Banzai,
tutti a scuola
Una
delle chiavi del successo sociale ed economico del
Giappone nel dopoguerra è stato lalto tasso di
alfabetizzazione e scolarizzazione. Con un sistema capace
di salvaguardare le tradizioni e favorire le innovazioni.
Così tra grande selettività e sottile influenza delle
aziende private, gli studenti escono
dalluniversità pronti per il lavoro
Molti
sono gli stereotipi che noi occidentali usiamo quando si
parla del Giappone. Efficienza, dedizione smisurata verso
il lavoro, senso dell'onore portato alle estreme
conseguenze sono, infatti, soltanto alcuni dei luoghi
comuni che riempiono i discorsi sull'impero del Sol
Levante. Ma come sia stato possibile che il Giappone si
sia ripreso dopo la catastrofe della seconda guerra
mondiale fino a diventare la realtà economica che è
attualmente (solo oggi sta affrontando la sua prima
grande crisi dal 1945) è un discorso leggermente più
complicato perché, oltre ai forti aiuti ricevuti
dall'occidente, la società nipponica ha puntato
fortemente il suo sviluppo sul fattore culturale.
Infatti, con un tasso di
alfabetizzazione elevatissimo sin dal secolo scorso, il
Giappone è riuscito non solo a mantenere pressoché
intatta la propria identità culturale, ma anche a
preparare e formare lavoratori dalle capacità operative
sorprendenti. Per parlare, dunque, del miracolo
nipponico, abbiamo incontrato, in occasione di un suo
giro di conferenze in Italia, Kenichi Tominaga,
professore di sociologia all'università di Keio presso
Tokyo, che oltre essere un sociologo di fama mondiale è
anche uno dei massimi esperti del sistema educazionale
giapponese.
Qual è il ruolo svolto
dalla scuola nella modernizzazione del Giappone?
Un ruolo molto importante.
Infatti già nella prima metà del diciannovesimo secolo
in Giappone non c'era più analfabetismo, poiché proprio
in quell'epoca l'istruzione elementare fu resa
obbligatoria. Quando sono nato, nel 1930, la percentuale
di studenti che frequentavano la scuola media inferiore e
superiore era intorno al 5% della popolazione, mentre
solo l'un per cento frequentava l'università. Dopo la
seconda guerra mondiale vi è stata una vera
"esplosione" degli studi, fino ad arrivare alle
attuali cifre che vedono il 90% dei giovani frequentare
le scuole di istruzione intermedia ed il 40% di essi
proseguire fino all'università. Da queste cifre credo
risulti chiaro che l'enorme crescita economica che il
Giappone ha avuto dal 1945 ad oggi vada di pari passo con
lo sviluppo del sistema scolastico.
Lei parla di
alfabetizzazione della popolazione e di progressivo
allargamento del sistema scolastico, ma in che rapporto
questo si colloca con il passaggio dalla tradizionale
cultura giapponese all'esplosione della tecnologia? In
altre parole: la scuola è anche un modo di tramandare la
cultura della nazione. Nel vostro caso, invece, la
tradizione almeno in apparenza è in netto contrasto con
l'attualità
Nonostante le sue
tradizioni molto antiche il Giappone è sempre stato
molto affascinato dalle novità. Il desiderio di
innovazione nella società giapponese è sempre stato
fortissimo. Veicolo di tale rinnovamento sono stati,
senza alcun dubbio, la scuola in modo particolare, ma
anche tutti gli altri canali attraverso i quali passano
l'educazione e la formazione dei giovani. Se noi non
fossimo riusciti a superare le tradizioni del nostro
paese, avremmo corso il rischio di diventare una specie
di colonia del mondo occidentale. Invece siamo riusciti a
realizzare una grande trasformazione promuovendo una
sintesi perfetta tra nuovo ed antico, rendendoci al tempo
stesso simili e diversi rispetto agli occidentali; e
imprimendo alla nuova cultura scientifica ed economica la
nostra specifica identità giapponese. Nei contenuti
della scuola si è cercato di bilanciare, dunque, le
differenze tra la cultura moderna e quella più
spiccatamente tradizionale. Oggi possiamo dire che
l'adattamento dei modelli occidentali alla nostra cultura
è stato raggiunto in modo pressoché perfetto.
Quali sono i principali
indirizzi culturali del sistema scolastico giapponese e
come è articolato il corso di studi?
