Borsa vivace ed estroversa
cerca piccola impresa per unione
Dopo
decenni di reciproche diffidenze, il mercato globale sta
avvicinando le mini-aziende allo sbarco in Piazza Affari.
Anche perché, lasciati i Bot, sono molti di più gli
italiani disposti a investire in azioni. Un convegno a
Vicenza tra esperti del settore e aziende che hanno già
fatto il grande salto ha cercato di dare qualche
indicazione a chi, abituato alla gestione familiare, sta
pensando di quotarsi
Di matrimonio fra Borsa e
piccole-medie imprese del Nordest ancora non si può
parlare ma almeno, dopo un lungo periodo di reciproco
disinteresse, adesso si intuiscono le premesse di un
possibile fidanzamento. Complice la fase esplosiva dei
mercati azionari dEuropa e dAmerica,
linteresse delle aziende locali per la quotazione
appare in crescita. Il momento appare propizio: fra
laltro perché in Italia il progressivo calo dei
tassi dei titoli pubblici ha reso disponibili ad
investimenti alternativi milioni di famiglie, alla
ricerca di rendimenti soddisfacenti per i propri
risparmi.
Ma molti altri sono gli
elementi di novità in un campo che le aziende nostrane,
sovente sottocapitalizzate, spesso a conduzione
familiare, percepiscono ancora con diffidenza. Se ne è
parlato ieri mattina in Camera di commercio, dove a
"La quotazione in Borsa: opportunità e
prospettive", è stato dedicato un convegno. Vi
hanno partecipato una cinquantina fra rappresentanti di
aziende vicentine, bresciane, veronesi e trevigiane, ed
esponenti di banche, associazioni di categoria e studi
legali. Tutti alla ricerca di informazioni di prima mano
su costi e meccanismi della quotazione, trattamenti
fiscali e giuridici, vincoli di trasparenza e
possibilità di un conveniente accesso al mercato dei
capitali.
Non è ancora idillio,
comunque. E ne è consapevole Giancarlo Forconi,
vicepresidente del Mercato mobiliare di Nord Est Spa, la
società privata despressione camerale che da anni
cerca di avvicinare alla quotazione borsistica le imprese
locali: "Tanti imprenditori testimonia
Forconi pensano alla quotazione come ad una
perdita di controllo sullazienda, addirittura alla
fine dellazienda. Invece la sottocapitalizzazione
di tante imprese, di fronte alla globalizzazione dei
mercati e della competizione, dovrebbe far percepire
lingresso in Borsa come una occasione alternativa
ai prestiti bancari per il reperimento di nuovi capitali
e quindi per lo sviluppo aziendale".
Eppure la diffidenza
cè ancora. Come spiega Gabriele Bernascone, dello
studio legale Graham & James Llp di Milano, in Borsa
non si va "perché è necessaria la certificazione
di bilancio, cioè è richiesta unassoluta
trasparenza di gestione; perché il costo di questa
trasparenza è unaccresciuta pressione fiscale;
perché la quotazione implica la sottoposizione
dellimpresa al controllo di altri azionisti; e per
il costo materiale della quotazione, che solo per le
spese di presentazione ammonta a 500-900 milioni".
Tutti ostacoli che Massimo
Capuano - amministratore delegato di Borsa Italiana Spa,
la società che gestisce i mercati borsistici dopo la
privatizzazione del 1997 considera superabili:
"Con i nuovi regolamenti anche le piccole società
possono quotarsi: il fatturato minimo è 10 miliardi, il
flottante (cioè la quota di azioni liberamente
contrattabili sul mercato) è del 25 per cento, non
cè più il vincolo della certificazione per gli
ultimi tre bilanci". Daccordo, allora:
quotarsi non è poi così difficile. Ma quotarsi dove?
Segna il passo, testimonia Forconi, la costituzione di
una Borsa italiana specificamente destinata alle piccole
e medie imprese, sia che si guardi al modello francese
che a quello inglese. Ma prende quota il progetto di un
circuito europeo per le imprese dinamiche che decidano di
accedere ai listini: "Entro lanno
promette Capuano saranno pronti i regolamenti
specifici per le High growth companies, le società
piccole a forte tasso di crescita che qui a Nordest sono
tanto numerose".
Comunque vada a finire,
chi la strada della quotazione lha già imboccata
si dice soddisfatto. Giuseppe DImporzano,
amministratore delegato della Sadi di Altavilla
(controsoffitti, 80 miliardi di fatturato, 200
dipendenti), ha visto crescere il titolo Sadi a Piazza
Affari dalle 5400 lire del collocamento (novembre 1997)
alle attuali 6400: "Ma il punto è che il mercato
spiega costituisce un giudice imparziale,
che ci stimola a un continuo miglioramento aziendale in
vista della creazione di valore per lazionista e il
cliente". Concetti analoghi vengono espressi da
Valentino Ciscato, presidente di Deroma holding di Malo
(articoli in terracotta, 130 miliardi di fatturato, 700
dipendenti). Il titolo Deroma, quotato dopo
unOfferta pubblica di sottoscrizione da 10 mila
lire a titolo, ora vale 14 mila: "Ci siamo quotati
per crescere spiega e le acquisizioni di
due società negli Usa lo testimoniano. Comunque
laccesso alla Borsa richiede un grosso salto di
qualità sotto il profilo culturale: bisogna saper fare
non solo industria, ma anche finanza".
Problemi che si sta
ponendo, come tanti altri imprenditori del Nordest ,
anche il bresciano Carlo Soffiantini. Il quale, dopo il
drammatico rapimento del padre Giuseppe ("Ma parlo
solo di Borsa"), torna a tempo pieno al timone del
Gruppo Manerbiesi (abbigliamento donna, 90 miliardi di
fatturato, 170 dipendenti) pensando proprio alla
quotazione dellimpresa: "Lalternativa
per noi che siamo unazienda al 100 per cento a
capitale familiare spiega lamministratore
delegato dellindustria di Manerbio è di
coltivare la nostra nicchia di mercato oppure di tentare
un sostanzioso salto di qualità. In questo secondo caso
la quotazione sarebbe dobbligo. Ci stiamo
pensando".
Maurizio Caiaffa
(direttore del mensile Nordest Europa)
|