Lo
sviluppo dellidentità
2^ puntata
Nella
prima parte (Nautilus di ottobre) abbiamo affrontato il
tema generale del percorso che permette ad ognuno di
sviluppare la propria identità. In questa seconda
puntata ci occuperemo dei quelle che rappresentano due
possibili vie di sviluppo: quella che agisce secondo le
categorie del Vero Sé e quella che si appoggia
maggiormente sulle categorie del Falso Sé.
Nella prima parte di
questo lavoro abbiamo presentato, lo sviluppo
dellidentità come un processo unico, soffermandoci
sulle caratteristiche di base che lo contraddistinguono.
Volendo compiere una più attenta riflessione
sullargomento occorre vedere come all'interno del
processo di costruzione dell'identità si possono
sviluppare due diverse linee di evoluzione con esiti
significativamente diversi: da un lato una crescita verso
quello che possiamo chiamare il Vero Sé e dall'altro
l'instaurarsi della predominanza di un Falso Sé.
Vedremo di seguito le
caratteristiche principali presentate dal predominio di
uno o dell'altro di questi due aspetti, ricordando che si
tratta di tendenze non irreversibili, ma certamente
significative nell'esperienza quotidiana di ognuno.
Non essendo lo scopo di
questo scritto quello di delineare i fondamenti teorici
di queste linee evolutive, si rimanda a chi fosse
interessato a questo approfondimento alle indicazioni
bibliografiche finali.
Il Vero Sé
allopera
Lo sviluppo di un Vero Sé
è l'elemento fondamentale che permette alluomo di
riconoscersi come quel "qualcuno" di speciale e
di esclusivo che persiste nel tempo e nello spazio, come
quell'entità unica che continua ad esistere
indipendentemente da come le altre varie parti del Sé
cambiano e si spostano, a seconda dei momenti e delle
situazioni.
In altri termini possiamo
pensare il Vero Sé come quello "zoccolo duro"
che permette alla persona di mantenere saldi i suoi
bisogni di continuità nel tempo, nello spazio e nella
causalità di cui si è già parlato nel numero
precedente.
Il Vero Sé può quindi
essere visto come partner che rappresenta la realtà
delle funzioni dell'Io e in più ha il compito di
identificare ed esprimere i singoli desideri di ognuno.
E' l'Io che integra e
sintetizza le varie immagini del Sé formate
dall'esperienza psicosociale. Ad esempio ognuno gestisce
le relazioni o i compiti attraverso uno stile personale e
questa esperienza viene integrata dall'Io per rinforzare
l'immagine che egli ha di sé stesso.
Il Vero Sé mantiene uniti
tra loro le immagini interne del Sé ed i vari
comportamenti esterni, ciò ha la grande funzione di
permettere alla persona di riconoscere i gesti che
caratterizzano la sua vita come oneste espressioni di se
stesso, come manifestazioni esterne in cui si può
agevolmente riconoscere: "Si, questo sono proprio
io!".
Per usare un'immagine,
elaborata da Masterson, possiamo dire che noi tutti siamo
come un caleidoscopio (idee, comportamenti, speranze,
delusioni, persone, situazioni, ruoli ecc.). I pezzi sono
gli stessi, e, come i vetri colorati del caleidoscopio,
formano anchessi modelli e figure sempre diverse e
sempre in mutamento. Non solo, ma il caleidoscopio viene
mosso da quel Sé stabile che tiene il tubo verso la
luce, guarda e lo ruota, e riconosce come proprie le
immagini che ne scaturiscono, gli piacciano a meno. Esse
sono comunque immagini del Sé, che nella loro evoluzione
e mutevolezza conterranno sempre una componente costante
di base che la fa riconoscere come proprie.
