbracciare questa
prospettiva significa, inevitabilmente, ricomprendere uno
dei temi centrali che hanno da sempre percorso il cammino
dellumanità: quel "chi sono io?" che ha
sempre turbato i pensieri e le coscienze di tutti gli
uomini. Daltra parte, come scrive Kundera
"tutti i romanzi, di tutti i tempi, indagano
lenigma delIIo". Il fornire una risposta
convincente a tale domanda è uno dei motivi fondamentali
per cui ogni individuo vive e si muove. Tutto questo in
termini più propriamente psicologici può essere
proposto come la ricerca di differenziarsi e di uscire
dallesaustivo rapporto narcisistico che ogni
individuo vive con la propria madre, necessario per
diventare altro da lei e sviluppare una propria
identità.
Lo sviluppo
dell'identità, quindi, è uno dei grandi terreni di
sfida che occupa ognuno fin da bambino, intriso della
necessità di integrare in una personale sintesi tutti
gli elementi più importanti delle proprie relazioni e
del proprio ambiente vitale attraverso una ricerca che
rimane centrale e attuale nel corso di tutta la vita.
Adottando l'ottica che vede nella ricerca dell'identità
uno dei cardini dello sviluppo personale e sociale, non
solo si prescinde da ogni impostazione moraleggiante, ma
si entra in una fondamentale visione dialettica della
realtà, per la quale non appare possibile isolare
nessuno specifico comportamento umano rispetto
allintero.
Ogni persona è la sintesi
della sue dotazioni personali, della sua storia
personale, delle vicende della sua vita, della pregnanza
o meno delle relazioni significative incontrate nel corso
degli anni, ma è una sintesi che ha significato
solamente allinterno del quadro delle specifiche
relazioni sociali che riesce ad intessere.
E' questa sintesi, che
potremmo chiamare personalità, che dà, comunque, senso
e significato ai comportamenti, e proprio di alcune
vicissitudini ed esiti di questo processo di sviluppo
tenteremo di occuparci di seguito, per poi arrivare ad
alcune riflessioni sulle strategie di intervento più
opportune per aiutare l'uomo in questa sua faticosa
ricerca di senso (questo nel terzo e quarto articolo).
Lonnipotenza perduta
Per affrontare il tema
della personalità occorre primariamente ricordare, con
Winnicott, che ogni singola persona, per la costruzione
della propria identità, compie un lungo e complesso
percorso che, partendo da una situazione iniziale
sostanzialmente caratterizzata della dipendenza, va verso
una situazione nella quale prevale lindipendenza.
Figurativamente, possiamo
pensare questo cammino come ad una sorta di traiettoria,
che tutti sono chiamati a compiere, che parte
dallillusione dell'onnipotenza (che è poi il
fantasma originario dell'autoriproduzione che pervade
ognuno al momento della nascita), per approdare alla sua,
faticosa ma necessaria, rinuncia finale. Un cammino
attraverso il quale ognuno arriva a sviluppare una sorta
di senso di familiarità col mondo, di essere parte dei
destini di tutti gli altri essere umani.
Il completamento, anche
parziale, di questo sviluppo è talmente importante che,
come ricorda Racamier, lo stesso senso del reale non può
essere posto alla base dell'Io se non si è passati per
questa illusione di onnipotenza e se non vi si è
rinunciato.
Si tratta di un cammino
reso complicato da fattori sia interni che esterni
all'individuo stesso, e il cui buon esito è in fondo
garantito dalla conservazione della capacità di
spostarsi dalla dipendenza all'indipendenza e viceversa,
dalle forme dell'una a quelle dell'altra, si tratta
quindi di una dimensione personale e storica che si pone
all'antitesi della rigidità.
Per approfondire
maggiormente quanto detto, utilizzando unimmagine
offerta da Winnicott, possiamo immaginare le tappe dello
sviluppo del bambino come una serie di cerchi concentrici
che vanno, dallinterno verso lesterno,
dall'indifferenziazione madre-bambino fino alla
costruzione di un'identità personale.
Secondo lo schema
proposto, l'individuo che cresce, per abbandonare il
cerchio in cui si trova, avrà bisogno di trovare un
cerchio più ampio pronto a succedere al primo. Ma questo
non dovrà essere troppo lontano dal primo, tanto da
chiedergli di compiere un salto eccessivamente imprudente
e da precludergli la possibilità di ritornare indietro
qualora le difficoltà si presentassero troppo impervie
da affrontare.
Nel caso pratico possiamo
pensare ad un bambino che ad un certo punto della sua
crescita sente il bisogno di allontanarsi dalle braccia
della madre: lautentico distacco potrà essere solo
graduale permettendogli di entrare in un più vasto
ambito di controllo; qualche cosa che sia diverso dalle
braccia materne, ma che si situi lì accanto, e in
qualche modo sia in grado di ripeterle simbolicamente,
senza il rischio di sentirsi proiettato nello spazio
indifferenziato.
Lesito finale di
questo percorso arriva alla costruzione di un sentimento
di essere una persona che racchiude e "miscela"
al suo interno tre immagini di sé, tutte di pari
importanza: lessere una persona durevole (che sente
di avere una continuità nel tempo), lessere una
persona intera (con una sua precisa continuità nello
spazio), lessere una persona significativa,
portatrice di un senso (quindi con il senso di una
continuità nella causalità).
Quelli di cui abbiamo
parlato sono sentimenti estremamente sfumati, difficili
da percepire allo stato puro; possiamo dire che ci si
accorge della loro importanza solo quando vengono a
mancare, un po' come l'aria che si respira di cui si
sente la mancanza quando il respiro si fa affannoso.
Allinterno di questo
complesso processo di identificazione, l'Io di ogni
persona arriva a creare dei confini, delle frontiere che
hanno la fondamentale funzione di esercitare una sorta di
filtro sia agli stimoli esterni che a quelli provenienti
dall'interno, da quel misterioso e sconosciuto mondo
sotterraneo che si usa chiamare inconscio.
Possiamo quindi dire che
quello che ogni persona arriva a considerare come
acquisito, è necessariamente transitato attraverso le
frontiere del suo Io. Ma queste frontiere, un po' come le
frontiere degli stati, abbisognano di norme che regolino
l'afflusso di questi elementi, senza troppi rischi di
indebite infiltrazioni o sconfinamenti.
La rigidità o la relativa
elasticità di queste frontiere, l'ampiezza dello spazio
tra una frontiera e l'altra (una sorta di terra di
nessuno che è al contempo sotto il dominio di due
diverse persone) sono un po' gli elementi decisivi che
contribuiscono a determinare alcune delle più
significative relazioni che lindividuo arriva ad
instaurare con gli altri.
Più la persona sentirà
debole il suo Io, più si sentirà minacciata e sarà
indotta a mobilitare forze sempre più ingenti per la
difesa dei "confini", con lirrigidimento
delle regole di accesso di elementi nuovi all'interno
dell'Io.
Pensiamo, a titolo di
esempio, come siano importanti questi fattori nel
determinare la capacità di una buona convivenza civile
pur nell'accettazione della diversità sempre più
presente nella nostra società inter-culturale e
inter-razziale.
Antonio Zuliani
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