Index Primopiano - Dicembre 1997


L‘effetto freezer

Alcuni scienziati stanno elaborando una teoria sull’effetto serra dai risultati paradossali: l’aumento della temperatura invece di afa e deserti potrebbe portare una nuova era glaciale. Soprattutto in Europa. Colpa di una corrente oceanica che serve a mantenere mite il clima sul Vecchio Continente: senza di lei diventiamo un frigorifero. Soluzioni? Una, ma sembra una barzelletta: costruire una diga di 30 chilometri sullo Stretto di Gibilterra

Il dato certo è che la temperatura mondiale si sta alzando. Una media di mezzo grado, per ora. Ma già nel giro di una decina d’anni potrebbe arrivare a 1,5-2 gradi. E fra 100 anni a 3,5-5 gradi in più. Un futuro di afa asfissiante? Da qualche parte si. Ma forse non in Europa, che anzi secondo alcuni ricercatori potrebbe diventare paradossalmente una vera e propria ghiacciaia. Magari mentre nelle zone più a Sud (Sicilia, Andalusia, Grecia) farà la sua comparsa il deserto.

Ovviamente la colpa di tutti questi pasticci è sempre l’effetto serra, lo stesso che ne giro di qualche decennio (e per qualche regione anche meno) potrebbe mandare sotto acqua arcipelaghi interi, città costiere di mezza California nonché Venezia, che comunque già da anni sta facendo le prove.

Ma perché mentre la temperatura aumenta l’Europa rischia un possibile congelamento? Tra Polo sud e Polo nord e tra i vari oceani è un continuo scorrere di correnti, un fenomeno che serve a mantenere stabile il tempo sulla Terra (vedi l’esempio di El Nino, che è una corrente anomala: la sua comparsa infatti provoca la rottura degli equilibri). L’ipotesi è che l’effetto serra e l’aumento della temperatura interferiscano su questo equilibrio, e una delle conseguenze potrebbe essere il gelo sul Vecchio Continente. Spiega Wallace Broecker, dell’Osservatorio terrestre della Columbia University di Palisades (New York): "Oggi viviamo in un sistema climatico che può brutalmente passare da uno stato all’altro". Scaricando nell’atmosfera grandi quantità di gas come l’ossido di carbonio prodotto dalla combustione dei derivati del petrolio "è come se stessimo conducendo un gigantesco esperimento che potrebbe avere effetti devastanti. Insomma stiamo giocando con una bestia rabbiosa: un sistema climatico che ha già mostrato di essere molto suscettibile…".

Secondo Broecker gli studi sugli strati profondi di ghiaccio che risalgono a 110 mila anni fa dimostrano che il clima tende a cambiare drasticamente circa ogni mille anni. E che tra 10-20 anni potrebbero verificarsi in modo repentino fenomeni come glaciazioni, piogge torrenziali e abbassamenti della temperatura. Insomma il paradosso continua: l’aria si scalda ma l’effetto è che si finisce surgelati.

Il sistema funziona così: le correnti oceaniche sono controllate dalla temperatura e dal tasso salino dell’acqua. Le acque fredde e salate sono pesanti e tendono ad andare verso il fondo dell’oceano, quelle calde e dolci tendono a salire. Questo crea delle correnti "convettive", o di trasporto, che attraversano l’intero globo. Le acque gelide e salate del Nord Atlantico vanno a fondo e, lavorando come uno stantuffo, muovono la corrente dall’America fino all’Europa: l’acqua più calda resta in superficie e, spinta da queste correnti, mantiene mite il clima dell’Europa.

"Senza queste correnti – dice sempre Broecker – l’Europa diventerebbe un frigorifero, con temperature medie invernali più basse di –7 o più gradi centigradi. Il clima di Dublino e Londra, per esempio, diventerebbe simile a quello di Spitsbergen (Norvegia), zona all’interno del Circolo polare artico".

Dall’Europa poi la corrente convettiva scivola fino all’Atlantico meridionale, passa vicino all’Antartide, si raffredda e diventa più salata, risale verso l’Oceano Indiano e Pacifico e torna nell’Atlantico chiudendo il ciclo. E’ questo processo che sostiene e i vari cicli stagionali del clima, dalle piogge al tasso di umidità. "Se queste correnti fossero modificate l’agricoltura mondiale subirebbe gravi danni". Insomma Broecker pensa che le correnti convettive oceaniche siano "il tallone d’Achille del clima". Basterebbe, ad esempio, un leggero aumento della temperatura nel Nord Atlantico per bloccare la corrente che va verso l’Europa. Aumento della temperatura causato, magari, dall’effetto serra. Risultato: l’Europa senza più le correnti calde superficiali trasportate da quelle fredde diventa un freezer.

Purtroppo non basta. C’è un altro scienziato che è pronto a scommettere sull’arrivo anticipato di un’altra era glaciale, sempre favorita dall’effetto serra. Il fatto curioso è che Robert Johnson, professore di geologia e geofisica all’Università del Minnesota, arriva allo stesso risultato di Broecker (il blocco della corrente atlantica o North Atlantic Drift e il raffreddamento dell’Europa) partendo però dalla situazione del Mar Mediterraneo. Per Johnson infatti è in atto una catena di eventi che hanno come punto finale una bella coltre di gelo su mezzo pianeta. Il Mediterraneo infatti è sempre meno diluito dai fiumi che lo alimentano, ridotti all’osso nella portata dall’irrigazione dei campi. Vedi, dice lo scienziato, l’esempio del Nilo: oggi solo il 10% dei suoi 5 mila metri cubi di acqua trasportati ogni secondo finisce nel mare, il resto viene prelevato per i campi. Così succede per molti altri fiumi. In più, riecco l’effetto serra, che con l’aumento della temperatura provoca maggior evaporazione e quindi maggior salinità delle acque.

A differenza di qualche milione di anni fa, ora sono le acque più dense e salate del Mediterraneo a riversarsi dallo Stretto di Gibilterra nell’Atlantico. Risultato: il mix di acque più salate scivola fino alle coste ovest dell’Irlanda e fa da "muro" alla corrente calda che arriva dal Nord Atlantico. Corrente che viene addirittura respinta indietro. Alla fine l’Europa resta al freddo, e la North Atlantic Drift respinta al mittente va a scaldare le coste in genere fredde del Labrador provocando tempeste, piogge e grandi nevicate. Così l’effetto è doppio: gelo a est e gelo a ovest.

Siamo senza speranza? Johnson dice di no. Solo che la sua soluzione sembra più degna di un attacco di megalomania. Visto che tutto nasce dalle acque del Mediterraneo che escono verso l’Atlantico, dice il geologo americano, basta chiudere lo Stretto di Gibilterra. Come? Con una piccola diga di soli 30 chilometri di lunghezza tra Spagna e Marocco, larga 70 metri e con una apertura di un solo chilometro. L’acqua dell’Atlantico potrebbe riversarsi nel Mediterraneo ma non il contrario. Un lavoraccio. E se nessuno ci crede? "Poi sarà troppo tardi".

Mega diga a parte, anche se più d’uno scienziato ritiene le teorie di Broecker "interessanti", molti dicono che per ora non c’è alcuna prova che l’aumento dell’ossido di carbonio nell’atmosfera possa interferire con le correnti oceaniche. E, anche se in questo caso i segni ci sono, resta da provare anche l’aumento catastrofico del livello dei mari e conseguente scomparsa di coste e città. Comunque meglio ricordare che la climatologia è come l’economia: dopo tutti dicono "l’avevo detto", ma le previsioni in realtà non le azzecca nessuno.

a.m.