LArchitetto
di Dio
Ignora
il computer perché "senzanima" e si
definisce "progettista-artigiano; pensa che creare
edifici sia come mettere al mondo un figlio; crede che le
grandi idee debbano essere realizzate per resistere
millenni. Nellintervista esclusiva per Nautilus
larchitetto Vittorio Gigliotti racconta cosa vuol
dire oggi, alle soglie del 2000, dedicarsi
allarchitettura religiosa. DallIslam al
cattolicesimo
Come si fa a diventare
Vittorio Gigliotti?
Un detto islamico recita che gli
incontri nella vita sono - come in un tappeto persiano -
i nodi su cui vengono tessute le trame. L'incontro con
certe persone dà delle direttrici determinanti per la
tua vita. Nella mia vita professionale io indico due
incontri fondamentali: quello con Bruno Zevi, sul lavoro,
a Salerno, che instaurò subito un profondo rispetto
reciproco e portò, alla fondazione dello "Studio AZ
Architetti e ingegneri" nel quale eravamo partner a
pari livello.
Dopo quattro anni di
attività comune, nei quali, grazie anche ad un forte
legame tra di noi, realizzammo molte opere interessanti,
Zevi si volle ritirare per dedicarsi in pieno
all'università e dopo ventiquattro ore, Paolo
Portoghesi, che avevo conosciuto presso la rivista
"L'architettura", mi chiese se volevamo fondare
una società insieme. Quindi il secondo incontro
importante della mia vita è stato quello con Portoghesi,
con il quale per oltre 28 anni ho avuto una società di
progettazione a pari livello produttivo. Fino al 1982
l'esecuzione dei lavori era svolta completamente insieme,
poi abbiamo incominciato ad eseguire alcuni lavori anche
separatamente.
Comè stato
lavorare con Portoghesi ?
Con Portoghesi ho
realizzato il sogno del professionista:
"l'ingegnere-architettonico", perché noi
abbiamo integrato perfettamente le nostre attitudini
personali. L'ingegnere, da solo, non ha la capacità di
realizzare opere, per cui si verifica la condizione in
cui l'architetto crea e l'ingegnere integra.
Nel mio caso questo non
s'è verificato perché io sono stato, sia con Zevi sia
con Paolo Portoghesi, autore architettonico delle opere
da noi realizzate, e solo in seguito realizzo
tecnicamente i lavori nei molteplici aspetti del lavoro,
dalla gara di appalto fino alla direzione dei lavori.
Questa è la qualità ottima del progettista.
Che cos'è
l'architettura per lei?
L'architettura è un mezzo
dell'uomo per creare quello che occorre all'uomo stesso
per vivere secondo una legge che non sia una legge
primitiva, e per vivere in un ambiente che dia la
possibilità di realizzare una personalità fautrice di
una società civile. L'architettura è un insieme molto
complesso di aspetti concomitanti: da quello funzionale a
quello economico, da quello ambientale a quello
strutturale. L'opera non deve essere solo un
"contenitore", bensì deve esaltare il modo di
vita di chi usufruisce di questa architettura e
sottolinearne i valori architettonici e spaziali in
maniera da costituire l'integrazione con chi vive al suo
interno.
Le opere convincenti sono
quelle che sono ambientate nella cultura e nella
tradizione locale architettonica. Per esempio un'esigenza
fortissima sentita da me e Portoghesi è stata quella di
integrare la moschea nella Roma antica, oltre fare
un'opera di architettura islamica. In secondo luogo tali
opere devono esprimere all'esterno il contenuto
dell'opera. Non possono avere lo stesso carattere esterno
ed inoltre devono servirsi della parte strutturale come
parte determinante nella definizione dello spazio.
Poi c'è un altro aspetto
che voglio spiegare con un esempio facendo riferimento al
centro Pompidou a Parigi. Io non condivido il modo di
impiegare l'architettura per l'uso di materiali che tra
trent'anni dovranno essere sostituiti. Questo rientra nel
consumismo industriale del nostro secolo, che serve solo
a distruggere il mondo. Un'opera che ha un suo valore
deve rimanere a testimoniare nei secoli la cultura, la
civiltà, l'architettura di quel tempo; ed il Pompidou
questo non è in grado di farlo, perché è ovvio che non
potrà, nel tempo, essere rifatto tale e quale. I
materiali della moschea, invece, dall'esperienza, che se
ne è avuta a Roma, resistono tra i tremila ed i
quattromila anni.
