Tutta
la gente di Placido Barbieri
Difficile non essere daccordo
con Fernando Bandini quando, a proposito delle fotografie
di Placido Barbieri, afferma che esse sono in grado di
"sintetizzare una sostanza interiore" di ciò
che rappresentano.
La purezza dei bianchi e
dei neri e linfinita varietà dei grigi nelle
immagini che si sciorinano lungo le pareti della mostra
nella Sala Borsa Merci della Basilica Palladiana,
infatti, mettono in scena situazioni e visi colti in
momento unico ed irripetibile della loro intera
esistenza. Di quellunico momento si percepisce
chiaramente il senso di assoluto che lha
individuato, selezionato e colto fuori dalla miriade
quasi infinita di altri.
E proprio in quanto la
possibilità del mezzo tecnico permetterebbe di fissare qualsiasi
evento, tanto più magico appare, -ed è-, il gesto che
"sa" scegliere proprio quelluno
nel numero sterminato di quelli che si perderanno per
sempre, smarriti e confusi, nel brusio generico del
tutto.
Le semplici cornici che ritagliano lo spazio
di un rettangolo sulle vecchie pareti
dellesposizione offrono al visitatore la
possibilità di compiere innumerevoli viaggi lungo
lasse del tempo e dello spazio, sulle orme stesse
dellArtista, come se il superamento del fragile
diaframma della carta su cui le foto sono stampate
permettesse, al pari dello specchio di Alice, di
raggiungere in un attimo i luoghi e le persone ritratti
da Placido Barbieri.
Chi sono ? Si tratta
di amici artisti, poeti, scrittori, di bambini della sua
famiglia oppure di anonimi, di persone semplici, nelle
quali il suo occhio attento e curioso si è imbattuto per
caso sul ponte di un traghetto o nei vicoli di una città
o in un ospizio, di vecchi bellissimi, dai visi disegnati
come graffiti che sembrano mappe di territori remoti.
Essi sono sconosciuti solo
prima di appartenere allobbiettivo di
Barbieri: dopo essere stati acquisiti nel suo universo
umano, infatti, essi hanno guadagnato
quella caratteristica di immortalità che il venire conosciuti
da un artista comporta. Non di rado, poi, questo gesto di
ritrarre e di farsi ritrarre, iniziale di una conoscenza
reciproca tra fotografo e soggetto, ha avuto il
significato di accendere ed aprire un rapporto di reale e
duratura amicizia.
In ogni caso, si tratti di
gente famosa, di gente di famiglia, di gente qualunque
incontrata, per un solo attimo, o con lunghe
frequentazioni nel corso di anni, tutti, ugualmente, sono
divenuti per Barbieri la "sua" gente perché
quei volti hanno in comune la stessa intensità, prodotta
dalla medesima attenta, intelligente, amorevole
considerazione che il fotografo ha rivolto loro.
E con essi centinaia di
storie, minime o gloriose, si intrecciano e si affermano
in un unico luogo dove ogni elemento sembra aver
raggiunto una condizione ideale dopo infiniti tempi di
esperienza.
Ecco dunque Gino Soldà, sullo sfondo di una
montagna, che volge lo sguardo alla ricerca di una targa
infissa sulla roccia ; la pianista, rapita nella
costruzione mentale dei suoi suoni ; la figlia
Elena, confusa come un pois in una serie di
cesti ; il fotografo cinese Chinsan Long, curvo
sopra il suo strumento a carpire qualche immagine della
realtà ; lo scultore Barbaro Remigio da Burano,
colto in un momento di intensissimo rapporto con una sua
opera ; lespressione intenta e pensosa di
Rigoni Stern ; il primo piano immobile come bronzo
di Irene Oliver.
Tutti questi personaggi si
allineano, uno dopo laltro, obbedienti ad un ordine
misterioso e forse non casuale, in una sequenza che,
attraverso un unico fotogramma rivela e racconta, per
ognuno di loro, un intero film.
Giovanna Grossato
|