Index MUSICA - Novembre 1997

Tuxedomoon, la musica multimediale

Strumenti classici e suoni elettronici, jazz mescolato alle note classiche, basso melodico e drum machine: ecco la fotografia di uno dei più noti gruppi sperimentali. Che non vogliono sentir parlare di limiti o codici. Per essere sempre più avanti degli altri

Blaine L. Reininger, Steven Brown e Peter ‘Principle’ sono i fondatori deiTuxedomoon, uno dei primi gruppi di musica sperimentale elettronica non industriale mettere a punto una lettura della musica a 360 gradi. Superando le diversità, gli strumenti classici si mischiano all’elettronica, scavalcando le differenze dei generi, affrontano il jazz, la musica etnica, elettronica, industriale, dark, gotica e classica. Centro del loro ampio spettro di interessi la concezione della musica come elemento in continua metamorfosi e la imprescindibile simultaneità degli stimoli. È conseguenza la rielaborazione e la messa in discussione delle idee consolidate nel corso dell’evoluzione della musica occidentale.

I Tuxedomoon non si sono affidati a forme già codificate ma hanno preferito sperimentare complessi di frequenze senza, per questo, fare tabula rasa di ogni tradizione. La loro è, anzi, una compilazione del linguaggio musicale, un arricchimento eseguito attraverso l’integrazione dell’elettronica, un largo uso del sassofono e del violino che spaziano tra sperimentazione free jazz e classicismo, un insolito impiego del basso elettrico, molto più melodico più che ritmico ed infine esplorando anche suoni puri come in Ghost Sonata. Una forte ricerca avviene nel campo delle percussioni, i Tuxedomoon si liberano della necessità di dover usare la tradizionale sezione ritmica sfruttando drum machine e sequencer ed affidando a questi una struttura architettonica che spaziasse tra tempi piatti e tempi complessi.

Sin dalla prima esibizione col nome di "Tuxedomoon New Music Ensemble" era evidente l’intenzione di essere un gruppo aperto a sperimentare soluzioni che oggi si chiamerebbero multimediali

Non siamo stati i primi: Soft Machine e Pink Floyd nel 1977 facevano questo tipo di cose. C’è stata una lunga tradizione negli anni ‘70 tra i primi Silver Apples che ha lavorato con i Magic Theatre. Loro hanno realizzato spettacoli complessi con performer e ballerini. Non è una idea originariamente nostra è qualcosa che abbiamo fatto. In ogni caso i Tuxedomoon sono un gruppo che usa più stimoli contemporaneamente.

Nati sul finire degli anni ‘70 e quindi a cavallo tra un’etica punk, che approvavano molto più dell’estetica e dei canoni sonori, e l’esplosione della new wave, i Tuxedomoon (il più europeo tra i gruppi americani) si muovevano sulla scena in contemporanea con l’esplosione della musica industriale Monte Casazza (a cui è attribuita l’invenzione del temine musica industriale) Chrome, Throbbing Gristle. La distanza tra questi gruppi è forse più breve di quanto possa sembrare a prima vista. Sia perché debbono entrambi molto a gruppi come Suicide, Slits, Karlheinz Stockhausen e Frank Zappa, sia perché sono affascinati dalla confusione che viene dalla sovrabbondanza di suoni o che, al contrario, viene dal poco piuttosto che dal molto. Ma il più profondo punto di contatto dei Tuxedomoon rispetto a gruppi sperimentali industriali è nell’oggetto delle loro attenzioni: il mondo moderno, anzi postmoderno e la sensazione di straniamento.

Erano due approcci diversi, due modi di relazionarsi diversi innanzi ad uno stesso obiettivo?

Si assolutamente. Solo che allora dinnanzi alle sperimentazioni industriali la nostra musica affidata ad una ricerca sonora, ad i sassofoni poteva sembrare e sembrava molto più distante perché melodica.