Appare quindi chiaro come
sia lo svilupparsi di questo Vero Sé che permette
all'uomo di sperimentare appieno gli aspetti basilari di
una vita "matura". Seguendo una proposta di
Masterson potremmo proporre una sorta di elencazioni di
quelle che risultano essere le principali caratteristiche
positive dellazione del Vero Sé.
a) La possibilità di
cogliere i veri sentimenti che vengono sperimentati,
senza bisogno di negarli. La più diretta conseguenza di
ciò sta nella possibilità per la persona di
riconoscerne che le esperienze della vita, proprio nella
loro molteplicità, possono essere più o meno adeguate
al proprio Sé e che esiste sempre la possibilità di
decidere sul come utilizzare i sentimenti provati, senza
nessun automatismo o schiavitù.
b) La capacità di
riconoscere i propri desideri e di identificare le
proprie le mete. Ciò implica la possibilità di
trasformare e, se del caso, di adeguare i propri sogni e
le proprie fantasie ad occhi aperti traducendoli in
progetti commisurati alla realtà e quindi
fondamentalmente fonte di soddisfazione e non di continua
frustrazione.
c) La consapevolezza
dellimportanza del sentirsi
"riconosciuto" da parte degli altri, pur
mantenendo il diritto soggettivo a compiere,
indipendentemente da ciò, le proprie esperienze, siano
esse scelte di vita o di piacere, e quindi il
riconoscimento di possedere una adeguata stima in sé
stessi anche a prescindere dallottenerne conferma e
approvazione da parte degli altri.
d) La capacità di placare
le emozioni e i sentimenti, quando essi possano diventare
troppo dolorosi. Il Vero Sé non permette all'uomo di
"sguazzare" nella sofferenza, come invece
accade quando predomina il Falso Sé.
e) La possibilità di
prendere con sé stessi e con gli altri degli impegni e
di attivarsi per portarli coerentemente a termine:
E questa caratteristica che permette di realizzare
gli obiettivi di studio e di attività professione.
f) Lespressione
della propria creatività intesa come capacità di
sostituire modelli di vita, che bloccano
l'auto-espressione, con altri, ugualmente o maggiormente
soddisfacenti. Questa capacità permette alla persona di
affrontare adeguatamente anche quelle situazioni della
vita che la obbligano a fare i conti con le esperienze
dolorose di perdita e di lutto, ed inoltre gli permette
di tenere comunque sempre in conto la propria priorità
di valori.
g) Sperimentare appieno
lintimità, intesa come la possibilità di vivere
una relazione stretta con una persona provando solo una
minima e, per altro, controllabile ansia di abbandono o
di inglobamento. Su questo aspetto sarebbe necessario un
capitolo a se stante, per ora basti ricordare come la
"distanza" affettiva che ognuno di noi elabora
nei confronti degli altri appare assolutamente decisiva
per lo sviluppo di una adeguata relazione interpersonale.
h) La capacità, quando è
necessario, anche di stare da soli. Il Vero Sé permette
all'uomo di stare solo senza sentirsi per ciò stesso
abbandonato, senza costringerlo a ricercare a qualsiasi
prezzo una compagnia.
i) La continuità del Sé.
L'Io di un'esperienza è continuo e collegato con l'Io di
tutte le altre esperienze che ogni uomo ha fatto e farà;
il centro interno rimane lo stesso anche quando
l'esperienza è diversa, quando si vivono sentimenti
alterni, quando varia l'umore ecc..
Questi sono gli aspetti
del Vero Sé, formatosi nei primi tre anni di vita,
continuamente modellato, plasmato e rinforzato dalle
varie esperienze fino alla morte.
Forse la radice della
libertà personale dalle relazioni schiavizzanti, dagli
oggetti come scopo della vita, trova in questa linea
evolutiva personale la sua radice fondamentale.
Quando predomina il
Falso Sé
Accanto allo sviluppo
descritto, che indubbiamente è significativamente denso
di interessanti prospettive, si delineano tutta una serie
di problematiche che, pur senza manifestarsi sempre come
disturbo psichico conclamato, possono portare un
individuo a sviluppare atteggiamenti e comportamenti non
adeguati nei riguardi dei suoi rapporti con persone o
cose del mondo circostante.
