Dalla forma
all'evento
Giancarlo
Franco Tramontin espone nella chiesa barocca di S.Giacomo
Il suggestivo spazio
antico della chiesa vicentina, che dopo recenti
ripristini è in grado di esibire i suoi teleri, gli
altari marmorei e le decorazioni scultoree in tutta la
loro primitiva bellezza, si dimostra, per un sofisticato
gioco di contrasti, un ambiente di straordinaria
accoglienza nei confronti dellessenziale attualità
espressiva delle sculture di Giancarlo Franco Tramontin.
La loro nitida linearità,
infatti, anche quando rintraccia nella sinuosità "prassitelica" di alcuni torsi e
dorsi un costante riferimento naturalistico, rimane,
comunque, lelemento dominante, tanto che avviene
senza provocare stupore, e, anzi del tutto
prevedibilmente, che un ulteriore, breve passaggio
successivo riduca quelle stesse anatomie ad una
affascinante astrazione e trasformi un Piccolo Nudo
nel nellavvitamento di una "forcola".
Lesilità del legame
che unisce alla realtà e al mondo naturale molte di
queste sculture è già significato e reso evidente in
quella negazione di una parte del loro volume, una specie
di contrazione dello spazio, che rende le forme di
Tramontin un riassunto di loro stesse, si che, come
giustamente osserva Sandro Stocco, che ha curato e
presentato la rassegna, "la corposità della pienezza della forma ed il
suo impatto volumetrico vengono posti in crisi da una
sorta di svuotamento, di appiattimento, di compressione,
privilegiando così una focalizzazione della visione di
tipo bifacciale che stabilisce una relazione dialettica
tra un fronte ed un retro che si celano e
si disvelano in modo alternativo"; in sostanza
queste figure negando la propria natura a tuttotondo,
affermano nella bidimensionalità un processo di
smaterializzazione che, applicato alla scultura, e per di
più ad una scultura in bronzo, materia per eccellenza al
pari della pietra, appare quasi unaporia
insanabile.
In realtà si tratta di un
sottile gioco della razionalità che, conducendo la
ricerca lungo i canali sottili del pensiero, non può
fermarsi, non può negarsi di percorre ed esperire tutte
quelle vie che sono in grado di condurre alla
"espressione" , alla definizione del proprio
linguaggio.
Questa indagine e questo studio sulla
possibilità di ridurre la complessione della realtà al
minimo necessario e sufficiente per "narrarla",
si ritrova anche in alcune composizioni su carta di
Giancarlo Franco Tramontin che, se di primo acchito
appaiono come "bozzetti" o trascrizioni di idee
prime da tradurre successivamente in scultura,
daltro canto evidenziano la loro assolutezza di
opere definite in sé. Lo tradisce, magari, un piccolo
punto nero fuori dalla figura, dove fuori
non può altrimenti connotarsi che nello spazio che circonda
la figura, ma che ad essa, in virtù della presenza di
quel punto, diviene contiguo, sullo stesso piano
bidimensionale.
In sostanza viene attivata
da Tramontin unoperazione analoga a quella compiuta
dal Cubismo analitico in cui, gli oggetti e lo spazio nel
quale essi sono collocati si dispongono su di un medesimo
piano, la superficie bidimensionale del quadro, e godono
di un pari diritto di convivenza ontologicamente nello
stesso campo. Ed il percorso "attorno" alla
forma collocata nello spazio si sviluppa concettualmente
e non nel tempo.
Del resto, laccorpamento o la
bivalenza o il contrasto sono anche un procedimento
strutturale dellarte di Tramontin: si vede come, ad
esempio, per alcune sue figure degli anni Novanta
(Abbraccio, Ninfa, Nereide, Nike, Musa, Astarte),
lArtista si avvalga di due strumenti espressivi
diametralmente opposti: la plastica scultorea,
volumetrica per eccellenza, che, però, trattata con
passaggi chiaroscurali tenuissimi, si assottiglia fino
rendere la materia esile ed incorporea; e la linea, che,
malgrado la sua essenza antimaterica e antinaturalistica,
con la forza del segno profondamente inciso, crea, o
meglio, rappresenta, il volume.
In sostanza queste figure,
che appaiono di una semplicità primigenia e di una
lettura immediata e quasi percettiva (a vedere certi
bronzetti, corruschi sotto la luce discreta dei
riflettori, viene voglia di fare scivolare le dita sulle
loro superfici per accoglierne tutta una serie di
sensazioni tattili che esse promettono. Anzi, confesso di
avere ceduto a questa tentazione), sintetizzano, nella
loro anima, tutta una serie di processi di accumulo di
esperienze e, successivamente di selezione e poi di
estrusione delle stesse.
Vi si ritrova, -e non poteva essere
altrimenti-, la lezione del grande e caro maestro di
Tramontin, Alberto Viani, che è la citazione più ovvia
ed evidente anche per la forza della sua affettività,
ma, anche, -ed altrettanto ovviamente- tutta la summa del
pensiero artistico contemporaneo (e non solo
contemporaneo e non solo relativo alla scultura).
Giancarlo Franco Tramontin è, infatti, soprattutto uno
studioso e, se non bastasse la sua opera a testimoniarlo,
vi è una frase rivelatrice in tal senso,
nellintervista pubblicata nella postfazione
della interessantissima monografia dellArtista
curata da Giusi Sartoris. In essa viene riportato il
testo di un dialogo tra Giancarlo Franco Tramontin e
lamico Mario Piantoni in cui, tra laltro,
Tramontin afferma, a proposito del suo rapporto con
Viani: "Mi fu Maestro non solo nella ricerca
plastica e nella didattica,
ma soprattutto nella vita. Mi ha aiutato ad attraversare
le varie correnti artistiche....facendomi incontrare ed
ascoltare personalità che hanno dato un contributo
importante alla critica darte ed allestetica
contemporanee. Alberto Viani non era uno
sperimentatore della materia ma delle idee".
Tale assunto appartiene
anche allo stesso Tramontin, e, ritengo, non solo come
legato di Viani. Ne sono prova le pagine del succitato
volume monografico che, a partire dalla intensa, ricca e
fascinosa presentazione di Dino Formaggio, sciorinano
sullitinerario artistico di Tramontin consensi e
testimonianze ricche di stima e attenzione da parte di
molti, significativi critici dellarte
contemporanea, di storici dellarte, di studiosi, di
artisti e di poeti: tutti di lui amici.
Giovanna Grossato
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