Nel 1978 Reininger, stesso aveva riconosciuto un’approccio simile alla new wave inglese nella cultura americana. Mancando un nome decise di chiamarlo Joeboy. Questo nome fu poi utilizzato per indicare le uscite discografiche. Da cosa viene e che significato rivestiva?

Come ogni cosa che abbiamo fatto lo abbiamo rubato da qualche altra parte. Era il nome di una gang cinese che faceva graffiti. Ci piaceva il nome e da allora lo abbiamo usato. Per tutte le nostre produzioni. Anche ora: Joeboy e Mexico è un disco che sta per uscire, vi suoniamo Steve, io, alcuni musicisti messicani ed abbiamo coinvolto anche Blaine.

Eravate, e siete tutt’oggi, un gruppo non rigidamente strutturato. La cooptazione dell’artista Winston Tong con le sue performance che hanno dato rilievo ad un uso della voce particolarissimo cosa ha dato al gruppo?

È un ottimo performer ed ha portato molto all’estetica del gruppo, ha composto liriche molto interessanti. I Tuxedomoon erano la musica e Tong la faccia, si potrebbe dire. I suoi interessi non erano tanto musicali ma riguardavano profondamente il lato teatrale di ciò che facevamo e questo era ciò che ha sviluppato.

Voi siete stati il primo gruppo sperimentale non industriale e tutt’oggi i gruppi sperimentali non industriali sono pochi, come giudichi la scena attuale?

La scena americana è chiusa tra rap, guitar band, song-writer e post grunge. Io apprezzo coloro che lavorano sulle proprie idee cercando di svilupparle ed elaborarle, tra questi i primi a venirmi in mente sono i Dead Can Dance. Viviamo in un’epoca post moderna, post nazionale, in una situazione globale ed è giusto che ciascuno si immerga in più direzioni e non si lasci trascinare dalle situazioni imperanti perché il risultato sarebbe un’unica grigia poltiglia indefinita. Io ho sempre guardato intorno verso cose che potevano colpirmi o interessarmi ascoltando diverse cose.

Puoi ricordare la partecipazione alla compilation curata dai Resident?

Siamo ancor’oggi amici, ma non abbiamo musiche in comune né abbiamo mai collaborato insieme, anche perché nel loro mondo e nel loro modo di realizzare musica non hanno bisogno di nessuno. Al ‘72 risale la loro prima registrazione. Adesso stanno per realizzare un cd rom. È qualcosa di molto interessante ma realizzare un cd rom oggi è molto costoso, prende molto tempo ed è difficile trovare una grossa distribuzione in modo serio. Siamo comparsi sulla loro compilation, volevano lanciare una serie di gruppi di San Francisco (c’erano anche i Chrome).

Dovevate fare un tour insieme ad i Joy Division: fu poi questo tour mancato l’occasione del vostro trasferimento in Europa?

Si Ian Curtis si uccise tre giorni prima che iniziasse il tour. Avevamo dei contatti per suonare in Europa, ed è così che è andata.

Ognuno di voi ha dei progetti solisti paralleli: qual’è la linea che divide un lavoro solista da uno insieme?

La linea cambia sempre. Talvolta è geografica, talvolta è data dalle necessità, dalla praticabilità o dalla semplicità: viviamo in tre diverse parti del mondo e per questo le occasioni di lavorare insieme non sono molto semplici.

Nel marzo del 1979 avete incontrato William S. Burroughs. Trovate affinità i vostri modi di lavorare? Che ricordo avete di Burroughs?

Abbiamo abbracciato il concetto di cut up. Questa è la sola connessione con lui oltre ad aver fatto alcuni gigs insieme ed al muto rispetto. Il merito di Burroughs è di aver applicato al testo una tecnica che in musica ha avuto una tradizione da Stockhausen ad i compositori di musica concreta, specie in Francia.