Uno degli aspetti
emergenti in questi ultimi anni è quello della presenza
sempre più numerosa di persone che appaiono come
intrappolate dal loro bisogno di adattarsi ai desideri e
aspettative degli altri in modo quasi camaleontico. In
molti casi si tratta di persone che si sentono a disagio
senza qualcuno o qualche abitudine che le controlli:
diventano ansiosi di fronte all'idea di dover gestire da
soli la loro vita.
Queste persone sembrano
costantemente impegnate a sabotare il proprio slancio
alla libertà e il gran piacere di viverla. Sembrano
predominati dalla paura e dal panico e alle prese con
atteggiamenti francamente autolimitanti, se non
addirittura autodistruttivi.
Alcuni hanno bisogno del
gruppo, dell'unione simbiotica, dell'ospedale o della
prigione, di un leader o di un secondino a cui affidarsi
per la direzione da prendere. Sembra quasi che siano
indotti a ritenere che sia meglio combattere ogni giorno
contro un ambiente ostile o soggiacere a regole imposte
da altri, piuttosto che gestire da soli la propria vita e
affermare il proprio Vero Sé.
Lo stesso
"consumare" non li vede attori protagonisti,
bensì gregari di una sorta di rito collettivo che dà
significato alla persona in quanto consumatore.
Non solo per queste
persone l'obiettivo primario è l'evitare di sentirsi
male, ma anche aspetti dell'esperienza quotidiana come
l'amore e il lavoro vengono a perdere una delle loro
fondamentali funzioni che è quello di fornire un
significato alla vita; nelle relazioni assumono un ruolo
passivo e di impotenza, cercando qualcuno che si prenda
cura di loro piuttosto che qualcuno che le ami e le
rispetti come allinterno di un rapporto paritario.
Queste spinte negative
arrivano a determinare l'atteggiamento con cui
l'individuo interpreta la sua vita, soffocando le
inclinazioni positive e aumentando il senso di vuoto
interiore. Quando queste persone chiedono a sé stesse:
"che cosa ho fatto nella vita?", la loro
risposta tipica è: "niente!": se il Falso Sé
comanda non si può riconoscere alcun valore a sé
stessi. Non si tratta qui di un misconoscimento delle
cose fatte, bensì del loro valore, del loro significato
intrinseco per la persona.
Non si tratta di individui
che presentano delle evidenti patologie, anzi spesso
danno limpressione di una completa normalità.
"Intellettualmente sono integri e dotati e mostrano
grandi capacità di comprensione in qualsiasi campo
intellettuale. Quando cercano di essere produttivi (e
sforzi in questo senso sono sempre presenti) il loro
lavoro è buono dal punto di vista formale ma è del
tutto privo di originalità. Si tratta sempre di una
imitazione laboriosa e persino abile di un modello, senza
la minima traccia di apporto personale" (Deutsc)
Presi in questa morsa che
non permetterà loro di esprimere e affermare
autenticamente sé stessi, la loro vita emotiva arriva
spesso ad essere caratterizzate da rabbia cronica,
frustrazione e sensazione di essere ostacolati.
Quando nell'uomo predomina
il Falso Sé ci si trova di fronte ad una sostanziale
esperienza di vuoto verso la quale la reazione più
frequente è quella di cercare in tutti i modi di
riempirla in qualche modo: ecco allora che lo spazio
personale si intasa di molte cose (lavoro, hobbies, ecc.)
fino al punto che non c'è tempo per pensare e per
accorgersi del vuoto stesso.
Proprio a causa di questo
lavoro di "riempimento" costante e continuo,
queste personalità possono essere esposte a vivere la
normale situazione di crisi della mezza età in modo più
drammatico, in quanto da un lato può manifestarsi una
presa di coscienza dell'impossibilità di realizzare
quanto avevano fantasticato e dallaltro lato emerge
il rimpianto di non avere affermato sé stessi come
persone autonome.
