I
Masnadieri, please
Giuseppe
Verdi fu uno dei pochi autori chiamati a scrivere
unopera per il teatro inglese. E "I
Masnadieri", con i virtuosismi vocali della soprano
svedese Lind, fu un successo. Ma non in Italia, perché
non rispondeva ai canoni risorgimentali del tempo. A
riproporre il dramma preso da Schiller è stato il Teatro
Comunale di Piacenza
Nell'ottocento solo due compositori
di nazionalità diversa da quella inglese scrissero
un'opera per un teatro londinese: Carl Maria Von Weber e
Giuseppe Verdi. Nel caso di Verdi la commissione fu resa
possibile dalla lungimiranza di Benjamin Lumley che nel
1842 assunse la gestione del Her Majesty's Theatre e
dell'editore italiano Lucca. Verdi, ancora prima di
cominciare la composizione di Macbeth e dopo aver preso
accordi con Lumley, aveva scritto un libretto in prosa
tratto dal dramma "Die Rauber" di Federico
Schiller, affidando la versificazione all'amico Maffei,
elegante poeta e stimato traduttore di drammi
dall'inglese e dal tedesco.
In effetti Verdi iniziò a
scrivere I Masnadieri prima di Macbeth ma poi, stretto un
contratto con Firenze per la rappresentazione di una
nuova opera, abbandonò per un certo tempo l'impegno per
il teatro londinese. Andato in scena Macbeth Verdi
ritornò a Milano dove riprese la composizione de I
Masnadieri terminando lo spartito per canto e piano e si
recò a Londra dove completò la strumentazione durante
le prove. La parte di Amalia fu scritta espressamente da
Verdi per Jenny Lind soprannominata "l'usignolo
svedese", che per la prima volta affrontava il
pubblico inglese.
Verdi fu colpito più
dalla personalità di questo soprano che dal suo stile di
canto ma in effetti, per le difficoltà poste ad arte
nella partitura, all'autore occorreva una voce del tipo
della Lind . Illuminante è il giudizio che diede
Emanuele Muzio, amico e biografo di Verdi: "La Lind
generalmente per far udire la sua bravura di canto pecca
in fioriture, in gruppetti, in trilli, cose che piacevano
nel tempo passato ma non nel 1847". E' significativo
come le cadenze nella parte di Amalia venissero lasciate
una volta tanto all'invenzione della cantante, che dopo
averle realizzate, avrebbe continuato a considerarle di
sua proprietà.
I Masnadieri andarono in
scena al Her Majesty's Theatre il 22 luglio 1847 in
occasione della chiusura della sessione annuale del
Parlamento inglese che partecipò compatto alla
rappresentazione. La prima ottenne un indiscusso successo
sia di critica che di pubblico: della compagnia, oltre
alla Lind, facevano parte il tenore Italo Gardoni (in
effetti Verdi sperava fosse scritturato Fraschini che poi
diverrà l'incontrastato interprete della parte di
Carlo), il baritono Filippo Coletti, molto amato da Verdi
e che fu il primo Doge nella edizione del 1857 del Simon
Boccanegra, ed il basso Luigi Lablache, uno dei pochi
bassi che riscuoteva grande successo sia nei ruoli
drammatici che in quelli buffi.
In Italia I Masnadieri non
ebbero molto seguito dato che lo spirito schilleriano di
rivolta cieca ed individualista aveva poco in comune con
lo spirito risorgimentale dell'epoca. Varie sono però le
pagine di grande interesse come ad esempio il preludio,
un andante per violoncello solista ed orchestra, l'aria
di Amalia "Lo sguardo avea degli angeli" che
abbonda di difficili fioriture, il duetto tra Amalia e
Massimiliano e infine la stupenda aria di Amalia "Tu
del mio Carlo in seno" preceduta da un recitativo
ampio e sinuoso premonitore di Aida.
Al Teatro Comunale di
Piacenza I Masnadieri hanno riscosso un meritato
successo. Fiorenza Cedolins era Amalia ed ha messo in
luce ancora una volta la sua ottima preparazione tecnica,
sicura nell'affrontare le difficili ornamentazioni:
quella della Cedolins è una voce veramente importante
con una omogeneità in tutti i registri, un timbro
affascinante ed un notevole volume, impeccabile nelle
agilità e quindi in grado di affrontare i più disparati
ruoli sopranili.
Ottima la prova di Giorgio
Giuseppini nella parte di Massimiliano con una voce
sicura, bene impostata ed una bella presenza scenica.
Bene Carlos Moreno nella impervia parte di Carlo e Gianni
Meoni nella parte di Francesco cui ha dato quel giusto
risalto di ambiguità e perfidia. Completavano la
compagnia Antonio De Palma, Riccardo Zanellato e Massimo
Amitrano. Ottimo e molto impegnato il Coro del Teatro
Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati. Prova
più che positiva dell'Orchestra lirica del Teatro
municipale di Piacenza guidata con mano esperta da Carlo
Franci.
Beppe De Tommasi ha creato
una regia essenziale ed ha saputo muovere le masse con
mano felice. Belle le scene di Giuseppe Ranchetti ed i
costumi di Pier Luciano Cavallotti. Successo franco da
parte del pubblico che affollava la sala piacentina con
numerose chiamate a tutti gli interpreti.
Luciano Maggi
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