Nel 1982 al Festival del teatro di Polverigi avete messo in scena The Ghost Sonata un’opera senza parole basata su un dramma di Strindberg rielaborato da Tong e realizzato con un’orchestra di quindici elementi. Avete preparato qualcosa per questa occasione? Che ricordo avete di quell’esperienza?

Sono un fan di Ghost Sonata, ma lo show era molto ambizioso e noi non avevamo abbastanza perone nella crew per gestire quello che accadeva e lo spettacolo è stato lunghissimo. Il Video ed il CD sono venuti molto bene ma stare sul palco è stata una vera tortura. Non abbiamo preparato niente di specifico per l’evento ma abbiamo del nuovo materiale. Due mesi fa siamo stati invitati Steve ed io a Tel Aviv per comporre della musica e ci è sembrato molto interessante coinvolgere Blaine in questo progetto. Poi abbiamo suonato dal vivo i nuovi brani a Tel Aviv ed in Grecia.

Dopo una carriera tanto lunga ed aver attraversato varie trasformazioni del mondo musicale intorno a voi quale ruolo attribuisci alla vostra musica all’interno dell’attuale panorama musicale?

Siamo un rimedio omeopatico. Abbiamo avuto scarso riconoscimento ma, a livello subliminale ed inconscio un’altissima influenza. Oggi in molti si sono orientati verso il multimediale, hanno usato drum machine, ma noi per primi abbiamo esplorato l’uso delle drum machine e quando portavamo le nostre idee in sala d’incisione gli ingegneri del suono si volevano ammazzare e dicevano "che state facendo?". Noi abbiamo tenuto duro ed ora vediamo che è normale usare sequencer e sassofoni sul palco. Non so se sia un effetto che abbiamo provocato o un’influenza. È comunque nella storia della musica che noi venti anni fa abbiamo esplorato questo spettro della musica.

Quale è l’origine del nome "Tuxedomoon"?

Quello che si vuole, è solo una parola , come poesia . Non c’è significato, e se c’era un significato non era chiaro. Il fatto che non sia chiaro è indicativo che non c’è un significato preciso dietro.

Hai dimestichezza con Internet? Cosa ne pensi? Credi che il mezzo usato influisca sullo sviluppo del linguaggio artistico?

Si, uso Internet. Anzi, faccio Internet: mi occupo di grafica per Internet. Sono molto interessato ad Internet perché lo considero, in prospettiva, il miglior modo per distribuire programmi, musica e media. Ma ora è lenta, molto lenta, tutto deve ancora arrivare abbiamo Real audio, Real video ma sono applicazioni su computer di media già conosciuti.

Internet da un certo punto di vista è come la televisione: hai tantissimi canali ma il 90% di questi è pura spazzatura ed io non capisco perché. Ci sono così tante possibilità. Si potrebbero sviluppare nuove figure editoriali ed un nuovo modo di usare i media. Ma tra l’invenzione del motore a scoppio e la costruzione della Ford T è trascorso lo stesso tempo che dal lancio della Apple ad oggi. Come allora, oggi non è ancora sviluppato ed esplorato il modo in cui Internet può funzionare e questo è qualcosa che si deve ancora sviluppare, col tempo.

Dal punto di vista tecnico penso che potremo avere a casa dei semplici terminali mentre il software e l’hardware saranno sulla rete. Questa la vedo come una possibilità che però non sarà realizzabile che tra un lustro. Dal punto di vista artistico si potranno sviluppare nuovi linguaggi mentre oggi vengono solo fusi insieme in una forma di crossover musica-immagini-pittura tridimensional; non è l’avvento di un nuova risorsa .

Come ogni tecnologia va esplorata ed usata all’inizio per tastarne il terreno scoprirne i confini ed essere creativi. Ancora di più Internet perché non diventi terra di conquista di società commerciali e si trasformi in un semplice mercato. Quello che posso dire è che incoraggio tutti ad entrare in rete, aprire una rivista e fare qualcosa...

Giuseppe Episcopo