In qualche modo
emblematica è la vicenda di James Forrestal, il ministro
della difesa degli Stati Uniti, che si suicidò poco dopo
essersi dimesso dallincarico.
Il suo parroco
nellomelia funebre spiegò la sua morte con parole
lucidissime: "In verità, ben poche tragedie non si
basano su situazioni personali ed intime e non capita
certo spesso che un uomo si tolga la vita se la
cittadella interiore della sua felicità è ancora salda.
Poiché essa rappresenta per lui un posto in cui
rifugiarsi: una vita allinterno della vita stessa,
e la gioia che proviene da essa rinnova le forze e fa
rinnovare la forza danimo. Ma nel caso che abbiamo
davanti, la devozione per il pubblico servizio è stata
sostituita dalla misera speranza di una felicità
personale" (Rogow).
Altro momento critico lo
si può situare negli anni della vecchiaia, che portano
così tanti cambiamenti e perdite sociali, ambientali e
personali. Si tratta di situazioni che richiedono una
flessibilità emotiva e una adattabilità che
generalmente questi individui non hanno, proprio perché
non sono mai stati pienamente in grado di gestire in modo
efficace il cambiamento e la perdita. A maggior ragione
in questa fase è possibile che si attivi un grave
scompenso depressivo.
Una esemplificazione delle
diversità che si instaurano a seconda della predominanza
del Vero o del Falso Sé, la si può cogliere negli
adolescenti e nel loro modo di amoreggiare.
Nelladolescente le
storie d'amore hanno un duplice scopo: contribuire a
stabilire una identità sessuale nelle relazioni con gli
altri e quello di fare una specie di ricerca al fine di
identificare e sperimentare il tipo di persona che lo
attrae e suscita il suo affetto.
Se l'adolescente ha un Sé
sano, il feedback che deriverà da questa sperimentazione
lo aiuterà a determinare la scelta definitiva del
partner e questa sarà una scelta appropriata e
caratterizzata da un reciproco scambio di dare ed avere,
entro il quale il Vero Sé di entrambi i partner sarà
rinforzato e valorizzato.
Infatti, nella prospettiva
del Sé e del suo sviluppo, la definizione dell'amore sta
nella capacità di riconoscere il Vero Sé dell'altro in
modo caldo ed affettuoso, senza esigere legami
soffocanti, e nella capacità di godere l'attrazione
sessuale, che alimenta la relazione, in modo tale che il
benessere del partner diventa importante tanto quanto il
proprio.
Questo investimento
nell'altro espande, arricchisce e completa l'esperienza
del Sé.
Al di là di questi
esempi, l'attenzione a questi meccanismi dovrebbe
permettere di guardare in modo più disincantato, o forse
dovremmo dire meno ideologico, a ciò che accade nelle
vicende umane.
Spesso una distratta
utilizzazione della scala sociale di valori come unica
griglia di lettura della situazione vissuta dagli altri
può produrre equivoci che non colgono la vera essenza
delle persone: ecco che una persona che passa la sua vita
con una dedizione totale al lavoro viene considerata
positivamente, mentre un'altra che con la stessa
compulsività manifesta comportamenti antisociali viene
giudicata negativamente.
Non si vuole con questo
arrivare a negare l'importanza dei valori e del loro
utilizzo come criterio morale individuale e sociale, ma
solamente fermare l'attenzione sul fatto che, dal punto
di vista dei meccanismi psichici i due individui sopra
descritti sono molto più simili tra loro di quanto una
osservazione superficiale, o solamente legata ai
comportamenti esteriori, possa far credere.
Questa attenzione, oltre
che di indubbia importanza per chiunque si occupi di
psicologia clinica, appare utile anche per altri settori
di intervento o di organizzazione di una qualsiasi
agenzia educativa. Si tratta di un'attenzione che pone al
centro non tanto l'azione, ma le sue motivazioni.
a. z.
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