
Altro che
intelligente,
è una vera bomba
Dal
Desert Storm del ‘91 la tecnologia ha fatto altri
progressi. Così le cosiddette armi intelligenti sono
diventate, dice il Pentagono, ancora più
"furbe": guidate dal satellite e da mappe
computerizzate, si cercano il bersaglio da sole. O
perforano tre metri di cemento prima di esplodere. O si
dividono in 166 mini-bombe ognuna diretta ad un
bersaglio. Ma anche gli Usa non si illudono: non saranno
loro a convincere Saddam
A dire il vero nella guerra del
‘91 non hanno lasciato un gran ricordo. Presentate
come le prime vere armi "intelligenti", si
rivelarono in realtà poco più che ottuse. Certo un bel
passo avanti rispetto ai classici missili a guida radar,
facilmente sviati da vari sistemi elettronici e no. Ma le
"bombe laser", guidate sul bersaglio con grande
precisione da un raggio luminoso, proprio perfette non si
dimostrarono. Così come i missili "cruise",
lanciati anche dalle navi e capaci di raggiungere
autonomamente l’obbiettivo a grande distanza: non
tutti arrivarono dove dovevano arrivare. Il che significa
che il razzetto invece di colpire una caserma fa saltare
in aria il condominio vicino (che sono 20 metri di
differenza dopo qualche centinaia di chilometri di
viaggio?).
Ora l’Us Army dice
che, a distanza di 7 anni, i progressi sono stati
notevoli. E le bombe intelligenti sono molto più
intelligenti (o meno cretine), oltre che più letali. I
300 e passa aerei Usa e le 20 navi schierate nel Golfo
possono oggi disporre infatti dei nuovi missili cruise
tipo "Tomahawk" a guida satellitare e di un
nuovo tipo di bombe che vengono lanciate addirittura a 70
chilometri dal bersaglio, tanto poi si arrangiano da
sole.
Ma nell’arsenale americano
sono arrivate anche le bombe "bunker buster" da
5 mila libbre (2700 chili circa): il loro raggio laser
permette loro di trovare il bersaglio anche sottoterra
attraverso 3 metri di cemento. "Questi nuovi
strumenti sono più intelligenti, accurati e flessibili
dei precedenti - ha spiegato un responsabile del
dipartimento della Difesa Usa - La speranza è che questo
significhi minori probabilità di colpire i civili".
Una prova la trovate su
http://www.cnn.com/WORLD/9802/06/bunker.buster.bomb/bunker.busters.26.943.mov
La nuova versione Block-3
dei Tomahawk, ad esempio, ha un raggio d’azione di
1600 chilometri e viene guidato dal sistema gps, cioè
dal satellite, assieme ad una mappa computerizzata. La
corazza al titanio dell’ogiva gli permette di
perforare muri anche robusti, oppure è in grado di
aprirsi come un fiore e rilasciare 166 piccole bombe
ognuna destinata ad un suo bersaglio. Per esempio una
colonna di carri armati.
Ancora, le bombe JSOW
(joint standoff weapon) da 1065 libbre (500 chili),
talmente nuove da essere prodotte solo in numero
limitato. Portate dai caccia F-18 Hornet, vengono
scaricate a 75 chilometri dal bersaglio. Sempre con la
guida del satellite e grazie alle alette di coda mobili,
vanno a prendersi l’obbiettivo. Spiega Patrick
Moore, portavoce della Marina Usa al Pentagono:
"Queste bombe sanno dove sono, dove devono andare e
si trovano da sole la strada per il bersaglio". Le
GBU-28 "bunker buster", trasportate dagli F-15,
ufficialmente non si sa se saranno usate o meno
sull’Iraq. C’è infine una nuova mini-bomba,
ancora allo stadio sperimentale, in grado di causare
all’esplosione altissime temperature e quindi adatta
a distruggere eventuali armi biologiche. Potrebbero
essere montate sui bombardieri B-2 Stealth, dotati tra
l’altro di enorme autonomia (possono partire anche
dagli Usa).
Tutto questo per quanto riguarda la
tecnologia. In realtà i problemi di un attacco
all’Iraq restano irrisolti, bombe acculturate o no.
Nella guerra del ‘91 furono mobilitati 500 mila
soldati, eseguiti 110 mila attacchi aerei e scaricati 176
milioni di libbre (90 milioni di chili circa) di bombe. E
Saddam è ancora lì. In più c’è la grana dei
depositi di armi chimiche e biologiche: come fidarsi a
bombardarli? Non ci si fida. Vedi i 5 mila soldati del
Desert Storm colpiti dalla cosiddetta sindrome del Golfo,
forse contaminati dalle polveri tossiche dei depositi
distrutti (l’esercito negò sempre, solo l’anno
scorso ha dovuto ammettere). Così frena il segretario
della Difesa Usa William Cohen: "Credo che dovremo
fare grande attenzione ai possibili pericoli di danni
indiretti. Il che comprende l’eventuale dispersione
nell’atmosfera di prodotti chimici". Insomma
saranno anche diventate più intelligenti le armi del
quasi 2000, ma la garanzia che Saddam Hussein farà
marcia indietro non ce l’ha nessuno. In fondo anche
nella seconda guerra mondiale si pensava che radere al
suolo le città con i loro abitanti fiaccasse il nemico.
Un’ipotesi sbagliata, costata solo qualche centinaio
di migliaia di civili morti.
a.m.
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