I nostri programmi
scolastici sono universali e non differiscono molto da
quelli occidentali. La scuola elementare ha il compito di
insegnare a leggere, scrivere, farei conti e dare le
prime nozioni scientifiche. Il corso superiore si
articola in due trienni, il primo dei quali obbligatorio
per tutti. Non ci sono distinzioni
di indirizzo, però gli
allievi hanno la possibilità di scegliere le materie di
cui intendono approfondire le conoscenze. Una più
marcata specializzazione si ha negli ultimi due anni del
secondo triennio. Qui, in genere, si studia una seconda
lingua straniera - la prima è normalmente l'inglese - si
approfondiscono la matematica, le scienze fisiche,
economiche e sociali e le dottrine politiche. La scuola
superiore si conclude con un esame molto selettivo che
consente l'accesso all'università, che è divisa in
dieci facoltà diverse.
Ha parlato di accesso
all'università . In Giappone, circa il 90% degli
studenti che si iscrivono all'università conseguono la
laurea, mentre in Italia la percentuale scende al 30%.
Perché, a suo giudizio, questa grande differenza? Forse
gli studenti giapponesi sono più studiosi di quelli
italiani?
No, certamente. Il motivo
della nostra altissima percentuale di laureati sta nella
selettività della scuola giapponese. La selezione, da
noi, viene effettuata prima dell'arrivo all'università.
Questo perché si ritiene molto difficile verificare la
preparazione di un numero troppo elevato di studenti
universitari.
Qual é il rapporto tra
la scuola ed il mondo del lavoro?
Molto stretto, direi. Sono
le stesse aziende ad andare alla ricerca dei giovani
all'interno di scuole ed università. Niente di più
facile, perciò, che un giovane venga assunto subito dopo
la fine della scuola media superiore o dell'università.
Si può dire, dunque, che il mondo dell'istruzione sia
una specie di tramite tra i giovani e il lavoro.
Quanto, tale
situazione, influenza i programmi didattici? In altri
termini, la scuola può venire trasformata in una
succursale del mondo imprenditoriale?
Non credo che vi sia
alcuna influenza da parte dei futuri datori di lavoro sui
programmi della scuola e dell'università. Questo non
accade perché le industrie e le aziende si fidano
soprattutto della preparazione e della selezione
effettuate dai professori di università e di scuole
prestigiose. E' ovvio che, poi, chi non venga assunto
direttamente durante l'università possa, in seguito,
trovare lavoro altrove, magari nell'apparato statale. Ed
in tal caso deve sostenere anche un esame, perché la
valutazione scolastica ed universitaria non è
sufficiente.
Qual è il rapporto tra
scuola pubblica e privata in Giappone?
L'istruzione privata in
Giappone non riguarda tanto la scuola media, ma
l'università. La riforma dell'insegnamento, dopo la
seconda guerra mondiale, portò il numero delle
università statali a quarantasette, esattamente come il
numero delle provincie in cui fu diviso il paese.
All'epoca non si pensava ad università private, ma col
passare del tempo e soprattutto negli ultimi anni vi fu
un boom di questo tipo di istruzione. In seguito a questa
diffusione dell'università privata ha seguito anche una
notevole diffusione di scuole private soprattutto di
stampo religioso.
Molto spesso la scuola
giapponese insieme a quella anglosassone è stata
criticata per il ricorso alle pene corporali. E' una
pratica ancora in uso?
Questa è una domanda che
sorprende. E' vero che, alle volte, i giornali riportano
notizie relative a casi sporadici nella scuola media
inferiore e superiore, ma si tratta per lo più
situazioni in cui i professori sono stati costretti a
difendersi da studenti intenzionati a vendicarsi di
bocciature, di sospensioni o di pessimi voti. Casi in cui
l'insegnante abbia punito lo studente con una pena
corporale a fini educativi non mi pare di ricordarne.
Quali sono i canali
attraverso i quali si accede all'insegnamento?
Per quanto concerne la
scuola elementare e la scuola media inferiore esistono
dei college che preparano per tale tipo di
insegnamento. E' ovvio che anche per un qualsiasi
laureato normale esistano delle possibilità di accedere
all'insegnamento. Per la scuola media superiore è
necessaria la laurea, mentre per l'insegnamento
universitario sono richiesti altri cinque anni di
specializzazione per conseguire il Ph.D. (Philosophy
doctor), dopo il quale si diventa prima assistenti, poi,
professori.
Il fenomeno droga è
esteso nelle scuole e nelle università così come in
Europa, oppure è tenuto sotto controllo?
Per quanto riguarda le
università non si può ancora parlarne in termini di
problema sociale, lo stesso vale per le scuole medie
superiori dove il fenomeno si è manifestato finora in
forma abbastanza contenuta.
Marco Spagnoli
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