Che cosa prova quando
completa la realizzazione di un'opera, ne è soddisfatto?
Molto: è come aver messo
al mondo un figlio.
E quando la rivede,
prova la stessa soddisfazione?
Sì, amandola ed
ammirandola sempre di più; perché più di un figlio ha
l'immutabilità ed il silenzio, e lo stesso rapporto col
suo autore è un rapporto di ascolto.
Quanto si appassiona
alla realizzazione dei suoi lavori?
Io ho dedicato, sempre,
tutto me stesso a qualunque opera lavorassi, perchè non
è l'amore ad un singolo programma architettonico o per
una singola opera ad appassionarmi, bensì l'amore per
l'architettura e l'opera d'arte in generale. Se io decido
di lavorare ad un'opera, questa penetra al mio interno e
diventa parte della mia vita.
Naturalmente ognuna di
esse ha un modello espressivo diverso che le deriva dal genius
loci, ovvero dalla sua collocazione in un luogo dove
vi è un ambiente naturale, un luogo, un ambiente
architettonico, un modo di vita che va riprodotto.
Un'opera non può essere la stessa a Chicago e
contemporaneamente a Parigi, Londra e Taranto.
Quanto si riconosce
nelle sue opere?
In pieno. E le opere che
ho eseguito stanno a testimoniare la mia dedizione
completa verso di esse. Io sono un
"progettista-artigiano" che sceglie le sue
opere e che non accetta una quantità di lavori per avere
un enorme curriculum ed introitare eccezionali compensi.
Se l'opera non è convincente nei suoi contenuti faccio a
meno di entrare a lavorare su questo progetto. Io ho
rinunciato sia all'attività universitaria sia ad altre
attività collaterali per occuparmi esclusivamente della
professione.
Qual è la metodologia
messa a punto da lei e Paolo Portoghesi?
Noi rappresentiamo lo
spazio architettonico non come una scatola da riempire,
ma come un sistema di luoghi che crea tanti poli connessi
alle funzioni, ovvero alla vita che l'uomo svolge in
questo edificio, che possono essere anche poli di luce o
poli simbolici, come in edifici religiosi. Questi vengono
rappresentati come se fossero dei poli magnetici emananti
delle onde, dando risalto architettonico alla funzione
che viene svolta in quel determinato edificio. Nella
moschea, per esempio, la struttura fa da decorazione.
Parliamo ora della
moschea di Roma. Lei crede che la moschea sia il
risultato di una koiné culturale,
oppure teme che una cultura abbia prevalso su un'altra?
Il risultato è stato
sicuramente la fusione di due culture, di due mondi
differenti.
Lha mai turbata
lipotesi che la Moschea potesse divenire una sorta
di copertura per lo spionaggio internazionale, idea che
fu ventilata da molti allinizio dei lavori?
Assolutamente no. Conosco
sufficientemente bene il mondo arabo per affermare che
nessuna autorità di un paese islamico confonderebbe gli
interessi religiosi con quelli politici e spionistici. E
poi, diciamo la verità, purtroppo o per fortuna non
cè bisogno di realizzare unopera così
costosa per portare a Roma un gruppetto di spie...
Mentre lei stava
lavorando alla moschea, nel 1989, lei ha vinto il premio
biennale ingegnere europeo ed è
stato il primo italiano a potersene fregiare: ci racconta
un po' qualcosa al riguardo?
Il premio, fino allora,
era stato sempre assegnato per lavori chimici o
industriali ed era la prima volta che qualcuno vinceva
con un edificio di ingegneria civile o addirittura di
architettura religiosa. Ad ogni modo, tramite la society
of engineers fondata a Londra nel 1854, si riunì un
comitato per scegliere i più importanti ingegneri dei
dodici paesi della Cee, ed all'interno di questo gruppo
di persone venni scelto io - all'unanimità - come il
migliore ingegnere europeo.
Quale fu la
motivazione?
Il corretto sfruttamento
dello spazio architettonico tramite le strutture. Ma, in
particolare, per quanto riguarda la moschea, grande
importanza hanno avuto i pilastri bianchi, costituiti da
un materiale mai usato prima, ovvero cemento bianco,
pietrisco bianco, marmo di Carrara bianco, che hanno dati
risultati eccellenti, perché risultano come se fossero
di marmo modellato, una struttura portante di cemento
armato, quindi estremamente resistente.
