
Il tamburo di
latte
Esasperati
dalla questione delle multe per le "quote
latte", centinaia di allevatori in Veneto, Piemonte,
Lombardia, Emilia e Friuli hanno messo sotto assedio le
autostrade. Nel primo "assalto" padovani e
vicentini hanno paralizzato l’A4 Serenissima a
Vancimuglio, tra manganellate e botte con la polizia.
Ecco nell’intervista al portavoce ufficiale dei
Comitati spontanei di Vicenza chi sono e cosa vogliono
gli agricoltori scesi in trincea
Vicenza – Ogni tanto
passa un camion e suona il clacson o saluta dal
finestrino. Un gesto di solidarietà, anche se il blocco
dell’autostrada A4 che giovedì ha paralizzato la
circolazione non è stato proprio un divertimento.
Comunque il giorno dopo quei cento trattori schierati ai
due lati dell’autostrada dai Cospa, i Comitati
spontanei degli allevatori, per ora non si muovono.
Nonostante le botte con la polizia, i feriti, i cinque
agricoltori arrestati dopo gli scontro seguìto
all’invasione della carreggiata, il freddo e lo
schieramento della celere nella corsia di emergenza che
ha l’ordine di fermare qualsiasi nuovo tentativo di
invasione.
All’altezza di Vancimuglio,
pochi chilometri fuori da Vicenza, i Cospa si sono divisi
in due gruppi: a Nord i padovani e dall’altra parte
i vicentini. Sempre in collegamento radio con gli altri
presìdi in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli:
"Niente iniziative personali: quando ci muoviamo lo
facciamo tutti assieme" dice Cesare Filippi, 26
anni, portavoce della "sezione" vicentina. La
sciarpa sulla bocca copre il labbro inferiore gonfio come
un pallone dopo la bastonata che gli ha rifilato a freddo
un agente e ripreso anche dalle tv: "E’ stato
un gesto immotivato, stavo parlando con il questore, mi
pare. E questo mi arriva alle spalle e mi colpisce. Se lo
denuncio? Certo. Mi ballano anche i denti e mi hanno
messo qualche punto, devo andare a farmi
vedere…".
Aspetta, Filippi. Assieme
agli altri. "Per ora non ci muoviamo perché ci sono
i nostri cinque compagni ancora in galera, ma speriamo
che li lascino liberi presto". La guerra dei nervi
continua: decine di grossi Landini, Massey Ferguson, Fiat
e Carraro in bell’ordine fuori dalla rete, sulla
corsia di soccorso i furgoni della polizia uno dietro
l’altro. Ma lo sapete che se decidete di sfondare di
nuovo per bloccare l’autostrada sono di nuovo
manganellate? Lo sanno, ma la parola d’ordine è non
mollare. Il perché lo spiega sempre Filippi, in fondo
gli basta raccontare la sua storia: "La mia azienda
è a Bolzano Vicentino: 220 vacche di razza frisona e
bruna, 100 campi, insomma medio-grande. Siamo una
famiglia di contadini, da generazioni. Le scuole? Ho
fatto la terza meia, poi al lavoro. E con mio fratello
Michele abbiamo deciso di dedicarci
all’azienda". Lì hanno investito tutto, dice:
"Mio padre Giuseppe aveva 30 vacche, quasi roba
familiare. Ci ha chiesto cosa volevamo fare: se ve ne
andate mi fermo, se restate si cresce. Così
l’azienda è diventata grande". Anche troppo,
forse. Visto che la questione delle quote latte penalizza
chi produce troppo. O di più. "Dovrei produrre
massimo 2400 quintali di latte l’anno, invece sono a
11 mila. E devo pagare una multa da 700 milioni. Più
qualche centinaio di milioni di indebitamento per far
funzionare l’azienda. Mica si possono spegnere, le
vacche, non sono motori".
Così, dicono i Cospa,
dobbiamo pagare la multa perché produciamo troppo. Ma se
non facciamo abbastanza latte, non rientriamo con le
spese: "Potrei mungere circa 50 quintali di latte al
giorno – spiega Filippi – ma la legge vuole che
ne faccia solo 25. Così per farmi dare i soldi dalle
banche ho ipotecato i terreni. Ma adesso non ho più
niente, da ipotecare…". Sposato, due figli,
Cesare Filippi scuote la testa: "Hanno aspettato che
diventassimo delinquenti. I più vecchi ci hanno
raccontato che non avevano mai visto i celerini sparare
ad altezza d’uomo con i lacrimogeni. Invece con noi
lo hanno fatto". E la Coldiretti, il sindacato degli
agricoltori una volta unica voce della categoria?
"Quelli? Ci sono contro. E’ da sei anni che me
ne sono andato. Una volta ci dicevano ‘tranquilli,
fate latte che con le quote siamo a posto...’. Così
adesso ci ritroviamo nei guai. Fanno il gioco della
maggioranza, del governo".
A proposito di politica:
qualcuno dice che siete tutti leghisti… "Noi?
Ma no, accettiamo tutti. Vogliamo solo portare a casa i
soldi e basta, non ci interessa chi e come". Così
lotta dura. E organizzata: nei due rimorchi-dispensa ci
sono viveri per una settimana, dicono. Una intera forma
di grana padano, sopresse, panini, bottiglioni di vino,
coca-cola. E ogni tanto una braciolata. "Tutto
spontaneo – dice uno degli addetti alla cucina
– Qualcuno porta la bombola del gas, altri da bere,
si fa qualche pastasciutta". Una tristezza, per i
poliziotti dall’altra parte della rete che vedono i
Cospa affettare salami e formaggi, mentre loro bevono
acqua minerale e qualche arancia. Quanto durerà?
"Aspettiamo decisioni serie dal governo. Noi
restiamo qua a tempo indeterminato".
Venerdì succede anche un
mezzo pasticcio: quando nel pomeriggio accendono i
trattori per scaldarli (una provocazione?), la polizia
pensa all’inizio dello sfondamento e blocca
l’autostrada. In quindici minuti si paralizza tutto,
Filippi sogghigna: "Noi abbiamo solo acceso i
motori, hanno fatto tutto loro". Adesso? Adesso
c’è un’altra notte davanti, tutto è in
sospeso. Loro, gli allevatori arrabbiati, sono abituati
al freddo e pazienti per natura (sopressa e vino a
parte). Gli agenti, infreddoliti e astemi per
"servizio", un po’ meno.
Alessandro
Mognon
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