E lacqua
benedetta diventò un ruscello
Raggi
di sole usati come fari. Oppure corsi dacqua che
accompagnano i fedeli davanti allaltare. Sono solo
alcune delle realizzazioni e dei simboli che
contraddistinguono lopera di Vittorio Gigliotti,
larchitetto della Moschea di Roma e delle chiese di
San Lorenzo a Caposele e della Sacra Famiglia (con Paolo
Portoghesi) a Salerno. Perché, dice, è dietro ai giochi
di luce e agli scrosci dacqua che si può cercare
il mistero della divinità
L'incontro di Vittorio
Gigliotti con l'architettura sacra è avvenuto in modo
casuale, quando nel 1958 decise di intraprendere il
restauro di San Felice in Felline, una pieve romanica in
rovina nei dintorni di Salerno.
E proprio Salerno, sua
città natale, ha visto realizzati negli anni successivi
i progetti dei due edifici religiosi che costituiscono un
momento fondamentale nell'opera di questo progettista: la
chiesa della Sacra Famiglia (progetto
Gigliotti-Portoghesi 1968) e San Lorenzo a Caposele
(progetto Gigliotti 1986).
Espressione emblematica
della ricerca spaziale intrapresa insieme a Paolo
Portoghesi in opere precedenti, lo spazio della Sacra
Famiglia si articola su un sistema di sei centri
geometrici che espandendosi in onde concentriche lo
modellano attraverso un movimento fluido di convessità
interne. Tre di questi centri, al tempo stesso poli
spaziali e luminosi, generano altrettante volte che
rappresentano simbolicamente il "Mistero della
Trinità".
Nella Sacra Famiglia il
carattere fortemente simbolico del concetto religioso
viene a coincidere con l'aspetto formale-strutturale,
eliminando di conseguenza la decorazione. Il compito di
definire e caratterizzare lo spazio viene assolto dalla
struttura. L'armatura di cemento si articola così in un
unico modulo formale di lastre curve, che muovono la
superficie muraria in un ritmo avvolgente e ininterrotto
di organismo che cresce e si trasforma plasmato dalla
luce.
Ed è proprio la luce a
conferire enfasi e unità allo spazio interno: un fascio
luminoso scende dal centro della cupola sullaltare,
coagulando in questo punto la tensione emotiva e
accentrandovi fortemente lo spazio, per poi tornare dal
basso a illuminare le volte e dilatarsi sulle superfici
plastiche in un movimento che riconduce all'originale
significato della luce come manifestazione del divino.
Così come nelle cupole della
Moschea di Roma la luce è la guida morale di Dio, parola
docente e segno della presenza di Allah; nella chiesa di
San Lorenzo a Caposele il Mistero del provvidenziale
intervento divino si materializza visivamente in un
fascio luminoso che dalla cupola esagonale scende
sull'altare, mentre raggi minori provengono dalle piccole
cupole in corrispondenza delle cappelle laterali, andando
a definire i volumi nitidi dell'interno e la copertura a
gradini che disegna le ellissi sul soffitto. E
l'acqua - però - a costituire il motivo dominante in San
Lorenzo: la chiesa, progettata in seguito al terremoto
che nel 1980 distrusse il preesistente tempio
ottocentesco, è stata edificata sulla sorgente del fiume
Sele, e la fonte diventa nell'immaginario poetico
dell'autore, il fulcro di questa architettura, dove il
dato naturale riesce a fondersi insieme alla costruzione
dell'uomo e al simbolo religioso.
Già nella Moschea l'acqua
- tradizionale elemento della architettura islamica -
viene utilizzata per accogliere il fedele all'ingresso e
condurlo fino alla vasca a forma di stella posta di
fronte alla sala di preghiera. Ciò rimanda all'uso
persiano di far correre l'acqua in canali sotterranei,
per poi costringerla a risalire in superficie mediante
sofisticati meccanismi idraulici. Nella "Chiesa
sulla sorgente" l'acqua, secondo le parole del
profeta Ezechiele "scaturisce dal tempio" per
portare la vita poiché "dove giungono le acque del
santuario tutto rivive e viene risanato". Così a
Caposele l'acqua confluisce dalla sorgente nella vasca
battesimale per la purificazione e la rinascita. La
chiesa di San Lorenzo può essere considerata come una
scultura eseguita sul terreno e nella roccia, per la
complessa articolazione dei volumi delle cappelle
laterali, che si dipanano in una sequenza di corpi semi
cilindrici vuoti e pieni.
Il più recente progetto
di opera sacra di Vittorio Gigliotti è il Centro
Convegni e Museo dei Presepi presso il Santuario di
Greccio (1993), dove San Francesco trascorse gli ultimi
anni della sua vita. La scelta della grotta come luogo di
meditazione e preghiera ed il contesto storico e naturale
- il santuario fu costruito nel XIII secolo aggrappato su
di una parete rocciosa - che impediva la realizzazione di
strutture imponenti in vista sul territorio, hanno
portato ad una soluzione sotterranea. L' Auditorium si
estende nel sottosuolo lasciando intatta la superficie,
rendendo visibili all'esterno solo i parapetti delle tre
gradinate in pietra che si addentrano nel terreno, per
rievocare la discesa di San Francesco nella profondità
della terra, a incontrare il silenzio e lassoluto.
Unico altro elemento visibile dall'esterno è il
"pozzo" attraverso il quale la luce naturale
penetra all'interno.
Il significato simbolico
di questo polo di luce, che unisce esterno e interno in
una soluzione dal profondo significato religioso - si
discende negli abissi delle tenebre per ritrovare la luce
- rimanda inevitabilmente alle precedenti esperienze
della Sacra Famiglia e di San Lorenzo, in cui la presenza
di poli luminosi conferisce il carattere spirituale ed
evocativo.
m.s.
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