Questi pilastri richiamano
il capitello, dando inoltre l'idea delle mani alzate in
preghiera, come la consuetudine islamica impone, oppure
del bosco di palme o di pini, pietrificato. Essi
compaiono in sei dimensioni all'interno del centro
islamico.
Le strutture sono
importanti a tal punto, che a differenza delle altre
moschee, non verranno ricoperte da mosaici. L'armatura
zincata, impedirà che il ferro si deteriori e che possa
nuocere in qualche maniera al bianco dei pilastri.
Inoltre sebbene a Roma non sia prescritto, poiché io
sono un uomo del sud e so cosa significa un terremoto, la
moschea è stata costruita con il rispetto delle norme
antisismiche per evitare che magari in un futuro lontano
vi siano problemi con i nuovi assetti geologici del
pianeta. Comunque noi abbiamo espresso con l'architettura
il simbolismo islamico.
Quanto peso ha
l'apporto dell'elettronica e del computer sul suo lavoro?
Considero l'elettronica e
la meccanica di qualche valore solo nella realizzazione
di edifici di secondaria importanza. Per esempio, la
costruzione dell'aeroporto di Khartoum in Sudan fu
realizzato da me e dai miei collaboratori. La
progettazione di una cinquantina circa di edifici
secondari fu affidata a dei calcolatori. Il mio lavoro è
di tipo artigianale, io non uso il computer.
In fase di creazione il
computer è dannoso, può essere comodo solo in fase di
copia e di divulgazione dell'opera. Una volta,
partecipando ad una mostra dove erano presenti lavori di
circa 150 artisti e progettisti di tutto il mondo alla
Columbia university, tra decine di opere colossali,
quella che suscitò maggiore interesse fu la mia
chiesetta da niente di Caposele, costata solo sette
miliardi. La motivazione fu che la mia chiesa aveva un
anima, assente in tutte le altre opere. Questo è stato
interamente dovuto a un modulo di lavoro
"artigianale".
Roma è l'unica città
al mondo, che può vantare San Pietro, roccaforte del
cattolicesimo, una sinagoga ed ora la moschea. Cosa si
prova ad essere uno dei fautori principali di questo
modello di tolleranza?
E' una grande emozione
aver partecipato alla realizzazione di quest'opera,
perché so che è destinata ad avere molta importanza
nella vita sociale, storica e politica mondiale e dunque
in quella romana ed italiana. Sono lieto d'aver potuto
dare un aiuto a mostrare al mondo, in tempi tanto
difficili di contrapposizione dell'occidente cristiano
all'oriente islamico, la tolleranza degli italiani
Lei non teme di essere
ricordato solo per la moschea, quasi che le altre sue
opere venissero dimenticate?
Penso che verrò ricordato
per tutte le mie opere. Per esempio a Salerno, nella mia
città, ho costruito tre chiese molto importanti a
livello mondiale. E quindi almeno lì spero di essere
ricordato per quelle realizzazioni. O almeno
l'arcivescovo mi ricorderà...
Ha mai avuto il timore
di non riuscire a portare a termine un suo lavoro?
No, io sono stato abituato
alla scuola della vita difficile.
L'esercizio della
professione, di solito, non è tutto rose e fiori, visto
che s'incontrano difficoltà senza fine. Se non ci
fossero difficoltà, forse, non ci prenderei gusto;
altrimenti lo potrebbero fare tutti. Come dicono a
Napoli: "il difficile è uscire dal fuoco...".
Le cose vanno impostate con grande sacrificio,
esperienza, onestà morale e professionale, dedizione.
Quando lei studiava
all'università pensava di raggiungere tutto quello che
ha raggiunto?
Io mi dedicavo con
religiosità allo studio, il resto è venuto dopo. Mi
ricordo che una volta mentre stavo facendo colazione in
un baretto a via Mezzocannone insieme al grande professor
Galli di scienza delle costruzioni, gli domandai perché
gli amici che incontravo durante le vacanze di Natale a
Salerno, i quali erano andati a studiare a Milano o a
Torino, avevano molte più nozioni di quante ne avessi io
ed avevano molti più metodi di risoluzione pratica dei
problemi. Magari tramite formule conosciute molto più a
fondo di quanto avessi studiato io e facendomi fare così
una brutta figura, seppure studiassi sempre ed andassi
molto bene. Lui mi disse: "Vittò non ti
preoccupare, sono due scuole diverse, pensa alla
professione come alla tua scrivania. Quanti cassetti ha
la tua scrivania?" "Otto" - risposi
-"Ebbene" - disse - "quelle scuole ti
danno la possibilità di aprire uno o due cassetti con
una chiave d'oro, mentre noi ti diamo una chiave
d'argento con la quale potrai aprire tutti gli otto
cassetti". E stato sacrosanto.
