Con rispetto
parlando...
Frammenti di una realtà quotidiana
fatta di nulla, intessuta tutta sulle convinzioni
profonde e radicate, trasmesse da una generazione
allaltra. Si tratta di codici non scritti, validi a
sancire regole di comportamento e fondanti giudizi
morali. Cè in questo ultimo libro di Castello
"Con rispetto parlando", una forza così
fondamentalmente umana, sotto lapparente
minimalismo, che gli fornisce, a volte, i tratti della
letteratura dickensiana.
Come quello di Dickens il
mondo letterario di Mariano Castello è così totale e
senza incrinature ed i suoi personaggi, usciti da una
grande galleria di figure, diventano subito beniamini del
lettore, per la loro tenerezza, per loro ingenuità e
debolezza che li rende assolutamente, ma non
tragicamente, dei perdenti, ricchi, però, di una loro
intima forza.
Non importa, infatti,
quale sia la credibilità oggettiva dei principi che
garantiscono il successo del mestiere di vivere:
limportante è crederci, quel tanto che basta per
poter accettare le molte ingiustizie che il domestico o
"lestero" propongono in un fuoco di fila
nel corso dellesistenza, e, nello stesso tempo,
riuscire ad avere su di essi una leggerezza di lettura
che permetta, non dico di eluderli, perché ciò sarebbe
una violazione etica troppo eroica per gli antieroi delle
storie di Castello, ma di spogliare quelle regole dalla
gravità e dal moralismo, e permettere, a volte (ma molto
raramente) piccole, innocue, risibili trasgressioni.
La scrittura, veloce e
compendiaria, che si avvale con grande efficacia di un
dialogo plebeo, lironia sottile e bonaria tesa
sulla trama degli episodi che compongono una sorta di
frastagliato "romanzo", non di rado comunicano
al lettore un senso di ilarità cordiale che trionfa su
quella che, solo esteriormente, è piccineria o ignoranza
dei protagonisti.
Soltanto una grande
saggezza, infatti, può riuscire ad elaborare la
frustrazione di chi deve accontentarsi di
unabboffata di "marinelle" aspre ed
amare, invece che di profumate ciliegie. Dolci queste
ultime, ma sicuramente dannose alla salute e piene di
"bai", oltre che costose, quanto, invece,
quelle, che si possono avere "per pochi
franchi", sono per ciò stesso e per il fatto di
essere invise persino ai "bai", assolutamente
salutari.
Invertiti i termini della kalokagathìa
e superato dun salto sia il privilegio del ricco,
sia la falsa bohéme, il nostro protagonista con la bocca
anestetizzata dal "garbo" delle
"marinelle", può, a questo punto, davvero,
sentire sulla propria lingua tutto ciò che vuole,
compresa la semplice e irraggiungibile bontà del frutto
dolce e desiderato.
G.G.
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