L'Elisir d'amore al Teatro
Comunale di Firenze
L'
Elisir damore è una delle poche opere di Gaetano
Donizetti che erano rimaste in repertorio costantemente
prima della ormai famosa "Donizetti
renassaince". Sulla genesi di quest'opera si hanno
scarse notizie da parte del compositore mentre una
ricostruzione della nascita della partitura può essere
fatta scorrendo la biografia del librettista Felice
Romani redatta dalla moglie Emilia Branca.
Nel 1832 al direttore del
Teatro alla Cannobiana di Milano era venuta a mancare
un'opera nuova promessagli da un altro compositore (e mai
realizzata) ed allora si rivolse a Donizetti affinché lo
togliesse da questo impiccio.
Donizetti chiamò per la
stesura del libretto il fido Felice Romani ed insieme
scelsero un argomento che Scribe aveva composto per
Daniel Auber ed intitolato "Le philtre", opera
che andò in scena con successo all'Opera Comique il 20
giugno 1831. Autore e librettista lavorarono intensamente
ed in accordo: Romani approntò il libretto in una
settimana e Donizetti musicò l'opera in soli quattordici
giorni. L'unico screzio tra i due artisti ebbe per
oggetto l'aria che divenne poi la più famosa di tutta
l'opera; alla scena ottava del secondo atto Donizetti
propose di introdurre una romanza per il tenore. Romani
si oppose perché gli sembrava che la cosa raffreddasse
l'azione ma Donizetti fu irremovibile e nacque così una
delle più belle romanze del melodramma italiano e cioè
"Una furtiva lacrima".
L'opera è un capolavoro sia per il
brioso libretto e per il perfetto taglio dei personaggi
sia per la capacità della musica di passare dal tono
burlesco e farsesco a quello idillico-sentimentale ed a
quello agreste e semplice dettato dai cori. Donizetti non
credeva nella bontà del suo lavoro: dopo l'enorme
successo della prima avvenuta al Teatro alla Cannobiana
il 12 maggio del 1832 e che sfociò in ben trentadue
repliche, egli scriveva al suo maestro Simone Mayr:
"La Gazzetta giudica dell'Elisir d'amore e dice
troppo bene, troppo, credete a me, troppo!". Giulio
Ricordi chiese a Donizetti a chi intendeva dedicare
l'opera ed egli rispose galantemente: "Già che a
me, per tua gentilezza, lasci la dedica dell'Elisir, io
te ne sono gratissimo e questa sia al bel sesso di
Milano. Chi più di quello sa distillarlo? Chi meglio di
quello dispensarlo?".
L'edizione andata in scena
al Teatro Comunale di Firenze aveva come protagonista
femminile Eva Mei, voce molto interessante, bene intonata
in tutti i registri e con una presenza scenica di
primissimo ordine. Nemorino era Vincenzo La Scola le cui
qualità sono ben note ed oggi è uno dei migliori tenori
attivi sulla scena lirica; ha disegnato assai bene la
figura del contadino innamorato anche se in certi momenti
non avrebbe nuociuto un fraseggio più delicato e
sottile. Ha giustamente riportato un successo personale
nella romanza del secondo atto con richiesta di bis non
concesso.
Ottimo il Belcore di
Roberto Frontali ed il Dulcamara di Giorgio Surjan che ha
saputo tenere nei giusti limiti la briosità del
personaggio senza debordare in inutili guitterie sia
vocali che sceniche.
Maurizio Benini ha diretto
senza particolari accensioni la puntuale Orchestra del
Maggio Musicale Fiorentino. Ottimo l'apporto del coro
diretto da Josè Luis Bros. Le scene erano realizzate da
Raffaele Del Savio ispirandosi a quelle classiche di
Alessandro Sanquirico. Luciano Alberti ha curato la regia
con gusto e misura.
Vivo e meritato successo
da parte del pubblico assai folto. Nelle fotografie
vediamo i personaggi di Adina e Belcore in una incisione
di De Valentini ed il frontespizio dello spartito
dell'Elisir d'amore in una edizione dell'ottocento.
Luciano Maggi
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