Quanto ha contato la
famiglia nel suo lavoro?
Sono testimoni delle mie
tensioni, forse vittime della dedizione al lavoro, ma
credo che d'altra parte siano felici di avere un uomo che
crea opere di grande qualità. Questa è la mia
personalità, e non penso di potervi rinunciare.
Qual è il suo rapporto
con Dio?
Dio è il culmine
dell'uomo, vedendolo, immaginandolo, considerandolo
presente come il significato dell'eternità.
Io aspiro all'eternità
dello spirito con la realizzazione di opere che
contribuiscano a delineare il significato dell'eternità,
tramite la trasmissione verso il futuro, verso
l'infinito. Io desidero partecipare alla rappresentazione
divina mediante le opere che esprimano un senso
religioso, mistico e spirituale della vita.
Una cultura cattolica
così profonda è stata un limite per la realizzazione
della moschea?
Al contrario, è
un'esaltazione, perché questa ricerca del divino,
dell'infinito ed il poter accorgersi come in altre
religioni questa ricerca venga sentita, è una grande
scoperta ed un grande progresso della mia convinzione sul
significato della divinità. Io sono stato quasi
illuminato da questa esperienza.
L'irruzione
dell'eternità nella materia; il suo costruire opere
"che rimangano", non la fa sentire come una
specie di demiurgo?
No. La mia forza, il mio
temperamento è la modestia. Noi siamo "cose da
nulla".
In fase di
progettazione lei si sente più un creatore o un
modellatore della materia?
Ambedue le azioni sono
necessarie. La creazione perché è l'intuizione
dellattimo Quand'ero giovane mi domandavo in che
momento si crea un'opera. Oggi so che a tavolino non si
creerà mai un'opera; la si crea nei momenti più
impensati. L'idea di cosa fare a Greccio mi è venuta in
macchina, per esempio.
Che cosa si augura per
il futuro dell'architettura?
Io sono ottimista per
l'evoluzione delle cose e del mondo.
Ritengo che l'uomo sia
sempre logico ed intelligente, e che, dunque, possa
trovare la strada giusta tra la costruzione del futuro e
la distruzione del passato, magari applicando nuove
tecnologie che lo portino alla giusta concezione ed al
corretto sfruttamento dello spazio e delle risorse.
Che cosa ha visto nella
sua vita che l'ha emozionata di più?
L'uomo non deve perdere di
vedere l'Africa, la Norvegia, ma principalmente la valle
del Tigri e dell'Eufrate. In questa valle cè il
minareto di Samarra, che è il minareto elicoidale di una
moschea in rovina dell'ottocento circa dopo Cristo; è
uno sconvolgente anelito verso Dio. Ma al di là
dell'architettura, una traccia importantissima nella mia
vita è stata lasciata mentre lavoravo in Palestina.
Avevo sempre cercato di capire dove fossero stati scritti
i testi sacri della nostra Bibbia ed una mattina,
accompagnato a Petra da Amman su un auto di re Hussein
insieme a Paolo Portoghesi e Christian Norberg-Schulz ,
mentre stavamo attraversando il deserto su una strada
carovaniera chiesi all'autista di fermare la Mercedes per
poter vedere le dune da vicino. Poco lontano c'era un
uomo dall'aspetto assai povero, con tre capre,
accoccolato su una bacinella di latta.
Lì per lì, rimasi un po'
contrariato, "ma come" - mi dissi - "mi
fermo nel deserto e vedo uno che fa i suoi bisogni",
dopo un po' mi resi conto che l'uomo si stava lavando i
genitali e solo dopo aver terminato l'abluzione, si
inchinò verso la mecca e si mise a pregare.
Allora capii: l'uomo non
aveva scritto la Bibbia in nessuna sorta di architettura,
in nessun tempio. L'uomo aveva scritto la Bibbia nel
vuoto più assoluto, dove nulla ti può distrarre. Dove
si può ancora una volta ascoltare il silenzio.
Marco Spagnoli
http://www.unisa.it/max/salerno/f3.asp
http://www.unisa.it/max/salerno/e7.asp
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