AlessioTasca
architetture in argilla sotto la volta della Basilica
Palladiana
Alessio
Tasca è uno degli artisti più intensi e veri che mi sia
capitato di incontrare, anche se lui si schermisce di
fronte al termine "artista" che, forse, gli fa
pensare piuttosto a qualcuno già definitivamente
consacrato, dalla storia e dal tempo, ad un ruolo
concluso, mentre lui, Tasca, con la sua straordinaria
vitalità, sta ancora instancabilmente sperimentando
intuizioni ed idee, suggestioni e sentimenti su quel
materiale molle e durissimo, insidioso ed ubbidiente ad
un tempo, che è largilla.
A fronte di una sapienza tecnica
personale, profonda ed esperita nel corso di
cinquantanni di rapporto continuo ed appassionato
con il materiale terra, esiste, e continua a vivere,
nellopera di Tasca anche la sapienza di una
secolare tradizione, ereditata dai laboratori degli
artigiani coroplasti che vantano nel territorio origini
remote. Essa è testimoniata, ad esempio, e per citare
solo Vicenza, dalla fiorente fraglia di terracottai che,
sotto la guida di Zanino dei Boccali, nel 1414 aveva
costituito la sua sede di riunione e di devozione
nellOratorio dei Boccalotti.
Ma di quella cultura
antica Alessio respira i germi dai muri stessi del suo
studio di Rivarotta che sorge sul cocciaio secentesco di
una manifattura di "cristalline", negli scavi
di restauro del quale vennero riportati alla luce
tipologie e decori rimasti sepolti e dimenticati per
secoli.
Perciò, la mostra
cronologica ed antologica dellopera di Tasca,
recentemente allestita nella Basilica palladiana a
Vicenza, presentando la rassegna delle sculture di questo
Maestro, non solo racconta la storia della vicenda
artistica di un grande ceramista scultore, ma anche la
storia stessa della ceramica.
Il percorso espositivo, che trae forza ed
enfasi dal grande spazio "cavo" della navata
palladiana, segna le tappe significative della
creatività di Tasca: dalle prime esperienze di
allontanamento dal naturalismo con figure vagamente
surreali, come il "Vaso con pastore e animali"
del 1957, parte di un icastico presepe, o il corpo
accosciato "Il forno", del 1953, che
sembra lì per subire una trasformazione metamorfica, o
il magico sognatore del "Sogno",
apparentemente innocente ma portatore di inquietudine
nella corruzione fisica del corpo; oppure la gioiosa
"Ragazza con cappello e Cucchi", del
1956, di uneleganza irrituale e con la possibilità
di esistere in mille altre maniere.
Queste forme sono poste,
artatamente, accanto o di fronte a quelle della ricerca
più recente degli anni Settanta e Ottanta, operata sulle
estrusioni di gres, dai nomi non più riconducibili a
quelli delluniverso naturale, al pari delle loro
forme; esse si aprono, si spaccano e collassano sulla
loro stessa anima, facendo dimenticare del tutto il loro
peso materiale, totalmente consumato nel colore, arso,
violento, siderale che sembra esploso fuori dal cuore
delle stelle, anzichè da una macchina da trafila.
Ci sono, poi, anche le
"gabbie" e le "sfere",
matematiche e ragionate forme che riservano, nonostante
tutto, sempre, un po di sorpresa anche al loro
stesso artefice il quale le rigira sul filo e le ritaglia
fino a carpirne il significato che si rivela al loro
interno con improvvisa chiarezza.
E le mille (e trecento)
tavelle: figure e colori, tempo e spazio, sacro e
profano, realtà e fantasia, tessere di una via per
percorrere milioni di anni. Un mio studente, nel corso
della visita alla mostra, ha chiesto al Maestro se la
loro disposizione fosse casuale. E lui ha risposto di si,
perché al divertimento e al piacere di inventare bisogna
lasciare anche la possibilità del Caso e del
Cambiamento. E così profili che prima non si erano mai
incontrati, ora si affrontano e torri di Babele svettano
sopra i pesci, volando sopra ai ponti e ai simboli della
Cabbala.
Gli immensi pannelli verticali che
rivisitano il ciclo frescale gotico della torre Aquila
nel castello del Buonconsiglio di Trento,-
"immensi" nella loro dimensione umana come in
quella artistica -, mostrano, nelle decine di variazioni
cromatiche degli impasti argillosi, tutta la fatica e la
gioia del fare e la ciclicità senza tempo del lavoro
delluomo che, quando rivolta la terra per gettarvi
il seme o quando la mescola come pigmento colorato per
dipingere o quando lincide e la plasma, ripete
inesauribile come quella, ma infinitamente più nobile,
lazione poietica di dio.
Il catalogo della mostra, edito da
Neri Pozza, è un volume che raccoglie, oltre alle
immagini e al regesto delle opere, una illuminante
antologia della critica, una cronologia e diversi,
interessanti testimonianze di artisti, critici ed amici
dello scultore, quali quelle di Nico Stringa, Luca
Barbero, Ferdinando Bandini, Giobatta Meneguzzo ed altri
che, tra passato e presente, hanno tessuto assieme ad
Alessio Tasca e alla sua opera una tela fatta di
intelligenza, di passione, di sapere e di affetti.
Giovanna Grossato
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