Index POLITICA - Novembre 1997


Che simpatico, è un dittatore

Paragonare Bossi a personaggi storici di infausta memoria non ha senso. Ma certi atteggiamenti della Lega e del suo leader ricordano le prime infiltrazioni dell’ideologia nazi-fascista: linguaggio violento, difesa aggressiva, razzismo, disprezzo per gli intellettuali. Così se spesso certe manifestazioni del Carroccio sanno più di folklore e provocazione, il pericolo è che i germi dell’intolleranza mettano radici. Che sradicare, poi, può essere molto difficile

Bossi non ispira terrore. Appare come un ometto qualunque, infagottato nei suoi panni ruvidi e nei suoi gesti impacciati. A volte l’ometto diventa rosso di rabbia, urla villanamente minacce apocalittiche, proclama progetti prometeici. Pare che voglia trasfigurarsi in un futuro luminoso: la nuova patria del suo "imbattibile" popolo padano.

A quanto pare, esiste un popolo padano che desidera autodeterminarsi. Un popolo che vanta un grande condottiero. Un condottiero che snocciola banalità inaudite e pretese cosmiche, con un bel vocione rauco. Gli avversari non hanno difficoltà a definirlo un patetico buffone. Pretende di condurre moltitudini, spezzare le catene di un popolo oppresso, ma non riesce neppure a bucare uno schermo. Devo confessare che a me Bossi è sempre stato simpatico. Milioni scendono in piazza, a Milano e a Venezia, e lui fa spallucce. Cosa sono quattro gatti, di fronte alle magnificenti moltitudini che risiedono nei vasti territori della Padania? Ci vuole fegato per produrre affermazioni del genere.

Lo scrittore inglese George Orwell nel 1940 scriveva che non riusciva a provare antipatia per Hitler. Una dichiarazione del genere sembra quanto meno stravagante, se si pensa ai danni causati all’epoca dai bombardamenti tedeschi. Infatti Orwell non si scordava di puntualizzare che se solo avesse avuto sottomano il capo supremo del Terzo Reich, l’avrebbe ucciso senza pensarci due volte. Ma non si sarebbe trattato di un fatto personale. Secondo Orwell, Hitler non aveva l’aspetto del mostro sanguinario, anzi. Aveva l’aria di un povero uomo, qualcosa nel suo volto induceva alla pietà. " ...un volto patetico, con uno sguardo da cane, il volto di uno che soffre per gli innumerevoli torti ricevuti. In forma leggermente più virile, riproduce l’espressione di infiniti quadri del Cristo crocifisso e non c’è dubbio che è così che Hitler si vede".

Orwell ammette di essersi illuso qualche anno prima che Hitler non fosse una persona importante, soprattutto a causa del suo aspetto patetico. Ma non era stato di certo l’unico a sottovalutare le potenzialità dell’uomo dai baffetti. Anzi, all’epoca quasi nessuno l’aveva preso sul serio. I conservatori inglesi in un primo momento speravano che sarebbe servito a tenere a bada i bolscevichi. Lo scrittore Curzio Malaparte aveva definito Hitler la brutta copia di Mussolini. Il partito socialdemocratico tedesco non si preoccupò eccessivamente quando, nel 1933, Hindemburg nominò Hitler cancelliere. Dopotutto, nemmeno Bismark era riuscito a distruggere il partito socialista più forte d’Europa.

I conservatori che facevano parte del governo di Hitler erano sicuri di riuscire a normalizzarlo. Contavano di usare l’ascendente che l’ometto baffuto aveva sulle masse per riuscire a tenere a bada i "rossi". Loro erano uomini politici esperti, uomini di cultura e di potere dall’abilità consumata. Lui era un pittore fallito, un soldato semplice dal curriculum scolastico assai misero, un outsider. Non era nemmeno tedesco, ma di origini austriache.

Invece il signor nessuno riuscì a far piazza pulita dei suoi avversari in un batter d’occhio, usando sistemi molto efficaci. Socialisti, comunisti, alleati conservatori, furono tutti divorati in un sol boccone dalla feroce determinazione delle camice brune, delle SS e della Gestapo. La brutta copia di Mussolini conquistò in pochi mesi un potere che il duce non era riuscito ad ottenere dopo dieci anni di dittatura. Nessun Gran Consiglio del Fascismo riuscì più a destituirlo. L’uomo dai baffetti, che aveva iniziato la sua carriera in un insignificante partitucolo della Baviera, scatenò poi una guerra che costò la morte di circa 55 milioni di uomini.

Desidero puntualizzare che non penso affatto che Bossi sia come Hitler. Per fortuna, non si parla di sterminio o di conquiste del mondo da parte della razza padana. I leghisti non mirano ad espandersi, ma al contrario a rinchiudersi in un piccolissimo pezzo di terra. Ma l’aspetto quasi comico del senatur, così come la rozza liturgia del movimento leghista, con i suoi panni verdi e i suoi miti di cartapesta, non devono trarre in inganno. Non bisogna scordare che qualche episodio inquietante c’è già stato. Non credo che sia stato eccessivo scendere in piazza a manifestare contro chi vuole spezzare l’unità d’Italia.

Forse quelle camicie sono una stratagemma studiato per far paura, per richiamare alla memoria fantasmi non ancora sopiti, per far immaginare muscoli e denti che non ci sono. Forse Bossi in realtà è un distinto e raffinatissimo signore, che gioca abilmente a fare il capopopolo ruspante e violento. Forse ci sta prendendo astutamente per i fondelli. Tuttavia i bisogni e le proteste che si nascondono dietro le provocazioni della Lega vanno presi sul serio, anche se si manifestano in modo pittoresco e spesso ridicolo.

Vicino a noi, nel territorio della ex Iugoslavia, possiamo ritrovare ancora intatto tutto l’orrore che aveva scatenato la seconda guerra mondiale. I miti della razza, il culto della violenza e della forza fisica, il disprezzo per tutto ciò che sa di intellettuale, la difesa aggressiva del territorio: tutto questo è presente anche nelle rivendicazioni del "popolo del Nord". Bossi non è Hitler, ma i germi che hanno dato vita al nazismo sono ancora vivi e vegeti e pericolosi.

Per chi vuole conoscere meglio la Lega:

http://www.mix.it/eurispes/EURISPES/175/2a.asp

Antonella Di Martino