La Ferilli della porta accanto
Antidiva
per eccellenza, lattrice laziale conferma in questa
intervista la sua filosofia di vita: fare lattrice
per mestiere senza montarsi la testa e restare una
persona normale. Così non ama Hollywood e i film
americani perché si ritiene "troppo latina". E
arriva sul set sulla cinquecento dellaiuto regista
La simpatia e la bellezza di
Sabrina Ferilli sono entrambe irresistibili. Schietta,
allegra, la Ferilli nonostante il successo
cinematografico (Ferie dagosto, Vite strozzate,
Ritorno a Casa Gori) e quello televisivo ("Il
festival di Sanremo 1996"e "Mai dire Gol")
non perde mai la testa né la misura delle parole. Ed è,
forse, anche per questo che in meno di quattro anni,
unattrice come altre è riuscita a diventare,
grazie alla sua caparbietà ed alla sua professionalità,
unartista completa capace anche di cantare e
ballare, come dimostra nella commedia musicale di
Garinei&Giovannini Un paio dali, giunta
al suo secondo anno di repliche in tutta Italia. Così
viene spontanea una domanda:
Chi è Sabrina Ferilli?
Una ragazza che vive le
contraddizioni del suo tempo, che cerca di avere un'idea
di sé, del mondo in cui vive, degli altri.
Sono una persona molto comune e vivo tutti i problemi
delle persone di oggi.
Come ha deciso di fare
l'attrice?
Il cinema è sempre stato la mia
passione, ed ho sempre ammirato gli attori dei film
italiani degli anni cinquanta e sessanta, come la
Magnani, la Loren, Mastroianni. Così, c'è chi adora
giocare con i soldatini di piombo e c'è chi come me è
sempre stata innamorata del cinema. Vivendo di questi
ideali, appena ho potuto, ho cercato di fare il mestiere
dell'attrice.
Lei ha dimostrato di
essere unattrice molto dotata e molto volitiva.
Cè qualcosaltro che le piacerebbe
fare ?
Io non so fare altro che
lattrice, e tanto mi è costato di studio e
preparazione che mi posso dire soddisfatta. Ecome
quando mi chiedono se vorrei entrare in politica... ma la
politica è una cosa seria! La facessero i politici bravi
e non le attrici o quelli che non sono capaci! Io non
sono interessata a scrivere sceneggiature, né a dirigere
dei film, non ne sarei nemmeno capace. Io voglio solo
fare lattrice e voglio farla bene.
In "Un paio
dali" lei ha il ruolo principale, quello che
nel 1957 fu di Giovanna Ralli. Che tipo di impegno e che
tipo di confronto ha richiesto questa sua
interpretazione ?
Ho
accettato questo ruolo che sento molto vicino al mio
carattere dopo avere debuttato proprio al Sistina tre
anni fa con "Alleluja brava gente" in un
ruolo abbastanza drammatico. Questa parte è più vicina
al mio carattere, perché è quella di una donna allegra
e "focosa". Per me la vera sfida è stata
quella di imparare a cantare bene e di ballare al meglio
delle mie possibilità, perché il "motore" di
questo spettacolo sono le coreografie di Gino Landi. Per
quanto riguarda il confronto con la Ralli, non lo temo,
anche perché proprio non lo considero. Io a
quellepoca non ero nemmeno nata, quindi che cosa
vuoi confrontare... è passato troppo tempo e noi siamo
persone così diverse.
Andrebbe a cantare a
Sanremo ?
No, assolutamente.
Il passaggio dal cinema
al teatro è complicato oppure lo ha trovato abbastanza
naturale?
Dopo il periodo faticoso
delle prove, il teatro diventa più facile, perché ogni
sera devi riuscire a tornare ad essere ciò che sei stata
la sera prima e lerrore è recuperabile grazie al
contatto col pubblico. Al cinema non è così.
Epiù stressante, con dei ritmi di lavoro
frenetici. Girare una scena cento volte non ti assicura
che questa venga bene alla fine. Ed una volta finito il
film, non cè più rimedio.
Nonostante il successo,
lei non perde mai la testa : non è mai andata sopra
le righe, mantenendo in ogni lavoro, in ogni intervista
una grande professionalità ed una grande modestia. Come
ci riesce ?
E un fatto di intelligenza:
io non ho scoperto la penicillina, né sono andata sulla
luna. Se conosci la vita, se conosci le persone, la
gente, il tuo lavoro, il bilancio che viene fuori non ti
consente di lasciarti andare. Forse se avessi scoperto
una cura per il cancro un po di arie potrei pure
darmele, ma per quello che faccio non mi sembra proprio
il caso.
Ha mai sognato
Hollywood?
Assolutamente no. Non amo
né i personaggi, né le storie dei film americani. Sono
troppo latina ed attaccata alla nostra cultura.
C'è qualcuno, in
particolare, con cui vorrebbe lavorare?
Ettore Scola, i fratelli
Taviani, Nanny Loy, Tomaselli, Bellocchio: io amo molto
gli autori.
Gabriele Salvatores?
Avevo incontrato Gabriele
proprio per Puerto Escondido, ma poi è risultato
che ero troppo bella per la parte che è andata, alla
fine, a Valeria Golino.
Che cosa pensa della
sua generazione di attrici, che è la stessa di Simona
Cavallari, Francesca Neri e Margherita Buy: è forse
differente dalle precedenti?
Se i tempi sono diversi anche le
persone sono diverse e non è che poi ci vogliano
millenni per cambiare le situazioni ed i costumi.
Sento spesso parlare del
mito, delle star, ma non è altro che roba confezionata,
dove si sprecano miliardi per fare avere successo a
questa oppure a quell'altra persona. Oggi il cinema in
Italia parte a stento, quindi figuriamoci se ci possiamo
"permettere" delle star come Madonna o Marilyn
Monroe. Io mi pongo di fronte a questo mestiere come
un'operaia si pone di fronte il suo, non mi sembra di
fare un lavoro straordinario. Forse, prima, il cinema
aveva una magia diversa, una specie di incanto che creava
un mito dopo l'altro, ma questo sarebbe, ora,
anacronistico. Che faccio, fingo di essere Marlene
Dietrich quando poi arrivo sul set con la cinquecento
dell'aiuto regista che mi citofona alle sette meno un
quarto? Sarebbe assurdo!
Marco Spagnoli
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