
Il lieto
novello
Con un
milione di bottiglie in più rispetto al 1996 si
ripresenta il vino pronto da bere frutto della super
vendemmia ’97. E il ministero ha concesso
l’autorizzazione per il primo deblocage che apre la
stagione in occasione del 10° Salone nazionale del vino
novello di Vicenza. Un settore che rappresenta solo lo
0,2% della produzione italiana, ma che ha oramai un suo
mercato. Pronto alla sfida (per ora impari) con il
roccioso Beaujolais
Visto la vendemmia super, e
soprattutto per i rossi da invecchiamento,
quest’anno hanno rischiato di non arrivare nemmeno
alla bottiglia. Visto che il mosto 1997 è stato
dichiarato da ottimo a eccellente, come non si vedeva da
20 anni. Invece i vini novelli registrano perfino un
piccolo record: un milione di bottiglie in più rispetto
al 1996. Insomma le 281 aziende italiane produttrici di
questo vino fresco ottenuto dalla macerazione carbonica
delle uve appena raccolte e subito messo in vendita non
hanno fatto dietrofront. Aumentando anzi la produzione
del 6%. Anche perché, a dire il vero, produrre novello
significa incassare in anticipo invece di aspettare
l’anno o gli anni successivi.
Così dal 10° salone
nazionale del vino novello ospitato dalla fiera di
Vicenza il 5-6 novembre ne esce fuori un quadro in fondo
positivo, anche se con lo 0,2 della produzione italiana
di vino il novello resta un fatto marginale. Insomma i
suoi 100 miliardi di fatturato complessivo sono ancora
niente, specie in confronto alle cifre francesi. Ma il
mercato esiste.
Specie nel Nord, grande
produttore con oltre 8 milioni di bottiglie sui 14 totali
e il 54% della produzione nazionale. Tra le regioni, solo
Veneto (29 miliardi) e Toscana (24 miliardi) assieme
fanno il 55% del totale.
I prezzi del novello
’97? Quello medio è di 7 mila lire, con le punte
massime dei vini piemontesi a 8 mila lire e le minime
dell’Emilia Romagna con 5800 lire. Una differenza,
come dice Gianni Zonin, uno dei maggiori produttori
italiani, del tutto naturale. Visto che un chilo
d’uva di Barolo in Piemonte costa 8 mila lire, uno
di Chianti 4 mila lire ma ce ne sono anche da 800 lire.
Poi l’elenco delle aziende
leader come numero di bottiglie vendute. In testa
c’è la Ca’Vit del Trentino (Fiori
d’Inverno, 560 mila bottiglie); poi Antinori (San
Giocondo, 550 mila); Banfi (Santa Costanza, 540 mila);
Montresor (Brumaio, 375 mila); Sella e Mosca (Rubicante,
360 mila). Tra i vitigni più usati il merlot (da cui
nascono 85 vini), sangiovese (73), cabernet (63), corvina
(39), rondinella (37), barbera (35), molinara (31). Ma ci
sono anche 21 vitigni utilizzati da un solo produttore.
Quanto all’export (il
dato non è ufficiale ma ricavato da alcune dichiarazioni
delle cantine raccolte dalla rivista "Civiltà del
Bere") tra i Paesi compratori in testa c’è la
Germania, seguita da Olanda, Gran Bretagna, Austria e
Francia. Gli Usa sono, stranamente, in fondo alla
classifica. Ma è anche vero che la pubblicità e la
commercializzazione dei novelli è praticamente
inesistente.
Infine una curiosità:
mentre in Francia dicono che il Beaujolais noveau va
bevuto entro 30 giorni, in Italia (c’erano dubbi?)
è il solito caos. Cioè ognuno fa quello che gli pare.
Tanto che esiste perfino una tabella di scadenza a
seconda dei produttori: la maggior parte (ma è solo il
28 per cento) indica nel mese di aprile il limite massimo
per bere il novello. Poi nell’ordine marzo (17%
delle aziende), maggio (16%), novembre (11%) e gli altri
a seguire. Comunque in attesa dei super vini ’97, ci
si può prendere avanti con i novelli. In fondo,
l’uva è la stessa.
a.m.
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