
E' tornata l'età
dell'oro
Alla
vigilia di VicenzaOro 1 l'oreficeria italiana vive un
periodo di ritrovato ottimismo. Ma c'è l'incognita Far
East
Il mercato interno ha
ricominciato a tirare, dopo anni in cui l’oreficeria
italiana aveva affidato le proprie performance
esclusivamente all’export. E ora, alla vigilia
dell’apertura di VicenzaOro 1, la mostra orafa da
domenica prossima e per una settimana farà di Vicenza il
punto di riferimento del settore, fra gli addetti ai
lavori si respira un’atmosfera di ottimismo. Non
mancano comunque le incognite, perché proprio
l’imminente manifestazione fieristica dovrà
chiarire se la crisi delle economie dell’Estremo
oriente, Hong Kong in testa, potrà riservare
ripercussioni sgradite ad un settore produttivo
fortemente vocato all’export.
In fiera a Vicenza è proprio
questa la domanda sulla quale vertono le maggiori attese.
"La rassegna che si sta per aprire – commenta
Andrea Turcato, segretario dell’ente – da
questo punto di vista è di eccezionale importanza,
perché dovrà dare indicazioni attendibili su presenze
ed acquisti dei buyer dell’Estremo oriente. Hong
Kong e Giappone sono infatti aree le cui importazioni di
prodotti orafi hanno sopperito per anni al calo delle
nostre vendite in Europa e negli Usa. Il quadro resta
comunque sostanzialmente positivo, se è vero che nel
periodo gennaio-agosto 1997 l’export italiano è
cresciuto del 13,5% in volume e del 4,2% in valore".
E ora la parola passa ai 17 mila visitatori
internazionali attesi nei prossimi giorni, ai quali le
circa 1300 ditte espositrici proporranno in anteprima le
nuove collezioni. VicenzaOro1, infatti, fra le tre mostre
allestite nella città veneta è quella mirata
sull’export e sulle esigenze dei grossisti, e i suoi
risultati danno risposte utili sull’andamento
dell’intero anno. Gli operatori del settore ne
attendono anche sull’andamento del mercato europeo,
dove – spiega ancora Turcato – "permangono
le incertezze in particolare nell’area del
marco".
A livello produttivo, comunque, il
distretto vicentino dell’oreficeria (circa 1100
aziende con oltre 11 mila addetti, 5100 miliardi di
fatturato di cui 3000 di export) sta vivendo un momento
chiaramente positivo. "Da giugno in avanti –
dice Roberto Matteazzi, presidente della sezione orafi
dell’Assindustria (120 imprese iscritte) – il
mercato è stato molto ricettivo, anche se in questo
senso attendiamo il riscontro delle vendite di Natale,
che da sole rappresentano il 60-70% degli acquisti al
dettaglio di articoli di oreficeria. Da noi c’è
ottimismo. Il settore ha creato occupazione, e va
ricordato che nell’oreficeria vicentina la cassa
integrazione ha sempre rappresentato un’eccezione.
Il mercato è orientato positivamente, al punto che
qualche azienda non è riuscita a tenere il passo con gli
ordini. In quest’ultima fase, inoltre, il prezzo
dell’oro, che è ai minimi storici, ci favorisce,
anche se è bene rammentare che a noi fa bene soprattutto
la stabilità delle quotazioni. Certo è che un monile
che un anno fa il consumatore finale acquistava ad un
milione, ora vale 700 mila lire. E questo incoraggia i
consumi".
Ma è l’export a
riservare ancora una volta le maggiori soddisfazioni ai
produttori vicentini, che assieme a quelli di Valenza Po,
Arezzo e Torre del Greco costituiscono la spina dorsale
del settore in Italia: "Tira in particolare il
mercato statunitense – conclude Matteazzi - dove
l’alta quotazione del dollaro dovrebbe spingere
ancora di più il nostro export. D’altro canto non
ci spaventano le turbative della congiuntura a Hong Kong
o in Giappone, perché da tempo avevamo avvertito un calo
di ordini provenienti da quei mercati, comunque
importanti".
Maurizio Caiaffa
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