Index Primopiano - Dicembre 1997


Addio, mezze stagioni

La Conferenza mondiale sul cambiamento del clima di Kyoto ha dato piena ufficialità al luogo comune più abusato degli ultimi anni. Così se primavera e autunno sono scomparsi ora sappiamo che (forse) è tutta colpa dell’effetto serra e dell’aumento della temperatura. Che promette tempo pazzo su tutto il pianeta, come indicano anche i modelli elaborati dai supercomputer. Una specie di "viaggio nel futuro", per sapere su che Terra vivremo nel 2000

Per quanto triste sia, in realtà ha vinto il partito del "non ci sono più le mezze stagioni". Mai luogo comune infatti si è rivelato più profetico. Così qualunque decisione possa prendere la Conferenza mondiale sull’effetto serra che coinvolge 150 Paesi sul problema del cambiamento del clima, la cosa sicura è che nei prossimi cento anni aprire la finestra al mattino sarà una scommessa: gelo, deserto o un uragano? Il fatto è che secondo la maggior parte degli specialisti il clima si metterà a dare scossoni drammatici. E imprevedibili. Tutto perché la temperatura media della Terra, forse riscaldata dall’eccesso di CO2 immessa nell’atmosfera da 100 anni di civiltà industriale, è destinata ad aumentare da qui al 2100 da 1 a 3,5 gradi. Come indica la Ipcc, la Commissione intergovernativa sul cambiamento climatico istituita dall’ Onu.

I modelli scientifici creati dai supercomputer più potenti del mondo oggi disponibili non danno risposte rassicuranti: terra, acqua e aria potrebbero non essere più quelle che conosciamo. Il pericolo più immediato, e forse più visibile a breve-medio termine, è quello dell’aumento del livello dei mari. Soprattutto a causa dello scioglimento dei ghiacci polari. Per l’Ipcc gli oceani di tutto il mondo potrebbero crescere da 15 a 95 centimetri nei prossimi 100 anni. Nel primo caso come minimo c’è da aspettarsi l’erosione di intere coste e spiagge, senza contare gli effetti devastanti che avrebbero uragani e tempeste.

Nel secondo caso se qualcuno pensa che anche un metro di acqua in più non sia granché, non vada a dirlo agli abitanti del Bangladesh: per loro significa perdere il 20 per cento delle terre coltivabili, visto che mezzo Paese è sotto il livello del mare. Ma anche a New Orleans, altra città destinata a finire sotto acqua, non gradirebbero. Per restare più vicini comunque, basta andare a Venezia. Anche qui le previsioni sono fosche: se nei prossimi dieci anni fosse confermato l’aumento della temperatura e l’innalzamento dei mari, il fenomeno dell’acqua alta non sarebbe più un fenomeno ma la norma.

C’è dell’altro: l’acqua salata andrebbe a contaminare depositi e falde di quella fresca da cui dipendono le città costiere e l’agricoltura. E questo potrebbe diventare un problema molto più serio di qualche chilometro di costa sommersa.

L’effetto serra si fa sentire anche sulle coltivazioni. L’umidità del terreno, fondamentale per la crescita delle piante, si riduce a causa della maggior evaporazione. Il risultato è che molti terreni oggi fertili diverrebbero quasi aridi, mentre in altre zone aumenteranno piogge e precipitazioni varie (da qualche parte tutta quell’acqua evaporata deve pur cadere…). E’ già evidente nel frattempo l’avanzata dei grandi deserti alle medie latitudini, come il Sahara. Tra gli effetti collaterali anche la riduzione dell’habitat naturale per molti animali e la maggior diffusione degli insetti e con loro di alcune malattie oggi confinate ai tropici.

Bel quadretto, per il futuro. E manca ancora l’aria, forse l’elemento climatico più difficile da decifrare. Una delle ipotesi è che se aumenta l’evaporazione, dovrebbe aumentare la nuvolosità. Se così fosse, si aprono due possibilità opposte fra loro: la formazione di nuvole basse blocca l’arrivo dei raggi solari e raffredda la superficie terrestre; la formazione di nuvole alte provoca un effetto-serra bis, intrappolando il calore e riscaldando ulteriormente il pianeta. Dipende tutto da che strada prenderà il vapore scappato dal suolo.

Da qui le scelte dei governi mondiali (ammesso che servano a frenare i cambiamenti del clima) sulla riduzione dell’ossido di carbonio prodotto da industrie e auto. E sempre che non si tratti di un normale ciclo climatico. Insomma quasi nessuno sa esattamente cosa sta succedendo, cosa succederà e cosa bisogna fare. Ma anche stare a guardare non sembra una grande idea: l’onda può sempre arrivare alle spalle.